Le costellazioni dello zodiaco:
I GEMELLI
di Annalisa Ronchi

 

Una linea immaginaria che dalla stella Aldebaran passa tra le corna del Toro, porta alle due stelle che appartengono alla costellazione dei Gemelli. Quella più in alto è Castore, l’altra, la più brillante, è Polluce.

Questa costellazione è ben visibile da dicembre a maggio.

I naviganti la tenevano in grande considerazione perché il Sole, entrando nei Gemelli, segnava la fine delle tempeste invernali e le navi potevano riprendere a navigare. Altari e statue erano innalzati a Castore e Polluce sulle navi per propiziare una navigazione tranquilla. Molti porti, fra cui Ostia e Alessandria, avevano le statue di Castore e Polluce ai due lati dell’ingresso dal mare.

Probabilmente i “Bronzi di Riace”, ritrovati sul fondo marino vicino alla costa calabra, erano statue dei due gemelli.

Per i Romani le corse delle quadrighe erano poste sotto la protezione di Castore e Polluce nati da uno stesso uovo. I giri compiuti dalle quadrighe erano indicati da uova e simboleggiati da 2 delfini, altra raffigurazione storica dei Dioscuri (da Dios Kuroi, nome che significa “figli di Zeus”).

La madre dei due fratelli era la bella Leda, sposa di Tindaro, re di Sparta. La donna si unì durante la stessa notte sia con il legittimo sposo, sia con Zeus sotto forma di un cigno e da quella notte di passione nacquero due uova: da quella che era frutto dell’incontro con il dio vennero alla luce gli immortali Polluce e d Elena (la donna fatale che fece scoppiare la guerra di Troia); da quello originato dall’amore con Tindaro, i mortali Castore e Clitennestra.

La costellazione di Cygnus rappresenta un cigno che vola via dal fiume della Via Lattea. La stella più brillante è Deneb, la coda dell’animale. Deneb è una supergigante bianco-azzurro distante 1800 anni luce che fa parte del famoso triangolo estivo insieme a Vega della Lira e ad Altair dell’Aquila. Nel Cigno possiamo vedere M 39 (NGC 7092), distante 800 anni luce, un grande ammasso aperto di 30 stelle, ma gli spettacoli più affascinanti sono rappresentati da NGC 7000, la cosiddetta Nebulosa Nord America, detta così per via della forma, e l’incredibile Velo del Cigno, un vasto, sottile involucro di gas e polveri che è ciò che resta di una supernova esplosa circa 20.000 anni fa.

I due gemelli, inseparabili, parteciparono a molte imprese, iniziando molto precocemente la loro carriera eroica liberando la sorella Elena rapita ancora bambina da Teseo. Presero parte alla spedizione degli Argonauti, durante la quale I due fratelli, con grande coraggio, salvarono l’equipaggio della nave durante una terribile tempesta nei pressi delle foci del Rodano, e da allora divennero protettori dei marinai. Anticamente si riteneva che la presenza di Castore e di Polluce sulle navi si rendesse visibile attraverso ciò che noi oggi chiamiamo “fuochi fatui” o “di Sant'Elmo”: delle specie di fiammelle o scintille di natura elettrostatica che durante i temporali appaiono alle estremità delle strutture metalliche delle navi. Se si manifestavano in coppia erano di buon auspicio e la nave veniva considerata sotto la protezione dei due gemelli, ma se avveniva l’apparizione di una sola fiamma, era considerato un cattivo presagio.

I gemelli parteciparono inoltre alla caccia al cinghiale Calidonio, inviato da Artemide a devastare le terre del re Oineo, che l’aveva trascurata in un sacrificio in onore degli dei.

Quando Castore fu ucciso da Ida, in una disputa riguardante una mandria (o, in altre versioni, una fidanzata) Polluce divenne inconsolabile. In risposta alla sue preghiere di morire a sua volta o di ottenere l’immortalità per il fratello, Zeus li ricongiunse, autorizzandoli a stare insieme per metà del tempo agli inferi e per metà in cielo.

La costellazione di Gemini è una delle poche a comprendere due stelle di prima grandezza, che individuano i capo dei due fratelli.

Queste sono Castore a (alfa) Geminorum, il guerriero e cavaliere, che non può essere chiamata stella dato che è un sistema multiplo, poiché ciascuna delle tre componenti principali è a sua volta una coppia stretta. A occhio nudo è visibile come un astro bianco-azzurro, distante da noi 45 anni luce.

