Le costellazioni dello zodiaco:
CAPRICORNO
di Annalisa Ronchi

 

L'uomo, fin dai primordi, ha sempre cercato nella volta celeste una correlazione tra i propri bisogni e i vari fenomeni cosmici.

Esattamente come trovarsi in mezzo all'oceano o al centro di un deserto, l'osservazione celeste non sarebbe cosa semplice senza punti di riferimento, senza l'adozione di un sistema che permetta di distinguere agevolmente una zona celeste dall'altra. Da questa esigenza sono nate, tramite la fantasia e la creatività proprie dell'uomo, le costellazioni: unendo le stelle più luminose con delle linee immaginarie, è infatti possibile delimitare determinate zone del cielo.

Nel cielo stellato dal mese di agosto a quello di ottobre è visibile quella che viene comunemente definita la decima costellazione dello zodiaco, il Capricorno, asterismo composto da stelle non molto brillanti. Infatti, nella fascia zodiacale, solo il Cancro gli è inferiore in luminosità. Ma, pur non essendo formata da stelle molto brillanti, la costellazione del Cancro contiene molti oggetti interessanti, primo fra tutti M44, l'ammasso stellare del Presepe, affiancato da due stelle, l'asinello boreale e l'asinello australe.

L'assenza di stelle particolarmente luminose nel Cancro e nel Capricorno, insieme al fatto che nei duemila anni prima di Cristo il Sole raggiungeva nel Cancro la più alta declinazione e nel Capricorno la più bassa, aveva fatto sì che l'uno fosse considerato dai filosofi platonici il Cancello Nord del Sole e l'altro il Cancello Sud. A questo riguardo, nel saggio di Porfirio (il più illustre discepolo di Plotino) “L'antro delle Ninfe”, scritto nel 300 avanti Cristo, si diceva che le anime che scendevano dal cielo per reincarnarsi sulla Terra passavano dal celeste cancello del Cancro e che, una volta compiuto il loro ciclo vitale, ritornavano al cielo attraverso il cancello del Capricorno.

Sul rovescio di un denaro romano dell'epoca di Augusto appare la classica rappresentazione del Capricorno (figura caprina con parte posteriore a forma di pesce), raffigurazione del segno zodiacale dell'imperatore. Accanto alla figura mitologica, e precisamente davanti alle zampe, compare un globo e un timone, e cioè la rappresentazione del Mondo e del suo Timone, quindi Augusto stesso.

Ma il Timone del Mondo è un concetto che è già da sempre contenuto nel simbolo stesso del Capricorno, che sin dall'epoca protostorica dei Caldei è associato, come già detto alla Porta Solstiziale ascendente o “Porta degli Dei”. Tale associazione richiama il simbolismo della Luce e della Vita, il cammino ascensionale delle anime in qualche modo mediato dalla figura del re-sacerdote, intermediario tra Terra e Cielo, colui che apre il cammino e governa il viaggio verso le realtà di ordine superiore.

Anche i due circoli paralleli all'equatore, rispettivamente situati a latitudine nord 23° 27' e latitudine sud 23° 27' , prendevano il nome dai due segni che marcavano la declinazione dei solstizi del Sole: il Tropico del Cancro (in cui il Sole era in posizione verticale a mezzogiorno il 21 giugno) e il Tropico del Capricorno (in cui il Sole era in posizione verticale a mezzogiorno il 22 dicembre). Attualmente il movimento secolare della precessione degli equinozi ha spinto verso il nord quella parte di cielo dove è situato il Capricorno e ora è il Sagittario che accoglie il Sole nel solstizio invernale e che occupa quindi il posto più meridionale dello zodiaco.

