AURORE POLARI
SCIENZA, MITI E ARTE

di Giuliana Zoppè
Classe V c
Liceo Scientifico L. Magrini
Gemona del Friuli
A.S. 2004 - 2005


« Deboli accenni di bande colorate appaiono nel buio cielo notturno.
Si rovesciano pigramente qua e là, acquistando velocità,
e i colori diventano più brillanti e pronunciati.
I nastri increspati solcano il cielo in una rapida esultante danza…
»
da “Nastri di luce danzante” di Annalisa Ronchi

 

Presentazione

Per caso, durante una vacanza in Svezia e Norvegia compiuta l’estate scorsa, sono venuta a conoscenza dell’esistenza dell’aurora polare.

Così, incuriosita da questo fenomeno misterioso e misconosciuto e dalle poche informazioni ricavate dal materiale raccolto durante il viaggio, ho deciso di effettuare delle ricerche per cercare di scoprire cosa siano le aurore, quando si verifichino e in quali condizioni.

Questa ricerca si è dimostrata da subito interessantissima e mi ha permesso scoprire fatti impensabili.

La tesina è il risultato e la rielaborazione dei risultati ottenuti.

Nella stesura del testo, pensando fosse limitativo trattare solamente dall’aspetto scientifico dall’aurora, ho deciso di approfondire anche l’evoluzione del pensiero di intellettuali e scienziati del passato sull’argomento, i miti e le leggende di popoli delle estreme zone polari e infine influenza di questo fenomeno nelle arti.

 

Alle luci polari sono stati attribuiti un gran numero di nomi, ma il nome scientifico, Aurora Polare, deriva dal latino e può essere tradotto con alba rossa.

In base all’emisfero nel quale si manifestano vengono distinte in aurora boreale e australe.

Nel 1600 Galileo Galilei le aveva chiamate “boreale aurora” o “alba settentrionale”.
Nel 1621, la denominazione era stata lievemente modificata in “
aurora boreale” dall’illustre astronomo Pierre Gassendi, che aveva assistito ad una manifestazione di colore rosa, tipica delle latitudini più basse, che ricorda l’alba.

 

 

Evoluzione del pensiero

La descrizione e la spiegazione del fenomeno aurorale ha messo a dura prova gli intelletti più acuti di tutti i tempi, infatti ci sono voluti più di venticinque secoli perché, a partire dalle prime ipotesi sull’origine del fenomeno, si riuscisse ad arrivare a una definizione corretta.

I primi audaci tentativi risalgono al V secolo a.C., quando filosofi greci e latini, quali Ippocrate, Aristotele, Seneca e Plinio il Vecchio, cominciarono a indagare sull’origine di questo misterioso fenomeno che d’improvviso riempiva il cielo di vivaci fiamme colorate. Alcuni facevano appartenere le aurore al gruppo delle comete, altri alle meteore altri ancora ad altri fuochi celesti.

Ci si potrebbe chiedere come mai i filosofi dell’antichità avessero potuto conoscere le aurore, visto che vivevano in regioni dove gli avvistamenti sono rari se non rarissimi.

Ma è probabile che a quell’epoca le aurore fossero visibili più a sud di oggi, in quanto è dimostrato che il polo magnetico terrestre a quell’epoca si trovava più a sud dell’attuale.

Tra le principali interpretazioni possiamo trovare quella di Ippocrate che nel V secolo a.C. circa affermò che si producessero in seguito alla riflessione della luce solare e quella del greco Annassimene che nel 450 a.C. suppose che le aurore fossero causate da vapori ardenti che cadevano dal cielo e si accumulavano sulle nuvole fino a incendiarsi.

Aristotele, Seneca e Plinio invece si limitarono a darne semplicemente una descrizione o a raccontarne un aneddoto.

Aristotele in una lettera scritta nel 349 a.C. aveva descritto le rare aurore di colore rosso sangue, alcune immobili altre che guizzavano a notevole velocità, alcune che tremolavano e si spegnevano e altre che indugiavano nel cielo. Le aveva chiamate “fiaccole, “abissi”, “piccoli raggi”, “recipienti tondi e nel più erudito Metereologicacapre saltanti”.

 

Seneca tra il 62 e il 65 d.C. nelle Naturales Questiones (Liber I, XV 5-6) racconta che:

« Inter haec licet ponas et quod frequenter in historiis legimus caelum ardere visum, cuius nunnunquam tam similis ardor est ut inter sidera ipsa videatur, nunnunquam tam humilis ut speciem longiniqui incendii praebeat.

Sub Tiberio Cesare cohortes in auxilium Ostiensis coloniae cucurrerung tamquam conaflagrantis, cum caeli ardor fuisset per magnam partem noctis parum lucidus crassi fumidique ignis.