Polluce b (beta) Geminorum, il pugile, si trova a sud-est di Castore ed è la stella più brillante della costellazione. Alcuni astronomi suppongono che Polluce fosse originariamente più debole di Castore e che in seguito la sua luminosità sia aumentata o che, al contrario, sia diminuita quella di Castore. Polluce è una gigante arancio distante 85 anni luce, la cui temperatura superficiale è solo di poco inferiore a quella del Sole del quale è però quattro volte più grande e 35 volte più luminosa.

Tra le altre stelle che compongono la costellazione vale la pena di ricordare:

Alhena, g (gamma) una stella bianco-azzurra distante 85 anni luce.

Wasat, d (delta) una stella bianco crema distante 59 anni luce e che ha per compagna una nana arancio. Nei pressi di Wasat, nel 1930, fu scoperto il pianeta Plutone da Clyde Tombaugh.

Mebsouta, e (epsilon) è una supergigante gialla distante 680 anni luce e nei suoi pressi Wilhelm Herschel scoprì il pianeta Urano nel 1781.

Mekbuda, z (zeta) distante 1.400 anni luce, è contemporaneamente una stella variabile e una doppia ottica, dove la stella principale è una supergigante gialla.

Tejat prior, h (eta), distante 190 anni luce, è una doppia nella quale la componente principale è una gigante rossa.

Essendo ben visibili soltanto Castore e Polluce, queste due stelle sono state spesso ritenute una costellazione a sé (esattamente come, ad esempio, le tre stelle della cintura di Orione) e questa coppia ha spesso evocato immagini fantasiose, diverse in base all’ambiente del popolo considerato.

Per i Lapponi erano Cuoigahaegjek “i due sciatori”, mentre per gli Inuit ritraevano gli stipiti di un Igloo.

Tra i Dogon, che vivono nel deserto africano del Tenéré, la costellazione è identificata con due gemelli di sesso opposto dai quali avrebbe avuto origine l’umanità. Perciò ogni nascita di gemelli è da loro salutata con gioia e acclamata come simbolo di fecondità e di perpetuazione della stirpe.

I Fenici vedevano in queste due stelle una coppia di caprette, gli Arabi una coppia di pavoni, mentre nell’antico Egitto vi si ravvisavano due piante germoglianti, ma erano anche identificate con le due fasi di giovinezza e maturità di Horus (i cui occhi erano il Sole e la Luna). Nei testi delle piramidi si narra del combattimento cosmico fra Horus e Seth, nel corso del quale Seth riuscì a strappare un occhio al suo avversario: Horus riuscì a ritrovarlo e, dopo averlo purificato, lo chiamò Udijat (Colui che è in Buona Salute). Il simbolo dell’occhio, molto usato in svariati culti, è stato tradotto nell’occhio di Dio racchiuso in un triangolo, come esempio basta pensare al dollaro americano.

Nei Veda indiani a (alfa) e b (beta) identificavano gli “dei gemelli” Aswin (figli gemelli del Sole o del cielo che, eternamente giovani e belli, cavalcano innanzi ad Aruna, l’alba) e in Mesopotamia erano una coppia di giovinetti. Si trovano tracce della costellazione in esame già nei cippi babilonesi, dove le due stelle sono raffigurate accanto alla Luna crescente, in quanto annunciavano l’equinozio di primavera. Oggi invece, per il moto di precessione, il Sole raggiunge nei Gemelli la massima declinazione boreale, cioè il solstizio estivo.

Anche se non collegati direttamente alla costellazione, nei miti del mondo compaiono spessissimo coppie di gemelli, ecco qualche esempio:

In Europa, oltre ai famosi Dioscuri troviamo i famosissimi Romolo e Remo, figli di Marte e di Rea Silvia, figlia a sua volta di Numitore, re di Alba Longa. Numitore fu spodestato dal fratello Amulio che tra le altre cose costrinse Rea Silvia a diventare vestale, per evitare che potesse avere figli. Dopo la nascita dei gemelli, Amulio imprigionò Rea Silvia e gettò i neonati nel Tevere. Furono salvati dal pastore Faustolo che li fece allattare da una lupa. Cresciuti, restituirono il trono al nonno Numitore quindi decisero di fondare una loro città sul colle Palatino, ma nel corso di un litigio Romolo uccise Remo. La rappresentazione artistica più famosa è la statua di bronzo (assemblata in verità in due tempi successivi) che raffigura Romolo e Remo allattati dalla lupa, visibile oggi ai Musei Capitolini.

