Il Grande Carro
briciole di mitologia e scienza
di Annalisa Ronchi

 

I nostri avi, anche per vincere la paura della notte portatrice di insidie, trasportarono nel cielo qualcosa di familiare, che tenesse loro compagnia fino al sorgere del Sole, collegando, a formare curiosi disegni, le migliaia di luci che rischiarano il paesaggio celeste notturno, disegni nei quali gli uomini appartenenti alle diverse civiltà hanno visto cose differenti, a volte molto fantasiose e spesso senza alcuna rassomiglianza con le figure di cui portano il nome.

La terza costellazione in ordine di grandezza ma sicuramente la più conosciuta, per via dell'asterisma del Grande Carro, è la costellazione dell'Orsa Maggiore, una costellazione circumpolare, cioè una costellazione che descrive un cerchio intorno al polo celeste nord senza tramontare mai per la maggior parte dei paesi della zona temperata boreale o più a nord.

Il Grande Carro è formato da un quadrilatero e da tre stelle disposte lungo un arco che parte da un vertice del quadrilatero. La stella più brillante è Dubhe, a (alfa) majoris, una gigante gialla distante 75 anni luce. Quindi troviamo Merak, b (beta), una stella bianca distante 62 anni luce, Phekda, g (gamma), una stella bianca distante 75 anni luce, Megrez, d (delta), una stella bianca distante 65 anni luce, ed ecco formato il quadrilatero. Il timone del carro è formato da Alioth, e (epsilon), una stella bianca variabile distante 78 anni luce, Mizar, z (zeta), una celebre stella multipla. Con buoni occhi o con un binocolo, è visibile una compagna, Alcor. Mizar è distante 60 anni luce dalla Terra e Alcor 80 anni luce, quindi troppo discoste per far parte di un'autentica binaria. Infine abbiamo Benetnasch, h (eta), detta anche Alkaid, una stella bianco-azzurra distante 160 anni luce.

È utile ricordare che l'unità di misura astronomica “anno luce” (AL) è la distanza percorsa da un raggio di luce in un anno. La luce si muove con un velocità di 299.792,458 chilometri al secondo, per cui un anno luce equivale a 9,461 milioni di milioni di chilometri.

Come al solito, i nomi delle stelle sono di derivazione araba, come Dubhe che è stato abbreviato da Tolomeo (nella sua lista tradotta letteralmente dall'arabo) da Thahr al Dubb al Akbar, “la schiena della Grande Orsa”. Merak deriva da Al Marakk, “il fianco”, mentre Phelda è “la coscia”. Megrez viene da Al Maghrez, “la radice della coda”. Alioth è un nome derivato da Alyat, la larga coda delle pecore mediorentali. Mizar è “la cintura”, nome impropriamente datole da Sealiger per sostituire quello originale, Mirak. Alcor è una famosissima stellina del folklore astronomico; gli arabi la chiamavano Suha, “la dimenticata”, perché è solo visibile a chi ha buona vista e c'era un proverbio per chi non andasse troppo per il sottile: “gli ho mostrato Suha e costui mi mostra la Luna”.

Benetnasch proviene da Kaid Banat al Naash, “la figlia addolorata della lettiga”, nome suggerito dal moto lento e maestoso delle sette stelle intorno al Polo, visto presso alcuni popoli come un funerale.

Gli arabi avevano chiamato le quattro stelle che formano il quadrato “la Bara”, mentre le tre stelle della coda erano i tre addolorati che seguivano il feretro.

Presso gli arabi del Golfo Persico si raccontava la storia di Al Naash (Naash significa lettiga mortuaria) e dei suoi figli. Al Naash era stato assassinato da Al Jadi, la Stella Polare, e i suoi figli, le tre stelle della coda, ogni notte seguivano la lettiga assetati di vendetta. La stella Mizar rappresenta la figlia di Al Naash con in braccio il figlioletto, la stellina Alcor, mentre l'astro Suhail (Canopo) arriva lentamente in loro aiuto dal sud.

Più tardi le sette arabo-cristiane chiamarono il quadrato del carro Naash Laazar, “la lettiga di Lazzaro”, mentre il corteo funebre era formato da Maria, Marta ed Ellemath o, in un'altra versione, Maddalena.

