Carlo Bernardini

Fisica vissuta

di Paolo Morini

 

 

Nella ricerca di un più generale "senso delle cose", trovo che leggere le biografie dei grandi e di "quelli che c'erano" aiuta a creare un percorso lungo il quale esplorare le varie epoche storiche.

In questo percorso, queste biografie hanno per me la funzione dei sassi che affiorano dalle acque di un torrente: facendo sempre attenzione a non scivolare (su vite che insegnano poco ...) si guadano corsi d'acqua anche impetuosi e senza bagnarsi e inzupparsi troppo.

Carlo Bernardini, che è nato a Lecce il 22 aprile 1930 e si è laureato in Fisica presso l'Università di Roma il 19 marzo 1952, ha iniziato a lavorare nel gruppo teorico del sincrotrone e ha effettuato importanti esperimenti presso i Laboratori Nazionali di Frascati dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN).

Ordinario di Fisica generale presso l'Università di Napoli (1969), torna a Roma nel 1971, dirige la locale sezione dell'INFN, successivamente è Preside di Facoltà e, dopo una breve parentesi parlamentare, direttore del primo corso di dottorato in Fisica.

Dalle prime battute il libro coinvolge e appassiona. Parlando del suo passato dice che

"è il passato di un fisico 'normale', che molti potranno giudicare mediocre, o comunque non geniale. Come me ce ne sono tanti: eppure qualche diritto a fare storia lo abbiamo, nel senso che, specie vivendo in un mondo che adora i geni come semidei, i ' comuni mortali' hanno talvolta coscienza dei loro limiti e, perciò, bisogno di consolazione"

Del padre e dello zio ricorda come

"entrambi disprezzassero i fascisti soprattutto perchè li ritenevano culturalmente rozzi nonchè ridicoli: l'idea di essere governati da gentaglia cialtrona, di doversi sottomettere a pratiche e rituali buffoneschi, li mandava in bestia."

Di un grande personaggio della fisica italiana ma che sguazza molto meglio in televisione a parlare di tutt'altro, tuttora in auge (2007) e che riempie gli scaffali delle librerie con testi che non meritano di essere letti, ci racconta che

"un giorno è giunto un ingordo i cui modi hanno confuso tutti; all'inizio i colleghi hanno riso di fronte a quella che sembrava solo grinta presuntuosa, un difetto molto diffuso anche fra gente di un certo valore. [...] Mi resi conto ben presto dei metodi di persuasione che il Nostro applicava a noi e agli estranei. Con noi era spesso minaccioso, ventilando l'eventualtà di danneggiare l'immagine di chi non lo assecondasse a dovere; su alcuni giovani si trattava di veri e propri ricatti ai danni di persone brillanti e preparate di cui poi firmava i lavori"

Il libro si conclude con un capitolo che vuole essere amaro ma non riesce ad esserlo fino in fondo, su un'idea di Italia moderna e 'normale' che non ce l'ha fatta a uscire fuori. Una storia raccontata da chi ha gli anni per non riuscire a vedere molto altro di più, ma che ha vissuto intensamente tutte le stagioni che gli è capitato di attraversare.

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