Ma sono conosciuti anche Anfione e Zeto, originari della Beozia e figli di Antiope e Zeus. Appreso che Zeus, sotto le sembianze di un satiro, aveva sedotto Antiope, il padre Nitteo minacciò di punirla. La giovane fuggì e si recò a Tebe dal re Epopeo che però era stato ucciso, e quindi spodestato, dal fratello Lico. Antiope fu ricondotta dal padre e, quando la figlia partorì, il nonno fece esporre sul monte Citerone i neonati perché morissero. Nel frattempo Antiope veniva tenuta prigioniera da Dirce, moglie di Lico. I due bambini, raccolti ed allevati da un pastore, crebbero con interessi diversi infatti Anfione si dedicava alla musica mentre Zeto alle arti marziali. Il primo innalzò un altare ad Apollo, che lo compensò con il dono di una lira. Anfione modificò poi lo strumento aggiungendo 3 corde alle 4 che la lira già possedeva. Aveva imparato l’arte della musica presso il popolo dei Lidi, al quale si era imparentato sposando Niobe, la figlia del re Tantaro. Antiope riuscì a fuggire e ritrovati i figli, ormai adulti, si fece riconoscere. Essi, decisi a vendicarla, reclutarono un piccolo esercito e con esso attaccarono Tebe. Vinsero, spodestarono Lico, uccisero ferocemente Dirce (legandola alle corna di un toro che la straziò trascinandola tra le rocce) quindi si proclamarono reggenti di Tebe.

Nella mitologia greca Efialte e Oto erano figli gemelli di Poseidone e di Ifimedia. Gli Aloadi, come erano anche conosciuti, crescevano ogni anno un cubito (equivalente a 44,4 centimetri) in larghezza e un braccio (circa 1,80 metri) in altezza cosicché a nove anni erano alti circa 17 metri. Erano talmente forti che riuscirono a incatenare il dio Ares e a tenerlo prigioniero in un barile di bronzo per tredici mesi, finché Ermes non andò a liberarlo. Si narra che ammassarono il monte Pelio sul monte Ossa nel tentativo di raggiungere l’Olimpo per combattere gli dei.

Se raggiungiamo il continente sud americano, presso gli indios Bakairi del Brasile centrale si narra degli eroi culturali Keri e Kame. Erano figli di Oka, il giaguaro, e di sua moglie che era rimasta incinta ingoiando due ossa di un dito. Sua suocera, Mero, la odiava e l’assassinò ma, prima della sua morte, lo zio dei gemelli, Kuara, eseguì un taglio cesareo che li salvò. Diventati adulti, uccisero la malvagia nonna bruciando la foresta in cui si trovava ma rimasero gravemente feriti nell’incendio. Per recuperare la salute, decisero allora di passare dalla forma animale alla forma umana. In seguito sistemarono il Sole e la Luna in cielo, separarono il cielo dalla terra, crearono il fuoco dall’occhio della volpe e l’acqua dal Grande Serpente, poi i due fratelli andarono ognuno per la propria strada.

Salendo verso nord, tra i Maya sono noti Hunahpœ e Xbalanqœe, dei-eroi gemelli del Popol Vuh, libro sacro degli antichi Maya Quitché del Guatemala. Un giorno Hun-Hunahpœ, padre di Hunahpœ e di Xbalanqœe, giocando a palla con i suoi fratelli arrivò nei pressi di Xibalba, l’oltretomba della mitologia Maya. I signori di Xibalba lo sfidarono a giocare a palla e alla fine della partita lui e i suoi fratelli furono uccisi. La testa di Hun-Hunahpœ fu posta su un albero che immediatamente fruttificò. Passò da quelle parti Xquic, figlia di un signore di Cuchumaquic, che attirata dai frutti maturi, cominciò a coglierli, ma sul palmo della mano cadde un poco di saliva proveniente dalla bocca di Hun-Hunahpœ. «Con la mia saliva e il mio sputo, ti ho dato la mia discendenza» disse l’albero a Xquic. La fanciulla diede poi alla luce Hunahpœ e Xbalanqœe. Cresciuti, incontrarono anche loro i signori di Xibalba, e nell’oltretomba incorsero in molte avventure (la Casa delle Tenebre, la Casa dei Coltelli, la Casa del Giaguaro) fino a giungere alla Casa dei Pipistrelli dove incontrarono il dio vampiro Camazotz. Per salvarsi, i fratelli si nascosero in una cerbottana, così che i pipistrelli volarono tutta la notte senza poterli toccare. Al mattino Hunahpœ andò a vedere se era apparso il Sole e Camazotz gli tagliò la testa, che sarebbe stata usata per il gioco della palla se non fosse tornata miracolosamente al suo posto. Quindi facendo ricorso ad un trucco e alla magia, i due gemelli sconfissero i signori di Xibalba. Hunahpœ e Xbalanqœe si uccisero vicendevolmente e risorsero. Al vedere questo prodigio i signori vollero provare ma i nostri eroi li accontentarono, scaltramente, solo per la prima parte della magia.