La Stella Polare, Polaris, a (alfa) Ursae minoris, è una supergigante gialla distante circa 700 anni luce. A circa 1° si trova l'attuale polo nord celeste, ma sarà verso il 2.100 che la precessione porterà Polaris alla minima distanza dal polo.

Canopo è la seconda stella più brillante del cielo, visibile solo dall'emisfero australe, ed è una supergigante giallo-bianca distante 1.200 anni luce. Prende il nome dal pilota della flotta del re Menelao e, abbastanza appropriatamente, questa stella è ora usata come guida per la navigazione spaziale. In questa zona del cielo sono presenti ricchi ammassi stellari.

Gli egizi vedevano nell'asterisma del Grande carro un grande Ippopotamo o l'imbarcazione che portava il dio Osiride sul Nilo. Mentre molti popoli hanno rappresentato l'Orsa con una lunga coda, che nessuna razza di orsi possiede.

Le stelle Merak e Dubhe puntano in direzione della Stella Polare e per questo vengono chiamate Puntatori o i Cani di Punta; occorre tracciare una immaginaria linea che unisca queste due stelle e prolungarla dal lato della più brillante (Dubhe). Riportando per cinque volte la distanza tra le due stelle su questa retta, giungiamo alla Stella Polare.

L'essere in una posizione così strategica ha fatto sì che intorno a questa figura siano sorte innumerevoli leggende, poesie e simboli, il più conosciuto dei quali riguarda appunto l'Orsa stellare, quasi sempre femminile, l'animale che l'immaginazione popolare associa sempre col freddo e con il nord. Il nome greco per orso era Artos e da questa radice proviene il nome “artico”.

I romani denominarono le sette stelle “septem triones”, ovvero i “sette buoi”, da cui deriva i nome “settentrione” per indicare il nord, perché, con il loro incedere maestoso e regolare intorno al Polo Celeste ricordavano i buoi durante l'aratura.

Nella leggenda greca l'Orsa era la trasposizione stellare della ninfa Callisto, figlia o nipote di Licaone, il re dell'Arcadia. Callisto era un'ancella del seguito di Artemide, la dea della Caccia, rapita e messa in cinta da Zeus. Poiché le ancelle di Artemide dovevano rimanere illibate come la dea di cui erano al servizio, quando quest'ultima si accorse di quanto era accaduto la trasformò in Orsa.

«... le braccia di velli
neri divengono irsute, s'incurvan le mani crescendo
con l'unghie adunche e facendosi piedi, e la bocca, da Giove
tanto lodata una volta, si sforma con fauci di belva.

E, perché l'alme non pieghi con preci e possenti parole,
vieta che possa parlare. La voce rabbiosa risuona
e minacciosa e tremenda quand'esce dall'ugola rauca...
»

Ovidio, Le metamorfosi

Ma pare che il termine Callisto sia molto più antico e derivi dal nome fenicio della costellazione, Kalitsah, che vuol dire “sicurezza”: essendo i Fenici un popolo di naviganti, l'osservazione di questo asterisma li aiutava a compiere i loro viaggi con precisione, come descriveva Arato, in Phenomena, nel 300 avanti Cristo:

«L'asse (della terra) è sempre fermo, mentre la Terra mantiene il suo equilibrio al centro e intorno gira il cielo. Anche i due poli terminano ad ogni estremità; uno non è visibile ma l'altro al nord sorge alto sopra l'oceano. Intorno a questo, due Orse sono disposte circolarmente, esse sono normalmente chiamate Carri. Ciascuna ha la testa invertita verso i fianchi dell'altra, ma sempre poste di schiena mentre le spalle sono alternativamente capovolte. Una delle Orse è chiamata Cynosura (Ursa Minor) e l'altra Elice (Ursa Major). I Greci pongono fede in Elice per gli affari navali e l'orientamento delle navi. I Fenici si affidano a Cynosura durante i loro viaggi. Elice è luminosa e facilmente osservabile sin dall'inizio della notte. L'altra al confronto è più oscura ma, nonostante questo, più utile al marinaio perché gira in un cerchio minore».

I nomi Cynosura o Cinosaura ed Elice derivano dal mito delle nutrici di Zeus, le quali sono riuscite a crescere il futuro padre degli dei malgrado i tentativi di ucciderlo da parte di Crono, suo padre.

