GIOIELLI DEL CIELO
di Annalisa Ronchi

I mammiferi sono creature curiose, che esplorano e investigano il non conosciuto. Gli esseri umani, con il loro intelletto avanzato e le innovazioni tecnologiche, hanno portato tale curiosità a livelli elevatissimi. Noi abbiamo l’intenso desiderio di conoscere tutto. Siamo sempre alla ricerca delle risposte di come funzionano le cose e del perché le cose sono così come sono. E i puntini luminosi che appaiono durante la notte nel cielo oscuro hanno indotto tante domande.

Quindici miliardi di anni fa (anno più, anno meno) tutto l’universo esisteva in una singolarità. Una singolarità è un punto dello spazio infinitamente piccolo che può avere una quantità di massa incredibilmente grande. Non è poi chiaro ciò che sia accaduto, ma ad un certo momento la nostra singolarità è esplosa (il famoso Big Bang), facendo espandere tutta la massa che la componeva a velocità incredibili. L’energia emessa in questa esplosione ha causato l’unione di alcune particelle fino a formare i primi protoni, i primi neutroni e i primi elettroni, quindi le basi di tutti gli elementi che noi conosciamo. Naturalmente all’inizio non era l’universo che conosciamo oggi, non c’erano galassie o sistemi solari.

Le galassie costituiscono le più grandi strutture cosmiche conosciute. Le loro caratteristiche spaziano in una vasta gamma: da galassie nane di pochi milioni di stelle poco più luminose degli ammassi di stelle singole più brillanti della nostra galassia ai vasti assembramenti di migliaia di miliardi di stelle al centro dei grandi ammassi. Le galassie, in base all'aspetto, sembrerebbero catalogabili in tre categorie principali: le galassie a disco (“frisbee cosmici” secondo la definizione di P. Murdin, D. Allen, e D. Malin), formate da un enorme disco di stelle e materia interstellare, che potrebbero formare sagome interessanti, le galassie ellittiche (“palloni da rugby cosmici”) di aspetto uniforme, agglomerati ellittici di stelle e le galassie irregolari (“difetti cosmici”) che non possono essere comprese in questo schema.

La nostra galassia, la Via Lattea, è un sistema a spirale abbastanza grande, si estende per almeno 50.000 anni luce dal suo nucleo e siamo a conoscenza di galassie molto più grandi, ma anche molto più piccole: dalle piccole "nane sferoidali", sino alla galassia supergigante nell'ammasso di galassie Abell 2029”. Quest’ultima, osservata recentemente (1999) dallo “European Southern Observatory” in Cile, è attualmente la più grande galassia che si conosca. Questo immenso e vecchio agglomerato di stelle, assieme a circa 1.000 galassie dell’ammasso, dista un miliardo di anni luce ca. da noi. È 3.000 miliardi ca. di volte più luminosa della nostra Via Lattea, ha un diametro di ben 6 milioni di anni luce, ossia 60 volte circa il diametro della nostra Via Lattea e potrebbe contenere addirittura 100.000 miliardi di stelle!

M 104 (NGC 4594), più conosciuta come Galassia Sombrero, si trova al confine tra le costellazioni della Vergine e del Corvo. Distante circa 35 milioni di anni luce è una galassia spirale vista di profilo.

M 31 (NGC 224) è la galassia di Andromeda, presente nell’omonima costellazione. È la più grande galassia del nostro Gruppo Locale, si tratta di una galassia spirale distante 2,2 milioni di anni luce e nelle notti limpide è visibile ad occhio nudo come una macchia ovale, una sorta di chicco di riso. È accompagnata da due galassie satelliti, M 32, la più brillante, e NGC 205, più grande della precedente ma meno luminosa. Si ritiene che questa galassia contenga un numero di stelle doppio della nostra e che abbia un diametro circa il 25% più grande.

M 101 si trova sopra la parte terminale del timone del Grande carro in Ursa Major. Si tratta di una galassia spirale molto estesa, distante 23 milioni di anni luce, vista frontalmente con numerosi bracci principali.

M 83 (NGC 5236) è una galassia spirale vista di fronte, presente in Idra.