Il capricorno esiste veramente. L'animale cui tocca il vanto di aver dato nome a questa costellazione è un ruminante della numerosa famiglia dei Bovidi, simile per l'aspetto d'insieme e per le abitudini ad una capra selvatica. I capricorni sono alti circa 80 centimetri e lunghi in media un metro e mezzo. Il collo è possente, la testa porta orecchie lunghe e appuntite, corna di forma pressoché conica, curvate all'indietro, leggermente divergenti e lunghe circa 20 centimetri. Il mantello è di colore rossiccio, e lungo il collo e la prima parte del tronco forma una sorta di criniera. Una corta barbetta corre lungo la parte inferiore del muso. Il genere Capricornis comprende un'unica specie, con numerose sottospecie, alcune delle quali in via di estinzione. Sono animali poco conosciuti, essendo timidi, paurosi e straordinariamente sedentari. Il loro habitat è costituito dalle zone montuose più impervie, dai gradini di roccia più scoscesi, dalle gole montane più recondite (appartate) presenti in Asia.

La costellazione del Capricorno appare come un triangolo e alcuni astrofili l'hanno descritta anche come gli slip di un bikini. Le stelle più brillanti sono:

ALGEDI (che significa capro o stambecco), è a (alfa) Capricorni; è una stella multipla costituita da due stelle di colore giallo e arancio, quindi a1 e a2 distanti rispettivamente 1.600 anni luce e 120 anni luce. In altre parole la loro duplicità non è che un'illusione ottica. Un telescopio rivela però che ciascuna delle due stelle è a sua volta una doppia e che la compagna poco luminosa di a2 è a sua volta una doppia stretta.

DABIH, b (beta) è anch'essa una stella doppia dove la componente più luminosa appare bianca e dista 250 anni luce, mentre la compagna appare azzurra. Ma anche questo è un sistema complesso, in quanto la componente più luminosa è una tripla spettroscopica, le cui componenti cioè non sono visualmente risolvibili e possono essere percepite solo attraverso metodi spettroscopici.

NASHIRA (la fortunata) è g (gamma) ed è una stella bianca distante 100 anni luce.

DENEB ALGEDI ( la coda del capro), d (delta), è la stella più brillante della costellazione, dista 49 anni luce ed è una binaria ad eclisse.

P (pi) distante 470 anni luce, è una stella bianco-azzurra con una compagna stretta.

È opportuno ricordare che l'unità di misura astronomica anno luce è la distanza percorsa da un raggio di luce in un anno. La luce si muove con una velocità, oggi accertata, di 299.792,5 chilometri al secondo, per cui un anno luce equivale a 9,460 milioni di milioni di chilometri.

Secondo l'interpretazione comune, questo insieme di stelle raffigura una figura ibrida che nella parte anteriore è un capro mentre dalla cinta in giù ha il corpo di un pesce. Questa creatura dall'aspetto improbabile ebbe origine ai tempi dei babilonesi e dei Sumeri, che avevano una vera passione per gli esseri polimorfi, e chiamarono questa costellazione SUHUR-MASH-HA, il Pesce-Capra. È interessante notare che i sacerdoti babilonesi usavano pelli di capra come abiti sacri.

Fra i reperti archeologici della Mesopotamia ricorre spesso il simbolo del capricorno sormontato da una testa di ariete. Questo animale non ha niente a che vedere con il simbolo dell'ariete ma appartiene ad Ea, il dio principale della fase più antica della religione sumera. Ciò permette di affermare che Ea era il signore del segno del Capricorno al tempo in cui gli astronomi sumeri disegnarono la mappa del cielo. Ea era il solo dio mesopotamico considerato incoparabilmente buono. Uno dei suoi nomi antichi fu Dugga (il buono o il benevolo) ed era invocato sia come «spirito della superficie terracquea» sia come «sovrano dell'atmosfera». L'ideogramma del nome Ea significa “Dimora delle Acque”, infatti il dio dimorava negli abissi del mare, ed è da qui che probabilmente deriva la sua rappresentazione di dio pesce spesso ritratto come Pesce-Uomo o Pesce-Capra. Si diceva che era emerso quattro volte dall'oceano per insegnare agli uomini a costruire case, fondare templi, redigere leggi, per spiegare loro i principi della geometria, inoltre per insegnare a lavorare la terra e per introdurre i vari generi di arte e ogni volta si era ritirato nelle acque della notte.