Ma è tra i pellerossa che si trova una sovrabbondanza di gemelli mitologici, qui infatti quasi ogni gruppo vede nei propri miti la presenza di gemelli, uno dei quali è spesso buono e generoso mentre l’altro, meschino e perverso, sembra condividere le vedute del Mefistofele di Goethe per cui tutto quello che è creato merita di venire distrutto.

Gluskap e Malsum erano gli eroi degli indiani Abnaki, popolazione originaria delle foreste del nordest degli Stati Uniti. I due fratelli iniziarono a litigare fin dal grembo materno. Giunto il tempo di nascere, discussero anche di questo. «Io nascerò come tutti gli altri» disse Gluskap.
Ma Malsum, avendo un animo malvagio, affermò che non era giusto che egli nascesse come tutti gli altri, voleva che la sua venuta al mondo fosse un evento eccezionale. Gluskap nacque per primo in modo naturale, mentre Malsum uscì a forza dall’ascella della madre, uccidendola. Ognuno dei fratelli poteva essere ucciso solo da un oggetto specifico, essendo dotati di una vita fatata. Malsum chiese a Gluskap quale fosso l’elemento che lo rendeva vulnerabile ed egli rispose che sarebbe morto se lo avessero toccato con una piuma di gufo. Malsum a sua volta confessò al fratello di essere sensibile ad una particolare specie di felce. Approfittando del fatto di sapere che cosa rendesse vulnerabile Gluskap, Malsum lo toccò con la piuma di gufo. Tuttavia, Gluskap cadde soltanto in uno stato di non morte da cui, con grande disappunto del fratello, riuscì a risorgere. Mentre Gluskap creò il cielo, la terra, gli animali, i pesci e dal corpo della madre, l’essere umano, Malsum creò le montagne, i serpenti, le malattie e tutto quanto poteva recare disturbo agli uomini.
L’inimicizia tra i due terminò quando Gluskap, ormai esasperato, colpì Malsum con la famosa felce e lo uccise. Quindi per proteggere l’umanità Gluskap rese il paesaggio meno impervio e cercò di contenere le forze della natura, poi decise che era giunto il tempo di lasciare il mondo. Diede allora una festa per gli animali sulle rive di un lago, durante la quale si allontanò in canoa. Nel momento in cui gli animali non lo videro più né udirono più il suo meraviglioso canto, si accorsero che non erano più in grado di comprendere l’uno la lingua dell’altro e fuggirono ognuno nella propria tana.
La leggenda continua affermando che un giorno Gluskap tornerà per far tornare la pace tra uomini ed animali.

Tra gli Irochesi si raccontava di due divinità, due gemelli, uno buono e l’altro malvagio, Iouskeha e Tawiscaron. Anche loro, come i precedenti, iniziarono a litigare già nel grembo materno. Dopo la nascita Tawiscaron uccise la madre. Consapevoli del proprio potere, ognuno pretendeva di dominare sull’altro. Iouskeha (chiamato anche Hah-gweh-di-yu) rivendicava il diritto di abbellire la terra, mentre Tawiscaron (Hah-gweh-da-et-gah) era determinato a distruggerla. Iouskeha modellò il cielo con il palmo della mano e creò il Sole dal volto della madre morta, così che il suo viso sarebbe stato splendente per sempre, ma il malvagio fratello creò l’oscurità per far calare le tenebre. Allora, il gemello buono estrasse dal petto della madre la Luna e le stelle e le condusse a guardia del cielo notturno, quindi diede alla terra il resto del corpo della madre, da cui sarebbe nato tutto ciò che è utile: montagne, valli, foreste, alberi da frutto e animali buoni come il cervo. Ma Tawiscaron creò i mostri che dimorano nel mare, gli uragani, le tempeste, le belve feroci, i rettili velenosi. Quando tutto fu completato Iouskeha concesse alle sue creature uno spirito protettivo, poi chiese al fratello di fare pace. Questi, in tutta risposta, lo sfidò per conquistare il dominio del mondo. Dopo una lotta furiosa, Iouskeha vinse e Tawiscaron fu esiliato sottoterra, da dove non può uscire, ma da dove invia ancora dei servitori, che possono assumere qualsiasi aspetto, per continuare la sua opera di distruzione. ma il buon Iouskeha continua a creare e a proteggere.