De his nemo dubitat quin habeant flammam quam ostendunt; certa illis substantia est. »

« Tra questi fenomeni (meteore ingnee) puoi mettere anche ciò che spesso leggiamo nelle storie, cioè che il cielo è apparso infuocato e il suo fiammeggiare è talvolta così alto da sembrare proprio in mezzo alle stelle, talvolta così basso da avere l’aspetto di un incendio lontano. Sotto il regno di Tiberio Cesare (37 a.C.) le coorti (corpo dei vigili del fuoco, fondato da Augusto dopo l’incendio del 23 a.C.) accorsero in aiuto alla colonia di Ostia come se fosse in fiamme mentre si trattava di una vampa celeste brillante durata gran parte della notte, di un fuoco grasso e fumoso. Per queste meteore nessuno dubita che posseggano realmente la fiamma che mostrano: esse sono fatte di una sostanza ben determinata. »


Plinio il Vecchio nel 77 d.C. nelle Historiae naturalis (Liber II, 27) dice:

« … fit et sanguinea species et, quo nihil terribilius mortalium timori est, incendium ad terras cadens inde, sicut Olympiadis CVII anno tertio, cum rex Philippus Graeciam quteret. atque ego haec statis temporibus naturae vi, ut cetera, arbitror existere, non, ut plerique, variis de causis, quas ingeniorum acumen excogitat, quippe ingentium malorum fuere praenuntia; sed ea accidisse non quia haec facta sunt arbitror, verum haec ideo facta quia incasura erant illa, raritate autem occultam eorum esse rationem ideoque non, sicut exortus supra dictos defectusque et multa alia, nosci... »

 

« ... vi è qualcosa che pare sangue, e il più terribile fenomeno fra quelli che spaventano i mortali: un incendio che dal cielo cade sulla Terra, come avvenne al terzo anno della 107a Olimpiade (349 a.C.), mentre il re Filippo sconvolgeva la Grecia. Ora io penso che tutti questi eventi sorgano in tempi prefissati per forza naturale, come del resto ogni cosa, e non hanno quindi (come ritiene la maggior parte) motivazioni svariate, che si possono escogitare aguzzando la mente; è vero che sono stati forieri di disastri, ma io stimo non che i fatti siano accaduti perché quelle manifestazioni li avevano anticipati, ma, all’opposto, che quei fenomeni sono nati perché quei fenomeni stavano per verificarsi. Comunque la loro rarità ne oscura la comprensione, ed è per questo che le meteore non si conoscono nella misura in cui sono noti il sorgere delle stelle e le eclissi... e varie altre cose... »

 

Un’altra testimonianza antica, scritta in Cina nel 208 a.C., sull'aurora dice:

«Durante la notte, sono state avvistate nuvole luminose, bianche e dorate, con lunghe strisce di luce che infiammavano le colline. Alcuni pensano che sia la spada celeste ma altri credono si tratti di una profonda voragine con un grande fuoco che arde nel cielo...»

 

Un accurato resoconto sulle luci del nord compare per la prima volta in un poema epico Norreno anonimo scritto nel 1220-1230 circa, intitolato Kongespeil (Lo specchio del re).

Infatti per la prima volta le Nordurljos (luci del Nord) venivano descritte come un fenomeno naturale.

L’autore ne fa un’accurata spiegazione precisandone le caratteristiche principali, la forma, il momento in cui si manifesta.

«Sull'aurora boreale, come su molte altre cose di cui non abbiamo alcuna conoscenza certa, gli uomini attenti si formeranno opinioni, faranno congetture e avanzeranno le ipotesi che riterranno più plausibili.
In virtù della sua natura peculiare l'aurora boreale appare tuttavia più luminosa più sono fitte le tenebre e si manifesta sempre nelle ore notturne, mai di giorno, e raramente nelle notti di luna. Assomiglia ad una gigantesca lingua di fuoco vista da grande distanza. Sembra inoltre che da questa lingua vengano scagliate punte acuminate in direzione del cielo. Sono di altezza inuguale e in costante movimento, ora una ora un'altra che guizza sopra tutte; e la luce risplende come una fiamma viva... e talvolta sembra sprigionare scintille come un ferro incandescente estratto dalla forgia. Come la notte termina e si avvicina l'alba, incomincia ad impallidire e scompare quando prorompe il giorno...»

Durante il Medioevo si era diffusa in tutta Europa la percezione dell'aurora come messaggio di sventura o di punizione divina. In particolare la spaventosa visione della sfera celeste che si accendeva di rosso intenso, aveva spinto gli osservatori a credere che il fenomeno preannunciasse guerre, pestilenze e terremoti.

Nel tempo, fino all’età moderna, numerosi avvenimenti furono associati all’apparizione delle aurore. Nel 44 a.C. un’aurora preannunciava l’assassinio di Giulio Cesare; nel 566 d.C. veniva prevista l’invasione dei Longobardi in Italia, avvenuta nel 569; la morte di Thomas Becket avvenuta nel 1170 fu anticipata da una manifestazione aurorale; il 15 gennaio 1192 preannunciò la carestia che scoppiò in Europa nel 1192; l’8 ottobre 1728 era preavviso del terremoto verificatosi in Sicilia e in Inghilterra; infine uno degli ultimi avvenimenti associati all’avvistamento di un’aurora, fu lo scoppio della II Guerra Mondiale, preannunciata il 25 gennaio 1938 da un’aurora color rosso intenso visibile in gran parte d’Europa.