Era era spesso invocato con il nome di Kusarikku, il Pesce-Ariete, e questo spiega perché un ariete era spesso rappresentato sulla schiena del Capricorno. Spesso è stato anche chiamato Oannes ma sembra che questo nome sia la forma grecizzata di Eaganna, cioè “Ea il pesce”. In quanto dio dell'acqua, gli erano sacre la regione sud della Terra e la zona sud del cielo. Bisogna ricordare che per chi viveva in Mesopotamia il sud corrispondeva al mare, l'attuale Golfo Persico, e che la regione celeste chiamata dagli astronomi “il mare” era anch'essa posta a sud. La natura anfibia è quindi comprensibile per via della sua posizione nel cielo, dove troviamo anche le costellazioni di Acquario, Pesci, Balena e Pesce Australe. È interessante notare come anche molti altri popoli collegavano la costellazione con l'acqua ma anche con una figura caprina.

Cinesi ed Egiziani la accostavano con la stagione delle piogge.

Per gli Accadi (il popolo che fondò circa nel 2500 avanti Cristo il regno di Agade o Akkadu, nella parte meridionale della Mesopotamia) era la Doppia Nave; per Caldei, Turchi, Persiani e Siriani era una Capra, mentre gli Arabi vedevano in questo gruppo di stelle uno Stambecco oppure lo definivano la “Torre di Dio” o ancora la “Porta meridionale del Sole”.

Secondo alcuni studiosi gli antichi abitanti del Golfo Persico lo interpretavano come il “Signore della Luce”, in riferimento al solstizio d'estate che circa 15.000 anni fa cadeva con il transito del Sole nel Capricorno. Infatti, retrogradando questo segno per evidenziare quando esso abbia avuto una posizione importante rispetto a solstizi ed equinozi, è risultato che dal 14.000 al 12.000 avanti Cristo qui avveniva il solstizio d'estate; dall'8.000 al 6.000 avanti Cristo l'equinozio d'autunno e dal 2.000 avanti Cristo all'inizio della nostra era, il solstizio d'inverno.

Presso alcuni zodiaci orientali veniva rappresentato come un pesce nell'atto di ingoiare un'antilope.

Per gli egiziani era il Pesce-Capra, nella zona di cielo contrapposta a Sirio, ma spesso era associato ad un ibis, sacro volatile dalla testa umana. E un ibis, non a caso, veniva sacrificato all'inizio dell'estate alla dea Iside, moglie e sorella di Osiride e collegata alla stella più brillante del cane maggiore e dell'intero cielo, Sirio appunto, una stella bianca distante 8,7 anni luce in base al moto della quale gli egizi avevano redatto il loro calendario.

Oppure era semplicemente visto come un pesce, collegandolo a Khnum, antica divinità creatrice, dio delle acque, che propiziava le piene del Nilo.

Le opinioni su Khnum mutarono nel corso della lunga storia dell'Egitto, ma in diversi antichi testi il dio ha una posizione elevata nel pantheon ed è spesso raffigurato con una testa di ariete alla sua ruota di vasaio mentre è intento a modellare i corpi di uomini e dei. Compare persino su gemme e papiri gnostici di circa duecento o trecento anni dopo la nascita di Cristo.

Per gli indiani era un coccodrillo o un ippopotamo dalla testa di capra.