Kukumatz e Tochipa sono i fratelli gemelli creatori degli indiani Mojave. Figli della terra e del cielo i due, avendo bisogno di più spazio, sollevarono il cielo. Quindi fissarono i punti cardinali e crearono i primi uomini. Kukumatz (in alcune versioni chiamato Hokomata) insegnò al genere umano le arti provocando l’invidia del gemello Tochiba (Tochopa) che portò tra gli uomini la guerra. In preda all’ira, Kukumatz provocò un diluvio che distrusse tutta la vita, salvando solo Pukuheh, una fanciulla che generò con il Sole un figlio maschio e con la cascata una figlia femmina. A partire da queste due creature, la terra si ripopolò.

Quindi ecco Masewi e Oyoyewi, che nella mitologia degli indiani Acoma erano gli spiriti gemelli della guerra che furono mandati dalla loro madre per posizionare correttamente nel cielo il Sole, e per assegnare i nomi delle tribù.

Allontaniamoci ora per giungere in Melanesia, sull’isola della Nuova Britannia, dove To-Kabinana, eroe-creatore e amico del genere umano, era (anche qui! ) l’opposto del fratello gemello malvagio To-Karvuvu.

Ma i più esagerati sono stati gli Egizi, in due generazioni ben quattro gemelli. Al principio esistevano solo le acque di Nun, il caos nelle cui profondità giaceva addormentato lo spirito del creatore. Da Nun emerse una collinetta sabbiosa (rappresentazione dell’Egitto), sulla quale, prendendo l’aspetto di una fenice, si posò il creatore, Atum-Ra, il Sole.

Atum-Ra, tenendo il fallo in pugno ed eiaculando diede vita ai gemelli Shu (dio dell’aria) e Tefnut (dea dell’umidità). Versioni meno esplicite dicono che fu uno sputo o uno starnuto a dare vita ai due gemelli. Dall’unione di Shu con Tefnut sono poi nati i gemelli Nut (il cielo) e Geb (la terra).

Elencare tutti i gemelli mitologici è impossibile, ma si può accennare a Valentine e Orson, protagonisti di alcune leggende medioevali francesi, quindi ad Apollo e Artemide, figli di Latona e di Zeus, oltre ai biblici Giacobbe ed Esaù.

Ora, se siete a conoscenza di altre coppie di gemelli leggendari, per favore fatemelo sapere, sono curiosa.

Ma scientificamente cosa si intende con la parola “gemelli”?

Aristotele ritenne il concepimento dei gemelli la conseguenza di un rapporto sessuale accompagnato da un surplus di materia seminale: «si ha in un colpo solo l’emissione da parte del maschio di una quantità di sperma in grado di formare più esseri».

In realtà, dopo che un’unica cellula uovo è stata fecondata da un’unico spermatozoo, può accadere che precocemente si abbia una suddivisione della massa cellulare in due o più porzioni distinte, che continuano poi il loro sviluppo separatamente fino a diventare due o più individui completi assolutamente identici per sesso, caratteristiche genetiche e somatiche. Nei Mammiferi, a seconda del momento più o meno precoce in cui è avvenuta la suddivisione della massa embrionale, i gemelli possono avere placente distinte (Dicoriali), sacchi amniotici distinti (Diamniotici), oppure presentarsi con un’unica placenta (Monocoriali) o addirittura entro lo stesso sacco amniotico (Monoamniotici). Quando la divisione avviene dopo il 14° giorno, si avranno i cosiddetti “gemelli siamesi”.

In generale, si tratta del fenomeno chiamato poliembrionia, che significa formazione di più embrioni a partire da un unico zigote, un caso particolare di riproduzione per scissione presente in molti esseri vegetali (per esempio nell’arancio, il cui seme contiene più embrioni) oltre che tra gli Imenotteri, gli Anellidi (lombrichi), l’Armadillo e, anche se raro, anche nell’uomo, dove avremo la nascita dei cosiddetti “gemelli omozigoti” detti anche monozigoti o “gemelli veri”.