Solo nei primi anni del Novecento, grazie ai contributi di numerosi scienziati che a partire dal Seicento cominciarono a fare luce sui misteri che l’aurora celava dietro la sua origine, si è riusciti a scoprire che essa si genera in seguito all’interazione tra le particelle del vento solare con i gas che compongono l’alta atmosfera terrestre. Si dissolsero così tutte le superstizioni che la loro inspiegabile origine aveva creato.

Di seguito riporto le interpretazioni di uomini di scienza degli ultimi secoli passati.

Anno

Scienziato

Scoperta

1620

Galileo Galilei,
Pierre Gassendi

Coniarono il termine Aurora Boreale

1620

René Descartes

Propose che la luce del sole viene diffusa dai cristalli di ghiaccio nelle nuvole

1733

Jean Jacques D’Ortous de Miran

Pubblicò il primo testo sull’aurora, suggerì una correlazione tra le macchie solari e la formazione di aurore

1741

Anders Celsius Olof Hiorter

Notò una coincidenza tra il verificarsi di tempeste magnetiche e la formazione di aurore

1792

John Dalton

Propose l’esistenza di particelle magnetiche luminose

1815

Alessandro Volta

Propose l’esistenza di fluidi elettrici condensanti

1817

Jaen Biot

Provò che le aurore non riflettono la luce solare ma emettono luce propria

1822

Franklin

Osservò una maggiore frequenza delle aurore nei poli

1860

Elias Loomis

Disegnò una mappa con le zone in cui si verificavano aurore

1872

Donati

Ipotizzò che l’aurora fosse prodotta da particelle elettrizzate emesse dal Sole

1878

Henri Benquerel

Propose che le aurore fossero causate dall’idrogeno proveniente dal Sole

1881

E. Goldstein

Ipotizzò che il Sole emettesse nello spazio raggi elettrici simili a raggi catodici a partire dai quali si producessero le aurore

1894

Adam Paulsen

Scoprì che i raggi catodici che producono le aurore si originano nell’alta atmosfera

1896

Kristian Birkeland

Suppose che i raggi catodici provenissero dal Sole

1897

J. J. Thomson

Scoprì che i raggi catodici sono composti da elettroni

1900

Svante Arrhenius

Ipotizzò che il Sole lanciasse particelle elettrizzate negativamente, le quali, respinte per la pressione della luce, raggiungevano l’atmosfera terrestre dove venivano catturate dal campo magnetico terrestre

1901

Birkeland

Eseguì degli esperimenti con un magnete sferico bombardato da raggi catodici, ottenendo strisce luminose intorno ai poli della sfera, come gli anelli delle aurore

1903

Birkeland

Propose l’esistenza di una corrente associata alle aurore

1928

Hulbert

Attribuì la causa del fenomeno aurorale alla ionizzazione prodotta nell’alta atmosfera terrestre dalla radiazione ultravioletta solare

1930

Carl Stømer

Classificò le forme delle aurore

1963

Yasha Feldstein

Disegnò le mappe degli ovali aurorali

 

Dinamica

Origine

La comprensione del meccanismo di formazione dell’aurora è stato possibile grazie a una rivoluzione nelle conoscenze scientifiche sull’ambiente magnetico della Terra.

Per molto tempo si è supposto che il campo magnetico terrestre fosse essenzialmente un campo di dipolo, come quello di un magnete a barra, in cui le linee di forza del campo magnetico decorrono, dal polo sud al polo nord, simmetricamente rispetto all’asse geomagnetico.

Ma la Terra non è immersa nel vuoto; essa è continuamente investita dal vento solare, un plasma diluito di ioni idrogeno (protoni) e di elettroni emessi dalla corona solare.

Il vento solare confina il campo magnetico terrestre in un volume di forma simile ad una cometa, la magnetosfera. Sul lato rivolto al Sole il vento solare comprime la magnetosfera fino a una distanza dal nostro pianeta pari a circa dieci volte il raggio solare. Sul lato opposto la magnetosfera è delimitata in una struttura a forma di manica a vento, la coda magnetosferica, che si estende per di più di mille volte il raggio terrestre.

La magnetosfera contiene plasmi rarefatti di densità e temperatura diversi, derivanti dal vento solare e dalla ionosfera interagenti.

Negli anni sessanta i fisici iniziarono a rendersi conto del fatto che il vento solare può estendere e trasportare il campo magnetico della corona fino alle frange più lontane del sistema solare, dando così origine al campo magnetico interplanetario.

Questo campo magnetico può fondersi con le linee di forza del campo geomagnetico che hanno origine nelle regioni polari della Terra. Questo fenomeno, chiamato riconnessione magnetica avviene con la massima efficienza quando il campo magnetico del vento solare è orientato verso sud, ossia quando è antiparallelo al campo terrestre.

Le particelle del vento solare fluiscono lungo il confine della magnetosfera, la magnetopausa, e attraversano le linee del campo magnetico riconnesse. Gli ioni positivi e gli elettroni, avendo carica elettrica opposta, sono deflessi in direzioni opposte e generano una corrente elettrica. Infatti la magnetopausa costituisce un gigantesco generatore che trasforma l’energia cinetica delle particelle del vento solare in energia elettrica, con una produzione di più di un milione di megawatt. Questo meccanismo alimentato dall’interazione tra il vento solare e la magnetosfera è il “generatore aurorale”.