Per gli aztechi era Cipactli, divinità alla quale era dedicato il primo giorno dell'anno, e il primordiale mostro marino dal quale gli dei hanno creato la Terra. Nella mitologia azteca dell'America centrale, Ometechtli, detto anche Ometeotl, è il dio supremo, onniscente e trascendente, il cui nome significa duplice signore. Esisteva al di là dello spazio e del tempo, era sia maschio sia femmina oppure nessuno dei due, era la fonte di tutta la vita. Dal nulla si era autocreato ed in seguito creò, nel tredicesimo paradiso, quattro figli: Quetzacoatl, Tezcatlipoca il nero, Tezcatlipoca il rosso, Huitzilopochtli. Un giorno i quattro si riunirono per trattare la questione della creazione. Prima crearono il fuoco, poi metà del Sole, i cieli, le acque ed un grande pesce chiamato Cipactli. La Terra è un grande disco piatto che si trova al centro del corpo del pesce e galleggia nelle Acque Celesti. L'immagine di questa divinità varia a seconda delle fonti: un narvalo, il cetaceo vivente nei mari artici e provvisto, nel maschio, di un dente canino sinistro eccezionalmente lungo (anche più di 2 metri) che sporge orizzontalmente dalla bocca attorcigliato a spirale e per questo spesso chiamato anche Unicorno o Leucorno di mare; un coccodrillo; un Serpente Dragone.

I poeti latini nominavano la costellazione come “Neptuni proles”cioè “i figli di Nettuno”. Per la parte caprina della figura va considerato che al tempo in cui il Sole raggiungeva il solstizio invernale fra queste stelle, era maturata la spiegazione, dedotta da Macrobio nei V secolo dopo Cristo, che il simbol della capra, un animale abituato a salire montagne rocciose per nutrirsi, ben si adattava al Sole che, raggiunta la sua più bassa declinazione, ricominciava la sua ascesa lungo l'eclittica durante il suo passaggio nel Capricorno.

I greci chiamavano Egocero (capra cornuta) questo gruppo di stelle che identificavano con Pan, il grande dio arcadico provvisto di corna e di zampe di caprone.

Figlio di Ermes e della ninfa Driope (ninfa della quercia) il futuro dio delle selve era così brutto e deforme che sua madre fuggì via impaurita e disgustata. Era però anche un bimbo chiassoso ed allegro ed Ermes lo avvolse con affetto in una pelle di lepre e lo portò subito a far conoscere agli dei dell'Olimpo. Questi furono talmente rallegrati dalla sua presenza che gli misero nome Pan, che il greco significa “tutto”: per questo motivo venne in seguito identificato con l'universo.

Gli antichi greci spiegarono lo strano aspetto del Capricorno identificandolo con il dio Pan quando partecipò alla Titanomachia contrubuendo in modo determinante alla vittoria di Zeus contro Tifone. Quando Tifone, il mostro che la Madre Terra aveva generato con Tartaro per vendicarsi dell'eccidio dei suoi figli, i Giganti, si lanciò con la sua mole alla conquista dell'Olimpo, gli dei fuggirono terrorizzati in Egitto e lì si nascosero assumendo forme di animali: Zeus si fece ariete, Afrodite pesce, Apollo corvo, Dioniso capra, Hera una mucca bianca, Artemide un gatto, Ares un cinghiale, Ermes un ibis e Pan cercò di mettersi in salvo tuffandosi in acqua e trasformandosi in pesce, cosa che gli riuscì solo a metà (ecco il perché dello strano aspetto).

Le dimensioni di Tifone incutevano davvero terrore: il suo corpo terminava in un intrico di serpenti, e così le mani e se allargava le braccia riusciva a toccare da una parte all'altra i confini del mondo. Con la sua testa asinina (nel sospiro dell'asino selvatico i Greci avvertivano lo spirito dello scirocco che porta i brutti sogni e suggerisce le azioni violente) arrivava a toccare le stelle.

Solo Atena non ebbe paura e, trovando il suo comportamento indecoroso, indusse il padre ad affrontare il mostro. Tifone ebbe in un primo momento la meglio su Zeus perché, nel corpo a corpo, lo avvolse tra le sue spire e gli recise i tendini di mani e piedi, quindi lo rinchiuse nella grotta dove era stato generato da Gea. Nascose poi i tendini in una pelle d'orso che affidò alla custodia della sorella Delfine, una Pitonessa il cui corpo terminava con una coda di serpente. Pan intervenne ed emise un urlo così terrificante che suscitò nella fanciulla quello che in seguito sarebbe stato chiamato “panico”, mentre Ermes le sottraeva i tendini per riattaccarli al dio. Il re degli dei riuscì allora a sconfiggere il gigantesco mostro, atterrandolo con le sue micidiali folgori e seppellendolo poi sotto l'Etna, la cui periodica attività continua a segnalare la rabbia di Tifone per la sconfitta subita.

