James Muirden

"L'astronomia con il binocolo"

di Paolo Morini

 

Ripubblichiamo questa recensione scritta in origine per Binomania, il sito di astronomia binoculare ideato e gestito da Piergiovanni Salimbeni, che salutiamo da queste pagine

 

Questo presentazione vuole essere la prima di una serie che contemplerà i libri più noti e diffusi di astronomia binoculare, o bino-astronomia che dir si voglia.

Stante il fatto che di libri di questo tipo non ne esiste una grande quantità, non mi farò scrupolo di parlare di libri che da lungo tempo non sono più sugli scaffali delle librerie (ma esiste il mercato dell’usato).

D’altra parte mi sembra che ultimamente la macchina della distribuzione libraria tenda quasi a lavorare sul venduto: spesso libri editi pochi anni fa spariscono dai negozi e dai cataloghi e finiscono nel limbo degli “introvabili”.

Tanto è vero che, come acquirente di libri, ho cominciato a far finta di andare non in libreria, ma dal fruttivendolo: se un libro mi piace lo prendo subito (dato che fra un mese potrebbe essere sparito) così come si può fare con la frutta di stagione.

Il libro, al contrario della frutta, ha il grosso vantaggio della lunga conservazione, e la lettura può essere distribuita nella maniera più comoda.

Ma veniamo al libro di questo primo appuntamento: si tratta di “L’astronomia al binocolo” di James Muirden.

Di questo libro ho potuto esaminare due edizioni: l’edizione italiana di Longanesi del 1977 (custodita nella biblioteca della mia associazione) e la prima edizione in inglese del 1963 che ho acquistato di seconda mano.

Dalla prefazione della prima edizione (1963) leggiamo che:

“l’astronomia è una scienza che intimorisce, e il principiante deve affrontare due ostacoli; anzitutto il fatto che tutto sia su una scala molto grande; e la mancanza di strumentazione”

L’autore proseguivadicendo che con l’inizio dell’Era Spaziale l’astronomia stava diventando qualcosa di più pratico di quanto non fosse prima, che le idee nei confronti dell’Universo diventavano via via più materialistiche e che l’approccio era diventato più diretto e immediato.

Veniva infine citato un famoso libro divulgativo degli anni ’20 “Astronomy With an Opera Glass”, di G.P. Serviss: mentre questo libro era una semplice presentazione del cielo stellato per i curiosi oggi, scriveva l’autore, tutti coloro che guardano le stelle lo fanno con lo spirito della ricerca e dell’indagine.

E scopo del libro era appunto quello di valorizzare il binocolo nel campo dell’astronomia, affrontata con questo nuovo atteggiamento pratico e investigativo.

Nella prefazione all’edizione italiana, successiva di 14 anni, viene citato e ringraziato fra gli altri l’astronomo dilettante inglese George Eric Deacon Alcock (1912-2000)

che scoprì la sua prima nova nel 1967 (dopo la prima edizione quindi), usando un binocolo.

Alcock è un astrofilo leggendario, che scoprì la sua quinta nova all'età di oltre 75 anni, osservando dall'interno di una veranda vetrata per non esporsi al freddo della notte.
La individuò con un binocolo 10x70 tenuto a mano libera, nella costellazione del Drago.

Non ci mise molto perché la nova eradi magnitudine 5, e lui conosceva a memoria la posizione di tutte le stelle fino alla magnitudine 8 ...

La struttura del libro (edizione italiana) è la seguente:

Cap 1 – Binocoli e telescopi

Cap 2 – Il Sole

Cap 3 – La Luna

Cap 4 – I pianeti

Cap 5 – Comete, meteore, aurore

Cap 6 – Al di là del sistema solare

Cap 7 – Le costellazioni

Cap 8 – Programmi per chi osserva al binocolo

a cui seguono alcune appendici, una della quali è il repertorio delle associazioni italiane di astrofili.

Il capitolo 8 è decisamente uno di quelli più interessanti, dato che si occupa di “fare” astronomia: acquistato lo strumento, imparate le costellazioni, individuati i pianeti, arriva il momento di fare sul serio ...

Vengono illustrate le tecniche e i consigli di osservazione e di registrazione dati per:

  • le stelle variabili
  • la caccia di stelle novae
  • l’osservazione delle meteore visibili nei telescopi

Questo capitolo, vale a dire il “cosa fare dopo” è purtroppo assente in molti libri di divulgazione astronomica.

Il problema non è sicuramente la mancanza di strumentazione, come lamentava Muirden nel 1963: oggi si acquistano con cifre modeste strumenti che superano i sogni più folli dell’astrofilo medio degli anni ’60.

Forse non abbiamo più quel diffuso spirito pratico di conoscenza e conquista dell’Universo citato da Muirden: archiviata mentalmente la corsa allo spazio come un capitolo della Guerra Fredda, pochi si esaltano ormai per le sonde su Marte o su Nettuno, e sicuramente lo sbarco dell’uomo su Marte finirebbe in quinta pagina dopo tre giorni.

Comunque sia, sono molto affezionato a questo libro di Muirden.

Un po’ per motivi anagrafici, perché parla dell’astronomia amatoriale proprio negli anni in cui mi sono appassionato io stesso.

Un po’ perché trasmette quel senso, piacevolmente “old economy”, di doversi conquistare la conoscenza del cielo e delle tecniche di osservazione come passaggio obbligato per leggere con soddisfazione il grande libro dell’Universo.

 

Fra le illustrazioni inserite nel testo, l’edizione del 1963 riporta li disegno della cometa Seki-Lines eseguito nel 1962 usando un binocolo 8x30. L’edizione italiana del 1977 riporta la più recente osservazione della famosa cometa Kohoutek (una delle comete più sovrastimate) eseguita nel 1974 da G.E.D. Alcock usando un binocolo 15x80.

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