Il meccanismo del generatore spinge gli ioni positivi verso il lato dell’alba del piano equatoriale della magnetopausa, formando una sorta di terminale positivo; mentre gli elettroni sono deflessi verso il lato del crepuscolo o terminale negativo.

Nei plasmi rarefatti permeati da linee del campo magnetico gli elettroni, a causa della forza di Lorenz, si muovono lungo traiettorie elicoidali che si avvolgono intorno alle linee di forza del campo magnetico.

Il passo della traiettoria elicoidale dell’elettrone tende a diminuire via via che l’elettrone si avvicina alla Terra, dove il campo è più intenso. Il suo moto diventa puramente circolare a quote molto superiori alla ionosfera, e a quel punto l’elettrone è riflesso verso l’alto. Tuttavia le aurore indicano che gli elettroni sono in grado di penetrare in profondità nella ionosfera.

Il processo comincia quando gli elettroni delle correnti alternate formano con il campo fasci sottili, laminari. Quando nella magnetosfera viene "pompata" abbastanza energia e i fasci laminari raggiungono un’intensità sufficientemente elevata, intorno ai fasci si sviluppa un particolare campo elettrico, la cosiddetta “struttura di potenziale aurorale” a una quota compresa tra i 10 mila e i 20 mila chilometri.

La regione interna alla struttura sembra suddividersi in strati aventi carica positiva e negativa, che danno origine a un campo elettrico interposto molto intenso.

L’esatta natura di una struttura a doppio strato presente nell’alta atmosfera è attualmente oggetto di discussione.

Comunque sembra che gli elettroni vengano accelerati verso il basso dal campo elettrico associato al doppio strato. Nel momento in cui arrivano all’estremità inferiore della struttura di potenziale aurorale essi possiedono un’energia di alcune migliaia di elettronvolt, sufficiente per farli penetrare fino a una quota dove l’atmosfera è abbastanza densa da rendere le manifestazioni aurorali visibili ad occhio nudo.

Quando gli elettroni, accelerati dalla struttura di potenziale aurorale, colpiscono le molecole e gli atomi nella bassa ionosfera questi ultimi emettono delle radiazioni. Gli urti dissociano le molecole in atomi eccitati che emettono radiazioni nel campo del visibile e a varia lunghezza d’onda cui corrisponde un determinato colore, mentre ricadono a un livello energetico più basso.

Gli elettroni rallentati dalle collisioni possono anche emettere raggi X.

Un’altra radiazione è prodotta quando gli elettroni deviati colpiscono ed eccitano gli atomi; questi possono anche venire ionizzati e poi emettere radiazioni nel ricombinarsi con gli elettroni.

Una delle ultime teorie sulla genesi del fenomeno aurorale che mostra ancora molti punti oscuri, pone in particolare risalto la cattura delle particelle del vento e il loro successivo moto spiraloide intorno alle linee del campo nelle fasce di Van Allen.

Quando queste sono sovraccariche, gli elettroni e i protoni in eccesso entrano nell'alta atmosfera, in corrispondenza delle due aree centrate nei poli nord e sud magnetici, zone dove il campo magnetico terrestre è praticamente verticale e dove le particelle precipitano, provocando collisioni con i gas atmosferici e generando le aurore.

 

Brillamenti e buchi coronali

L’energia del generatore aurorale è controllata dall’attività solare, in particolare da eventi effimeri quali brillamenti solari e l’espulsione di grandi quantità di gas coronale, che generano onde d’urto che si propagano nel vento solare. Subito dopo il fronte d’onda il vento solare raggiunge una velocità compresa fra i 500 e i 1.000 chilometri al secondo, cosicché il campo magnetico interplanetario viene compresso e perciò incrementato. Quando l’onda d’urto collide con la magnetosfera, l’energia prodotta dal generatore può balzare a 10 milioni di megawatt. In queste situazione può prodursi una tempesta magnetica durante la quale l’ovale aurorale (zona ovale continua che le aurore creano intorno ai poli) si allarga in modo anomalo.

L’emissione rossa degli atomi di ossigeno, alla lunghezza d’onda di 630 nanometri, risulta notevolmente accentuata in queste aurore, forse perché l’incremento di energia eccita termicamente gli atomi di ossigeno a livelli energetici più elevati.

Contemporaneamente l’intensificazione delle correnti nelle fasce di Van Allen dà origine ad intensi campi magnetici anche alle basse latitudini e al suolo.

Un altro fenomeno solare che influenza l’attività aurorale è rappresentato dai “buchi coronali (regioni prive di macchie solari). Questi buchi, che sono particolarmente sviluppati durante la fase declinante del ciclo di attività solare, generano flussi di vento solare di alta velocità.

 

Aurore a elettroni e protoni

Le aurore, come già ampiamente espresso, sono provocate da protoni ed elettroni precipitanti sull’atmosfera terrestre.

La precipitazione dei protoni ed elettroni è simultanea ma avviene a latitudini diverse. Si distinguono così aurore da elettroni e da protoni, le ultime sono meno spettacolari delle prime perché sono molto più tenue e diffuse. Il riconoscimento tra le due viene eseguito con analisi spettroscopiche.