Il significato astronomico di questo mito è facilmente leggibile: Zeus rappresenta il Sole che nel suo viaggio annuale raggiungeva il solstizio invernale, dove le forze delle tenebre e del caos sono sul punto di sconfiggerlo ma è soccorso da Pan, allegoria del Capricorno, che lo faceva rinascere liberandolo dalla grotta buia. Naturalmente questo poteva accadere quando il solstizio invernale cadeva nel Capricorno, cioè nei duemila anni precedenti la nascita di Cristo.

Una incredibile somiglianza di miti la troviamo in India.Nella lista delle stazioni Indù in questa costellazione trova casa il ventesimo nakshatra, Abhijt, “il vittorioso”, che aveva per simbolo un triangolo: sotto la sua influenza gli dei avevano vinto gli Asura, i titani indiani.

Come si è visto, l'affollamento di dei per il possesso di questa dimora è notevole e a questa pretesa al “trono” si può aggiungere quella riforma cristiana del cielo stellato operata da Julius Schiller che aveva trasformato i dodici segni zodiacali nei dodici apostoli e il pesce-caprone diventerà per breve tempo San Simone.

Prima di arrivare al capricorno, il Sole attraversa la costellazione del Sagittario dove si trova il centro della nostra Galassia e quindi i campi stellari della Via Lattea sono particolarmente ricchi. La principale attrazione di questa costellazione sono le nebulose, come M8 la nebulosa Laguna, una famosa nebulosa gassosa distante 5.000 anni luce che nelle fotografie a lunga esposizione appare di un rosso intenso, o M17 la nebulosa Omega, distante 5.000 ~ 6.000 anni luce, o ancora M20 la nebulosa Trifida, una nube luminosa poco più distante di M8.

Oltrepassato il Capricorno abbiamo lo Scorpione, ricchissimo di ammassi stellari spettacolari, come M80, distante 36.000 anni luce, M4 un ammasso poco concentrato che, distante 7.500 anni luce, è uno degli ammassi più vicino a noi, M6 che, conosciuto come ammasso Farfalla, è formato da circa 50 stelle distanti circa 1.300 anni luce. Esistono qui anche numerose nebulose, sia diffuse che planetario, tra le quali NGC 6302 nota come nebulosa Insetto, e NGC 6337 una bella nebulosa ad anella con molte stelle piccole al suo interno. Per finire c'è un grazioso nido di nebulose, NGC 6334.

Al contrario delle costellazioni che lo affiancano, il Capricorno è privo di oggetti del profondo cielo, ad eccezione di una piccola galassia spirale barrata vista quasi di fronte, NGC 6907 e dell'ammasso globulare M30 scoperto da Messier il 30 agosto 1764.

Una curiosità: Beroso, il sacerdote caldeo del IV secolo a.C. naturalizzato greco, asseriva che la Terra sarebbe stata sommersa dal diluvio quando tutti i pianeti sarebbero stati in congiunzione nel Cancro e distrutta dal fuoco quando si fossero trovati nel Capricorno. L'occasione si è presentata nel giugno 1895 con la congiunzione nel Cancro e dato che siamo ancora qui, questo ci dà speranze per il futuro incontro nel Capricorno.

Le stelle, quali luci naturali in un mondo al buio, erano simbolo di tutto ciò che trascendeva la realtà umana e venivano in maniera illusoria identificate con le divinità o con gli eroi, posti lassù a protezione delle sorti incerte dell'uomo. Cerchiamo di ritrovare la poesia che questi corpi scintillanti suscitano in noi.

 

Sole, illuminami nel profondo del cuore,
vento, portami via ansie e travagli!
Non conosco delizia più profonda sulla Terra
Che essere in cammino verso lontani orizzonti.

HERMANN HESSE

 

Monografia n.99 - 2004/4


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