Un mito comune agli indiani algonchini e agli irochesi, che abitavano il nord-est degli attuali Stati Uniti ed il sud-est dell'attuale Canada, riguarda la storia di un'orsa, rappresentata dalle quattro stelle del quadrato del Carro, inseguita da sette cacciatori celesti.

Nella tarda primavera l'Orsa si risveglia dal letargo ed esce dalla tana, raffigurata dal gruppo di stelle della Corona Boreale.

La Corona Boreale è una antica costellazione formata da un arco di sette stelle, nel quale la stella più brillante è a (alfa) chiamata Gemma, una stella bianco-azzurra distante 78 anni luce. Questa costellazione contiene un famoso ammasso di circa 400 galassie, distante oltre un miliardo di anni luce e chiamato Abell 2065.

Appena discende dalla collina in cerca di cibo, un cacciatore, Chickadee, la vede ma essendo troppo piccolo per cacciarla da solo, chiama altri cacciatori in aiuto.

Chickadee è Mizar ed è detto così perché la tale stella è più piccola delle altre ed il Chickadee è un piccolo uccello americano.

Vicinissima a Mizar c'è Alcor che simboleggia la pentola nella quale sarà cucinata la carne.

I cacciatori sono affamati ed inseguono per tutta l'estate la preda lungo l'orizzonte settentrionale. In autunno uno dopo l'altro i cacciatori cominciano a perderne le tracce. Il primo a ritirarsi è Gufo, il più grosso e dal volo meno aperto, rappresentato dalla stella Arturo a (alfa) Bootis.

Arturo, la quarta stella del cielo per luminosità, è una gigante rossa 24 volte più grande del Sole e distante 36 anni luce e fa parte della costellazione del Boote. Ha una massa simile a quella del Sole e si ritiene che, tra 5 miliardi di anni, il nostro Sole si gonfierà fino ad assomigliare ad Arturo. È una stella facile da individuare: il timone ricurvo del Grande Carro punta nella sua direzione.

Quindi è la volta di Ghiandaia blu, Mufrid, h (eta) Bootis per via dei suoi riflessi blu. Poi Saw-whet, un uccellino con la testa ornata da penne rosse è Izar, e (epsilon) Bootis, per la sua tinta rossastra, infine Piccione, Haris, g (gamma) Bootis.

Così rimangono solo Chickadee, Pettirosso (Alioth), detto così perché questa stella avrebbe un riflesso rosso, e Uccello-Alce (Benetnasch).

Queste sparizioni dalla caccia riflettono il fatto che da ottobre in poi queste stelle non sono più visibili.

È solo a metà autunno che i cacciatori rimasti riescono, finalmente, a catturare la preda.

L'Orsa, attaccata, si alza sulle gambe posteriori e si appresta a difendersi, ma Pettirosso la colpisce con una freccia e la fa cadere all'indietro sulla schiena (posizione che assumono le stelle dell'Orsa d'inverno, quando sono sottosopra rispetto alla Stella Polare).

La Stella Polare, Polaris, a (alfa) Ursae minoris, è una supergigante gialla distante circa 700 anni luce. A circa 1° si trova l'attuale polo nord celeste, ma sarà verso il 2.100 che la precessione porterà Polaris alla minima distanza dal polo.

Pettirosso nella fretta si avvicina alla preda e viene completamente coperto di sangue, allora vola svelto nel cielo sopra un bosco di aceri e cerca di scrollarsi di dosso il sangue finché non ci riesce, eccetto che per una piccola macchia sul petto. Il sangue che Pettirosso si scrolla si sparge nell'aria e scende sulle foreste della Terra: ecco perché gli alberi si tingono di rosso in autunno.

Chickadee raggiunge la preda e con Pettirosso tagliano l'Orsa, accendono un fuoco e cuociono la carne nella pentola. Finalmente arriva Uccello-Alce, che arriva al momento giusto per dividere la carne cotta a puntino. Per questo motivo è soprannominato “Colui che arriva all'ultimo momento”.

Su nel cielo, durante l'inverno, lo scheletro dell'orsa giace sulla schiena, ma il suo spirito è entrato in un'altra Orsa che è invisibile dentro la Tana e sta dormendo il lungo sonno invernale. Quando la primavera tornerà, il ciclo riprenderà.