M 74 (NGC 628) è una galassia spirale in Pesci con bracci piuttosto aperti, distante 22,5 milioni di anni luce.

M 77 (NGC 1068) è una piccola galassia spirale che si trova vicino a d (delta) Ceti, quindi in Balena. È classificata come galassia di Seyfert, un tipo di galassie spirali con un nucleo brillante, ed è una radiosorgente.

M 33 (NGC 598) in Triangolo, è una galassia spirale distante 3,6 milioni di anni luce che fa parte del Gruppo locale.

NGC 253 in Sculptor, distante circa 9 milioni di anni luce, è una galassia spirale vista quasi di profilo che non ha un rigonfiamento centrale e i suoi bracci sono una ribollente massa di stelle e polvere.

Tutte le strutture dell'universo mostrano una tendenza a raggrupparsi seguendo una gerarchia: i pianeti in un sistema planetario, le stelle in ammassi, gli ammassi in galassie. Allo stesso modo, anche le galassie tendono ad unirsi in gruppi di qualche decina di membri; a loro volta, più gruppi si riuniscono in ammassi di galassie, i quali, insieme ad altri ammassi, formano superammassi. La nostra Galassia fa parte del cosiddetto Gruppo Locale. Due galassie dominano il Gruppo Locale, la nostra e M 31 (la galassia di Andromeda), che insieme costituiscono circa l'80 % della massa del sistema. Le altre galassie sono più piccole, come la spirale M 33, o addirittura satelliti delle più grandi; per esempio, la Piccola e la Grande Nube di Magellano sono due piccole galassie satelliti della nostra, che si trovano a circa 180.000 anni luce da noi. Si può proseguire fino ad arrivare alle galassie "nane" come, ad esempio, la galassia nana irregolare GR8 con un diametro di ca. 1.000 a.l. distante 4 milioni di a.l Inoltre, abbiamo, (e siamo al confine del Gruppo Locale) una galassia nana irregolare in Pegaso con un diametro di 7 mila a.l., che dista ben 5 milioni di a.l. E abbiamo una vicinissima galassia nana nel Sagittario, che dista solo 50.000 a.l. Il Gruppo Locale ha un diametro di circa 5-6 milioni di anni luce e si muove ad una velocità di 100-400 km al secondo in direzione dell'ammasso di galassie della Vergine e forse in futuro si unirà a tale ammasso.

L'ammasso della Vergine, nell'omonima costellazione, è il più ricco: contiene 2.500 galassie, e si trova a 50 milioni di anni luce da noi. Il diametro dei più grandi ammassi di galassie è intorno ai 60 milioni di anni luce, anche se non è facile determinarne i confini, perché la densità di galassie diminuisce gradualmente verso l'esterno e spesso un ammasso si confonde con quello vicino. Gli ammassi di galassie tendono a volte a raggrupparsi in superammassi; il Gruppo Locale, per esempio, fa parte di un superammasso con la forma di un ellissoide schiacciato, il cui centro corrisponde all'ammasso della Vergine e il cui diametro raggiunge i 100 milioni di anni luce.

Può accadere che due galassie siano abbastanza vicine da risentire del reciproco campo gravitazionale, si parla allora di interazione tra galassie.

Esse si mettono in orbita l'una attorno all'altra. La forza mareale che si esercita tra le due galassie tende a deformarle ed eventualmente a disgregarle, in modo tanto più profondo quanto più esse sono vicine e quanto minore è la loro velocità relativa.

Inizialmente vengono interessate dall'effetto mareale solo le regioni più esterne delle galassie; per esempio, se questo sono spirali, le loro braccia tendono a “srotolarsi”, e la galassia si disgrega parzialmente, ma se l'interazione prosegue, il gas eventualmente presente nelle galassie e le stelle si concentrano nel nucleo. Sembra che gas e stelle diano origine ad una barra che attraversa la galassia nel centro, e questo spiegherebbe la presenza delle galassie spirali barrate. In alcuni casi, le due galassie possono fondersi, dando origine ad una galassia più massiccia e luminosa. Come noto esempio di galassie interagenti si può portare la galassia M51 con la compagna NGC 5195.