Nel caso degli elettroni avviene che i gas atmosferici nella ionosfera vengono eccitati dagli elettroni precipitanti in numero sufficiente a dare luogo a un fenomeno osservabile ad occhio nudo.

Nel caso dei protoni, il protone cattura e perde più volte un elettrone, trasformandosi alternativamente da protone in atomo di idrogeno e viceversa. Come atomo di idrogeno emette la riga H riconoscibile appunto nelle aurore da protoni.

 

Frequenza e ovale aurorale

 

L'aurora polare è un fenomeno permanente, ma la sua frequenza dipende fortemente dall'attività solare; subisce infatti un sensibile aumento durante i periodi di massima attività solare (ciclo undecennale).

 

 


Le aurore creano, intorno ai poli magnetici di entrambi gli emisferi, una zona ovale continua, ovale aurorale, la cui proiezione sulla Terra determina la zona aurorale dove i fenomeni possono essere osservati più frequentemente e con un'intensità maggiore.
L'ovale aurorale varia con l'attività solare, quando quest’ultima aumenta, l’ovale si allarga verso l'equatore.

 

 

 

Il massimo di frequenza aurorale si registra in una fascia compresa tra 60° e 70° di latitudine ma si verificano anche a latitudini inferiori quando l'attività solare è molto intensa.

Per quanto concerne la loro durata questa si prolunga per un periodo notevole durante l’anno del Sole "inquieto", cioè quello che si verifica ogni undici anni di relativa quiete, quando il fenomeno è studiabile solo con strumenti ottici e spettroscopici.

 

 

 

Altezza

Størmer e Vergard agli inizi del '900 riuscirono a determinare le altezze delle aurore utilizzando il metodo della parallasse.

Due osservatori posti ad una distanza compresa tra i 50 e i 100 chilometri hanno fotografato simultaneamente la stessa aurora con uno sfondo comune di stelle conosciute. Sulla base di più di ventimila immagini riuscirono a calcolare l'altezza media.

I limiti superiori sono compresi tra i 100 e i 300 chilometri, mentre i limiti inferiori tra gli 85 e i 170 chilometri, con due massimi ben definiti uno a 100 e l'altro a 106 chilometri.

L'estensione può raggiungere perfino i 500 chilometri.

 

Colori

La luminosità aurorale si manifesta quando i fasci di elettroni in arrivo subiscono collisioni ad alta energia con la ionosfera eccitando o ionizzando atomi e dissociando molecole con la formazione di altri atomi allo stato eccitato.

Gli atomi eccitati e quelli ionizzati emettono radiazioni in un ampio intervallo spettrale (dall’ultravioletto estremo all’infrarosso) via via che gli atomi eccitati ritornano ai livelli di energia più bassi e gli ioni si combinano con elettroni liberi.

L’emissione aurorale più comune è una luce verde-biancastra con la lunghezza d’onda di 557,7 nanometri, che è emessa da atomi di ossigeno.

Una bella emissione rosa è prodotta da molecole eccitate di azoto.

Diversi atomi e molecole presenti nella ionosfera danno origine a emissioni aurorali delle lunghezze d’onda dell’estremo ultravioletto, dell’ultravioletto e dell’infrarosso, che non possono essere osservate da terra perché vengono assorbite dall’atmosfera.

Tre sono i principali aspetti che influenzano il colore dell'aurora: i gas che compongono l'atmosfera, l'altezza alla quale si sviluppano e l'energia posseduta dalle particelle del vento solare.

Il primo è molto importante perché ogni gas dell'atmosfera, una volta eccitato emette luce con delle frequenze caratteristiche e quindi il colore dell’aurora può essere considerato come “l’impronta digitale” dell'atmosfera perché permette di risalire alla sua composizione.

Anche l'altezza è determinante: al di sotto dei 120 chilometri, l’aurora assumerà un colore blu o viola; tra i 120 e i 180 chilometri avrà un colore verde scuro; al di sopra dei 180 chilometri si avrà un colore rosso intenso.

L’energia delle particelle eccitatrici è molto influente perché se, per esempio, la collisione con un atomo avviene con particelle molto energetiche, il rilascio di energia sarà notevole e l'aurora avrà un aspetto tendente al blu-violetto.

Se invece il vento solare non è molto energetico l'energia finale rilasciata tingerà l'aurora di una sfumatura rossa molto tenue.

 

Intensità e luminosità

L’intensità dell’aurora è legata all’attività solare.
Non sempre le aurore sono visibili ad occhio nudo a causa della loro bassa luminosità, ma oggi con i moderni strumenti ottici si riescono ad osservarle tutte perfino quelle di intensità minima.
In base ai dati ottenuti da varie osservazioni è stato possibile individuare 5 classi principali di luminosità corrispondenti alla luminosità di altri corpi celesti luminosi conosciuti.