Molto spesso, però, le sette stelle dell'Orsa sono stati associati ad un carro. I Sumeri le chiamavano “il lungo carro”, nella grecia arcaica erano associate alla “Ruota di Issione”, che simboleggiava il movimento circolare della costellazione intorno al polo, mito che sembra provenire dal dio sanscrito Ashivan, il cui nome significa Auriga dall'Asse; asse, Axsha, era la parola sanscrita per carro, che i greci importarono come Ixion o Issone.

Un'antica leggenda celtica sulla Tavola Rotonda di re Artù (o Arturo) associava il re al Grande Carro e all'Orsa. Il nome Arturo deriva dal gallese Arth = Orso e Uthyr = Luminoso. La costellazione, descrivendo visibilmente un cerchio nella regione polare del cielo, potrebbe rappresentare la vera origine della famosa Tavola Rotonda del figlio di Pendragon.

Per questo, ancora nel secolo scorso in Galles, in Cornovaglia e in Inghilterra l'asterismo è stato chiamato Arthur's Wain, il carro di Arturo:

«...Arthur's slow wain his course doth roll,
in utter darkness, round the pole ...
»

Lay of the last Minstrel

Continuando con l'immagine del carro, in Mesopotamia era MAR.GID.DA, il carro, in Irlanda era conosciuto con il nome di King David's Chariot, il Carro di re Davide, uno degli antichi re dell'isola, oppure in altri parti dell'europa era il Carro di Carlo, in onore di Carlo Magno, il primo imperatore del Sacro Romano Impero che regnò dall'800 al 814.

La lista dei titoli assegnati alle sette stelle sarebbe molto lunga: in molte popolazioni euro-asiatiche era l'aratro, in Francia divennero una casseruola, una mannaia del macellaio o una chioccia seguita dai pulcini; nell'antica corte cinese erano il Governo (la Stella Polare era l'Imperatore), ma in campagna i contadini le chiamavano Pih Tow, lo Staio, e poeti e mistici Ten Li, la Ragione Celeste; nel settecento cristiano divennero la Barca di Pietro; nei paesi di lingua inglese sono il Mestolo, the Big Dipper.

Il Grande Carro è immerso in un mare di galassie, delle quali M 81 (NGC 3031) è una bella galassia spirale e una delle più brillanti di tutto il cielo. È posta a 10,5 milioni di anni luce di distanza da noi e non è diversa dalla nostra Galassia. Ha bracci sottili e poco luminosi ma il disco è lumnoso ed esteso, con un nucleo stellare. M 82 (NGC 3034) è una galassia molto vicina a M 81 ma meno brillante. Il suo aspetto, al telescopio, ricorda quello di un sigaro attraversato da festoni più scuri, che si ritiene facciano parte di un'immensa struttura, emessa violentemente a seguito di una violenta esplosione oppure in caduta verso il centro, sono quindi in azione meccanismi non ancora pienamente compresi: è definita “galassia attiva”.

M 101 (NGC 5457) è una famosa galassia spirale distante 23 milioni di anni luce. Le fotografie a lunga esposizione mostrano che è una galassia visibile di faccia, con bracci di spirale molto ben sviluppati.

Altre galassie presenti sono denominate NGC 2841, NGC 2976, NGC 3079, NGC 3184, NGC 3198, NGC 3319, M 108, NGC 3726, NGC 3938, NGC 3953, M 109, NGC 4605. NGC è la sigla di New General Catalog creato da J. L. E. Dreyer (1852 - 1926) e successivamente ampliato.

Oltre a questi corpi celesti, è presente M 97 (NGC 3587), una grande ma poco luminosa nebulosa planetaria distante 2.600 anni luce. È chiamata Nebulosa Civetta poiché sono visibili una stella centrale e due chiazze scure all'interno del disco, gli “occhi della civetta”.

 

Piccola Curiosità

Se si disegnano nello stesso foglio le sette stelle nelle quattro posizioni stagionali e si traccia la croce che passa dalla stella polare, si ottiene una svastica perfetta, simbolo solare (fino agli anni `30, poi divenuto simbolo di oscurità) ricorrente in molte culture: questa coincidenza è alla base della leggenda che vuole l'origine della svastica da questo gruppo stellare.

 

Anche se raccolgo tutto
non posso avere tutto:
ha tutto
chi ha la verità nel cuore.

[Tagore, Scintille]

 

Monografia n.67-2001/10


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