Gli Armadilli, mammiferi viventi nell’America Centrale, presentano ordinariamente tale stranezza, la femmina infatti partorisce sempre 4 piccoli dello stesso sesso e geneticamente identici. Si tratta di quattro gemelli attaccati ad un’unica placenta: nascono tra febbraio e marzo perfettamente sviluppati.

Gli armadilli fanno parte dell’ordine degli Sdentati, ma non sono privi di denti, anzi al contrario questi possono essere presenti anche in grande numero: nell’armadillo gigante troviamo anche un centinaio di molari semplici, privi di radici e di smalto.

Quando invece, più frequentemente, più cellule uovo vengono fecondate da altrettanti spermatozoi, abbiamo i “gemelli eterozigoti” detti anche “gemelli fraterni” o “fratelli nati contemporaneamente”, i quali sovente sono individui molto diversi fra loro, spesso di sesso differente e dal punto di vista genetico la loro somiglianza e la loro affinità è pari a quella tra due fratelli della stessa famiglia.

La parte occidentale della costellazione dei Gemelli è attraversata dalla Via Lattea e comprende svariate e interessanti ammassi e nebulose.

Oggetti notevoli che è possibile osservare nell’area di questa costellazione sono: M 35 (NGC 2168), a nord ovest di Tejat prior, è un ammasso stellare grande e brillante, ben visibile con un binocolo e formato da circa 120 stelle distanti 2.600 anni luce e disposte in catene ricurve; NGC 2392, a sud di Wasat, è una nebulosa planetaria distante 1.400 anni luce, chiamata Eschimese (in altri testi anche Maschera di Clown) per la forma con cui appare nei grandi telescopi. Debolissimo è IC 443, posto vicino a h (eta), esso sembra essere un antico resto di supernova composto da un arco di gas e da numerose volute di gas sparse tutto intorno.

 

Gemelli famosi

Il primo parto quintuplo di gemelli omozigoti documentato e con sopravvivenza totale è quello delle gemelle Dionne, nate nel 1934 a Callender (Ontario).

I gemelli Andretti, Mario e Aldo, nati nel 1940 in Italia, sono i famosi piloti d’auto da corsa.

Il noto gruppo di musica pop Bee Gees è composto dai gemelli, nati nel 1949 nell’Isola di Man, Maurice (deceduto nel gennaio del 2003) e Barry e dal fratello Robin Gibb. Come curiosità si può dire che il nome del gruppo deriva dalle iniziali di “brothers Gibbs” (fratelli Gibb).

Le gemelle Lembed, Sofia e Maria, nate a Mosca il 9 dicembre 1980, formano un raffinato duo di musica classica dove una suona il pianoforte e l’altra il violino.

Infine le due gemelle identiche forse più famose in Italia: la neurobiologa Rita e la pittrice e scultrice (scomparsa nel settembre del 2000) Paola Levi-Montalcini, nate il 22 aprile 1909 a Torino.

 

Curiosità

- Le probabilità che due “gemelli veri” raggiungano entrambi i cento anni sono 1 su 500 milioni, raro ma è accaduto: Eli Shadrack e John Meshak Philips, nati il 14 febbraio 1803 ad Affington, negli USA, sono deceduti a 108 anni, l’uno a soli 9 giorni dall’altro.

- L’isola di Salina, appartenente all’arcipelago delle Eolie, si chiamava anticamente Didyme, dal greco “gemelli”, in quanto costituita da due vulcani che visti da lontano ricordano un sensuale seno femminile: il Monte dei Porri (alto 860 metri) e la Fossa delle Felci (962 metri, la cima più alta dell’arcipelago). Attualmente si riscontrano modeste attività postvulcaniche che si manifestano con l’erogazione sottomarina di gas e vapori, nei pressi di Rinella, e da una sorgente termale a Pertuso.

- Un ulteriore esempio di gemelli, intesi come qualcosa di identico ma separato, lo troviamo anche in geometria, con le rette parallele, le quali, senza pensare a famose espressioni politiche, sono così definite: due rette giacenti sullo stesso piano e che non hanno alcun punto in comune.

- Nello zodiaco cristiano di Julius Schiller, che aveva sostituito i dodici apostoli ai segni pagani, i Gemelli erano rappresentati da San Giacomo.

 

Tu saprai che niente delle cose che sono passate
può più toccarti o ferirti.
Saprai che nulla al mondo
può renderti più misero di quel che tu non voglia
e che nessuno dei dolori conosciuti
muterà la tua trasparenza e la tua grandezza.
GEORGES DUHAMEL

 

Monografia n.89-2003/6


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