Luminosità 0 – Aurore visibili solo con strumenti ottici (kRa minore di 1)

Luminosità 1 – Aurore di luminosità paragonabile alla Via Lattea, hanno un colore bianco (1 kRa)

Luminosità 2 – Aurore di luminosità paragonabile ai cirri illuminati dalla Luna, hanno colori appena visibili e tendenti al giallo-verde (10 kRa)

Luminosità 3 - Aurore di luminosità paragonabile a grosse nuvole illuminate dalla Luna, hanno colori molto evidenti (100 kRa)

Luminosità 4 - Aurore di luminosità paragonabile alla Luna piena, hanno colori netti ed effimeri (1000 kRa)

 

Forme

Esiste una varietà infinita di forme tra cui possiamo trovare:

Forma ad arco (A): corrisponde alla forma più comune, tipica dei periodi con bassa attività solare. Appare come un nastro luminoso in apparenza allineato ad un parallelo geomagnetico lungo fino a numerose migliaia di chilometri, con dimensione trasversale di qualche decina di chilometri e con spessore che varia da 200 m a qualche chilometro.

Forma a banda (B): Tipica dei periodi di attività solare medio-bassa. Formata da un arco con ampie pieghe serpeggianti.

Forma a chiazza (P): Formata da piccole regioni di luminosità. Ha una colorazione bianca.

Forma a raggio (R): Tipica dei periodi con elevata attività solare. I raggi si allineano lungo il campo magnetico terrestre e le variazioni di forma avvengono velocemente. La lunghezza dei raggi può arrivare a parecchie centinaia di chilometri.

Forma a velo (V): Caratterizzata da luminosità uniforme che copre una gran parte del cielo.

Forma a ricciolo: Deriva da una rotazione in senso antiorario. Ha un diametro compreso tra 1 e 5 chilometri.

Forma a piega: Si presenta come una curva a forma di S.

Forma a drappeggio: Formata da una banda a lunghi raggi con delle pieghe.

Forma a spirale: Si verifica durante condizioni disturbate.

Forma a corona: Compaiono nei periodi di massima attività solare. Appaiono come un cerchio luminoso in corrispondenza dello zenith. Si muove e cambia molto velocemente.

Forma a tenda: La larghezza delle bande e la lunghezza dei raggi occupa quasi tutto il cielo. La sua intensità varia molto velocemente.

Aurora a Cortina

 

Altri due aspetti sono molto importanti per la distinzione delle varie aurore: la struttura e il comportamento.

In base alla struttura vengono definite:

Omogenee: quando manca una struttura interna.

Striate: quando sono formate da filamenti.

Radiali: quando sono costituite da raggi.

 

In base al comportamento si distinguono in:

Calme: quando hanno una luminosità stabile.

Pulsanti: quando si verifica un ritmico affievolirsi e brillare di luce con una periodicità di 10-100 secondi.

Tremolanti: quando avvengono rapidi cambiamenti di intensità, circa 5-10 volte al secondo.

Fiammeggianti: quando sono visibili delle variazioni di luminosità dal basso all'alto.

Fluenti: quando la luminosità aumenta orizzontalmente.

 

 

Suoni

Non si sa con certezza se le collisioni aurorali emettano onde sonore perché nessuno strumento è mai riuscito a registrarle.

Sono numerose però le testimonianze di persone che affermano di aver sentito fruscii e fischi durante l’osservazione di questi fenomeni.

Va evidenziato però che le altezze a cui si originano sono caratterizzate da una tale rarefazione dei gas atmosferica per cui non è pensabile che le onde sonore si propaghino.

 

 

Aurore su altri pianeti

Grazie alle immagini inviateci dal telescopio Hubble, è stato possibile scoprire che si verificano aurore anche su altri pianeti del sistema solare che abbiano un’atmosfera e un campo magnetico.
Sono infatti visibili degli spettacolari cerchi di luce ultravioletta, invisibili dalla Terra, su Venere, Giove, Saturno, Nettuno e Urano.

Aurore polari su Giove Aurore polari su Saturno

Anche su questi pianeti le aurore si formano in seguito allo scontro delle particelle atmosferiche con quelle del vento solare.

Di recente si è scoperto che si verificano anche su alcuni satelliti quali: Titanio, Tritone e Io.
Il fenomeno sembrerebbe apparentemente inspiegabile perché sui satelliti non esiste atmosfera e nemmeno un campo magnetico, mancherebbero quindi tutte le condizioni necessarie per lo sviluppo delle aurore.

È stato scoperto che su Io, uno dei satelliti di Giove, c’è un’intensa attività vulcanica; durante le eruzioni più violente vengono liberate grandi quantità di gas che creano un’atmosfera provvisoria, permettendo alle aurore di generarsi. Probabilmente anche sugli altri corpi celesti sui quali si sono avvistati i fenomeni aurorali, si creano condizioni simili.

Aurora polare su Giove

 

 

XXI secolo

Di recente si è scoperto che i bellissimi fenomeni che “affrescano” il cielo interferiscono sensibilmente con le trasmissioni via radio a onde corte provocando pericolose interferenze radar nei sistemi di controllo aereo.

Gli elettroni del vento solare, nei periodi di massima attività solare, possono addirittura raggiungere un'energia milioni di volte superiore a quella normale, e forare i rivestimenti esterni di satelliti artificiali orbitanti, creando campi elettrici che danneggiano in modo permanente le apparecchiature.

Per questo motivo si stanno studiando dei sistemi per prevedere con esattezza le aurore polari. Ma scoprire in anticipo quando avverrà una tempesta magnetica non è affatto semplice. L'interazione fra il campo magnetico terrestre e il vento solare è molto complessa.