M 51 è la galassia Whirlpool (vortice) che si trova nella costellazione Canes venatici. Dista da noi 14 milioni di anni luce e dall’immagine è ben evidente che si tratta di una galassia spirale.

I bracci a spirale della Galassia (la Via Lattea viene anche chiamata così, con la G maiuscola, per distinguerla da qualsiasi altra) contengono stelle, gas e polveri. Il gas e le polveri sono diffusi nello spazio o addensati in nubi chiamate nebulose. Le nebulose possono essere brillanti od oscure. Gas e polveri formano insieme il mezzo interstellare. Anche se lo spazio fra le stelle è riempito di tale mezzo, lo spazio è praticamente "vuoto": 1 cm3 di aria al livello del mare contiene 3 x 1019 molecole, lo stesso cm cubico preso in un punto a caso nel gas interstellare conterrebbe solo 1 atomo di idrogeno. Un atomo rispetto a 3 x 1019 molecole, che è un numero grandissimo, è praticamente niente. Ma la Galassia è molto grande, e la massa totale del gas in essa disperso è equivalente a quella di 4 miliardi di Soli, che è una componente non trascurabile del sistema galattico, visto che la massa delle stelle della Galassia corrisponde circa a quella di 100/200 miliardi di volte la massa solare. La densità del mezzo interstellare non è chiaramente sempre 1 atomo come già detto, ma può anche essere da qualche parte, ma specialmente nei bracci di spirale, da 50 a 200/300 volte più elevata e può dare origine a nebulosità di vario tipo. Anche in tal caso si tratterebbe di materia altamente rarefatta in un vuoto assolutamente irriproducibile sulla Terra. La temperatura di tale gas interstellare è di circa 50 °K (-220°C). Il gas interstellare ha una composizione simile a quella delle stelle della sequenza principale. Là dove la materia interstellare, gas e polveri, è più densa, si ha formazione di nebulose. Da tale materia densa nascono molte stelle, in media nasce 1 stella al mese nella nostra galassia. La formazione stellare inizia a partire dalla contrazione dei globuli scuri che si vedono all'interno di molte nebulose (globuli di Bok, dal nome di un astronomo olandese degli anni '50). Le regioni di intensa formazione stellare (come M 42 nella costellazione di Orione) emettono fortemente nell'infrarosso perché la luce delle stelle neonate, passando attraverso le polveri che circondano le zone di nascita delle stelle, viene assorbita e si arrossa. Sono, inoltre, diffusi anche elementi come il carbonio e l'ossigeno, nonché atomi di azoto, silicio e zolfo, atomi, questi ultimi che non appaiono isolati, ma raggruppati anche in molecole alcune delle quali sono organiche (molecole complesse a base di carbonio). Fra esse, molecole di formaldeide e di acido formico. Si è anche scoperto alcol etilico in grandi quantità.

Vi sono nubi immense, aventi dimensioni di molti parsec, composte in buona parte di polvere. Per questo, quando si tratta di nubi oscure abbastanza vicine, entro 1.000 parsec, si ha anche un totale assorbimento della luce proveniente dalle stelle che si trovano al di là della nube.

La nebulosa oscura più famosa è sicuramente la nebulosa Testa di Cavallo (Barnard 33), situata a sud di z (zeta) Orionis: una protuberanza di materia scura dalla caratteristica forma di “cavallo degli scacchi” davanti alla fioca luminosità della nebulosa rossa IC 434.

Di solito si parla di assorbimento perché l'effetto per l'osservatore è, nei due casi, lo stesso: una diminuzione della radiazione in arrivo a causa della interposta nube di polvere Se però vi è diffusione, l'effetto dovrebbe essere analogo a quello osservato nella nostra atmosfera quando è illuminata dalla luce solare. La nube dovrebbe essere illuminata.

Purtroppo tale illuminazione è molto bassa ma se nella nube o nei suoi pressi, vi è una stella luminosa la nube può risultare illuminata al punto di essere vista e fotografata (la polvere riflette la luce delle stella). Si parla allora di nube o nebulosa a riflessione.