Gli scienziati attualmente stanno indagando per scoprire in che modo le aurore polari influiscono sulla Terra. Di recente è stato scoperto che il vento solare ha una responsabilità, seppur limitata, nel provocare l'assottigliamento dello strato di ozono. Questo perché l'agitazione elettrica associata ai fenomeni aurorali aumenta la densità di ossido nitrico. Per effetto della gravità queste particelle si muovono verso il basso e si combinano chimicamente con l'ozono, riducendone lo strato.

 

Mitologia

A causa del loro carattere misterioso ed inspiegabile le aurore sono state spesso origine di miti e superstizioni curiose e diverse.

I vichinghi pensavano che i suoi colori derivassero dalla luce che si rifletteva sugli scudi delle Walchirie. Esse erano le messaggere del dio Odino che arrivavano dal Walhalla in sella ai loro cavalli per designare coloro che sarebbero stati uccisi in battaglia. Una volta nel Walhalla, le Walchirie portavano corni colmi di birra agli Einherjar, i guerrieri uccisi.
Le striature luminescenti erano le loro lance, le scintille intermittenti i riflessi dei loro scudi e i loro archi i Bfröst (arcobaleno), il mitico ponte attraverso il quale le anime dei defunti passavano nell'aldilà.
I bagliori che si osservavano in cielo segnalavano che le messaggere erano al lavoro, indice di una battaglia in atto da qualche parte.

Gli eschimesi della Groenlandia e del nord del Canada ritenevano invece che esse rappresentassero il regno dei morti. Quando le loro luci cambiavano velocemente voleva dire che dei loro amici stavano provando a mettersi in contatto con i loro familiari in vita.
Un'altra leggenda diceva che erano provocate dagli spiriti che giocavano a palla con un cranio di tricheco. I movimenti di queste luci, che attraversavano il cielo, erano la prova delle lotte tra questi spiriti.
Questo popolo credeva inoltre che fischiando le aurore si sarebbero avvicinate a loro, mentre battendo le mani si sarebbero allontanante.
Alcune tribù ritenevano che fossero di cattivo auspicio: quando le vedevano andavano in giro con le armi in pugno, come se ci fosse un nemico in agguato.
Un detto affermava che chi le osservava a lungo diventava pazzo.

Per i lapponi infine l'aurora boreale era un fenomeno potente e spaventoso. Indicava infatti la presenza di messaggeri di Dio, creature da rispettare e temere.
Credevano che gesti come fischiare, agitare fazzoletti o far tintinnare campanelli spingessero l'aurora ad attaccare i trasgressori.
Se temevano di aver suscitato le ire delle aurore boreali cantavano più volte una filastrocca:

« L'aurora boreale,
l'aurora boreale
tremola, tremola
martello nella gamba
corteccia di betulla nella mano. »

Il martello simboleggiava la vendetta degli angeli quando qualcuno mancava di rispetto a Dio, mentre la corteccia di betulla creava le fiamme con cui venivano inceneriti i profanatori.

Secondo i danesi erano dovute ad un gran numero di cigni che volando verso nord venivano intrappolati nel ghiaccio polare e ogni volta che sbattevano le loro ali, nel tentativo di liberarsi, generavano riflessioni.

Secondo la mitologia finlandese erano un fiume di fuoco (Rutja) che delimita i regni della vita e della morte.

Per gli islandesi rappresentava gli spiriti di coloro che non erano felici di essere morti e cercavano di comunicare con i familiari ancora in vita. Quando l'aurora splendeva non si tagliavano mai i capelli e non si avventuravano mai all'esterno senza berretto per paura di vedersi bruciare la chioma.

 

Per gli Inuit canadesi la terra era piatta ed il cielo era un'immensa cupola formata da un materiale duro punteggiato da molti piccoli fori attraverso i quali si potevano vedere le stelle quando era buio.
Un sottile ponte univa il nostro mondo con l'aldilà e i morti erano guidati nel cammino da spiriti dotati di fiaccole luminose.

Secondo gli Inuit della Groenlandia le aurore “Quigyat” erano gli spiriti dei bambini deceduti di morte violenta o nel giorno del loro compleanno.

Altri Inuit pensavano che le aurore fossero infauste e per respingerle agitavano i coltelli taglienti o le scagliavano contro urina e feci di cane.

Gli Inuit dell'Alaska, all'apparire di queste luci, nascondevano i loro figli perché credevano che se un bambino le indicava durante la loro apparizione esse venivano e lo portavano via per strappargli la testa e giocare con essa.

 

Secondo gli indiani del nord degli Stati Uniti nella direzione del vento del nord vivevano i Manabai'wok.
Essi sono nostri amici ma noi non li possiamo vedere.
Sono dei giganti cacciatori e pescatori e tutte le volte che escono con le loro torce a pescare con la fiocina noi lo veniamo a sapere poiché il cielo brilla e indica il luogo in cui si trovano.

Gli indiani Athabaska ritenevano che le aurore fossero i riflessi della danza del fuoco di folletti.

 

Per gli aborigeni australiani erano prodotte da una danza degli dei.
Di generazione in generazione, avevano continuato a diffondersi altre curiose credenze: l'aurora boreale era il riverbero di argentei banchi di aringhe che nuotavano vicino alla superficie dell'acqua, la luce che rimbalzava contro i dondolanti iceberg del mare polare oppure il riflesso del Sole sulle piume delle oche migratrici.

 

 

Arti

Lo spettacolo naturale tanto splendido e fiabesco dell’aurora non ha potuto che esaltare la fantasia e la creatività artistica di pittori e poeti che hanno trovato in essa una fonte di ispirazione.

Numerosi sono i pittori che con grande maestria sono riusciti a immortalare nelle proprie tele questo fenomeno che lascia tutti senza fiato e stupefatti.

I quadri che seguono dimostrano la bravura del pittore canadese Robin Street-Morris.

quadro di Robin Street-Morris
quadro di Robin Street-Morris
quadro di Robin Street-Morris
quadro di Robin Street-Morris
quadro di Robin Street-Morris
quadro di Robin Street-Morris

 

quadro di Fridtjof Nansen
Questo è invece uno dei capolavori di Fridtjof Nansen.

 

Ci sono però anche artisti che, sopraffatti di fronte a una tale meraviglia, si sono ritrovati impossibilitati a descrivere e disegnare questo l’aurora perché come afferma benissimo il norvegese Theodore Caspari:
«Nessuna matita può disegnarle, nessun colore può dipingerle e nessuna parola può descriverle in tutta la loro bellezza».

 

La composizione poetica che segue, sebbene abbia risentito di numerose traduzioni da una lingua all’altra, ci immerge ugualmente nell’atmosfera magica di uno dei fenomeni più esaltanti che ci sia dato godere.

Aurora Polaris di Frans Widerberg

The night is cold.

The sky is black and clear.

Auroras flicker upon the the celestial vault.

Wavering, growing stronger.

The illumination reflects upon the ocean waters, ignites ice and glaciers. Draperies light up against the blackness of the sky, bright and dense. Light veils cover the moon, perforated by a myriad of brilliant, pointed stars.

Fluorescent fires, dancing shapes, a winged figure, a bird, a dragon, an angel, or a monster. Celestial lights against a black abysmal vault. Waving ribbons of haze and mist, luminous veils. Blue and yellow, green and red, columns of light undulating across the sky.

A resonant aura like an aurora.

From the legends of the tundra appears the reindeer of the moon.

It approaches through the draperies of the auroral firewall.

At the spot where it reaches to the ground, see a white male deer accompanied by his herds from the celestial fields, behind and beyond the aurora borealis.

See the aurora dance. Long ribbons widely stretched along the horizon of the sky.
Suddenly they leap in the zenith. Cover me with all their rays.

Of a winter's night beneath a corona of an aurora, I sense a fear and a joy. Down upon me is flowing a shower of cascades of light. While standing here, infinitely small in the center of everything, sensing something like an awesome touch of an enormous hand.

La notte è fredda.

Il cielo è nero e limpido.

Le aurore brillano debolmente sopra la volta celeste. Tremolano, crescono di luminosità.

La loro luce si riflette sopra le acque dell'Oceano, infiamma il ghiaccio e i ghiacciai. Drappeggi si accendono contro l'oscurita del cielo, luminosi e intensi. Veli luminosi coprono la luna, punteggiati da una miriade di stelle brillanti.

Fuochi "fluorescenti", forme danzanti, figure alate, un uccello, un drago, un angelo o un mostro. Luci celesti contro una volta di color nero profondo. Nastri ondegganti di foschia e nebbia, veli luminosi.
Blu e gialli, verdi e rossi, colonne ondeggianti di luce attraverso il cielo.

Un'aura risonante come un'aurora. ????

Dalla leggenda della tundra appare la renna della luna.

Si avvicina attraversando i drappeggi del fuoco aurorale.

Nel momento in cui raggiunge il terreno, vede un maschio di cervo seguito dal suo branco proveniente dai pascoli celesti, dietro ed oltre l'aurora boreale.

Vede il ballo dell'aurora. Lunghi nastri ampiamente stesi lungo l'orizzonte.
Improvvisamente balzano allo zenith. Mi abbracciano con i loro raggi.

Di una notte d'inverno sotto una corona aurorale, percepisco paura e gioia. Sopra di me sta scorrendo una cascata di luce.
Mentre sono qui, infinitamente piccolo al centro di tutto, percepisco qualcosa come un imponente tocco di una mano enorme.

 

 

Bibliografia

Lucy Jago, "Aurora Boreale: la storia di un enigma scientifico e del genio che lo risolse", Rizzoli

Annalisa Ronchi, "Nastri di luce danzanti"

L. Annaevs Seneca, "Naturales Questiones", Giardini editori e stampatori in Pisa

Ivo Nerviani e Cristina Pignocchino Feyles, "Geografia Generale: la Terra nell’Universo", Società Editrice Internazionale

Syun-Ichi Akasofu, " La dinamica dell’aurora polare", Le scienze

Dionigi Vottero, "Questioni naturali di Lucio Anneo Seneca", UTET

Enciclopedia del Novecento, Istituto dell’enciclopedia Italiana Treccani

 


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