M 8 (NGC 6523) la nebulosa Laguna è una famosa nebulosa che circonda l’ammasso stellare NGC 6530, composto da circa 25 stelle che evidentemente si sono formate di recente dal gas circostante. M8 dista circa 5.000 anni luce.

Vicino vi è M 17 (NGC 6618) la nebulosa Omega o Ferro di Cavallo, anch’essa distante circa 5.000 anni luce, e la splendida M 20 ( NGC 6514), la nebulosa Trifida che è una nube di gas che mostra al centro una stella doppia chiamata HN 40, forse nata da essa.

La costellazione di Orione è uno scrigno colmo di oggetti interessanti, tra questi M 42, la grande nebulosa di Orione che con NGC 1973 costituisce la parte centrale della spada del gigante, la quale si snoda verticalmente a partire dalla cintura. M 42 dista da noi 1.300 anni luce ma per la sua estensione, il suo diametro è stimato essere di circa 15 anni luce, è visibile ad occhio nudo. È illuminata dal sistema di stelle denominato “il Trapezio” e la sua luce è dovuta principalmente alla fluorescenza prodotta dalla radiazione ultravioletta emessa da queste stelle.

Una scura banda di gas, chiamata Bocca di Pesce, separa M 42 da M 43, una macchia più piccola e arrotondata che in realtà fa parte della medesima nebulosa, al cui centro brilla una stella di 9° magnitudine.

Vicino è presente NGC 2024, la nebulosa Fiamma, un’area splendente di gas che circonda la stella z (zeta) Orionis.

NGC 7000, la nebulosa Nordamerica, è famosa per la forma davvero molto somigliante alla sagome del continente nordamericano. Il “Golfo del Messico” è formato da una nube di polvere oscura. Al “largo dell’ Atlantico” appare la nebulosa Pellicano. NGC 7000 si trova a una distanza di circa 1.550 anni luce, simile a quella di Deneb, a (alfa) Cygni, con cui potrebbe essere associata.

NGC 2237, la nebulosa Rosetta è un guscio di gas che circonda l’ammasso stellare NGC 2244 composto da circa 16 stelle e distante 3.600 anni luce. Le due stelle più luminose scaldano e ionizzano il gas della nebulosa provocando la caratteristica emissione di luce rossa dell’idrogeno ionizzato. Le stelle dell’ammasso vengono considerate molto giovani, forse di età inferiore ai 500.000 anni.

NGC 2264, in Unicorno, è ancora una combinazione di un ammasso stellare e di una nebulosa. L’ammasso contiene circa 20 stelle e la nebulosa è chiamata “a cono” per la sua forma.

M 16 in Serpente, la nebulosa Aquila è una spettacolare combinazione dell’ammasso stellare formato da circa 50 stelle distante circa 8.000 anni luce e di una nube di gas con infiltrazioni di polvere e gas freddi e scuri.

NGC 3372 in Carina, è una nebulosa diffusa, visibile come una macchia brillante della Via Lattea, che circonda la stella variabile irregolare e (eta) Carinae. Osservandola con un binocolo, si possono vedere ammassi stellari splendenti e vortici di gas luminosi alternati a zone scure. La macchia scura più famosa è il “Buco della Serratura”, chiamata così a causa della sua forma caratteristica che si staglia sullo sfondo della parte più brillante della nebulosa.

NGC 2070, la nebulosa Tarantola, è una nube di idrogeno dal diametro di circa 1.000 anni luce nella Grande Nube di Magellano. Il nome popolare di Tarantola deriva dalla sua forma simile a quella di un ragno. Al centro della nebulosa c’è un ammasso composto da decine di stelle supergiganti, la cui luce fa risplendere la nebulosa stessa. Si sospetta che una di queste stelle abbia una massa di circa 1.000 volte più grande di quella del Sole. NGC 2070 è la più grande e brillante nebulosa della Via Lattea.

 

Queste nubi quindi sono chiamate nebulose e sono formate per lo più di idrogeno. Normalmente queste nubi sono stabili e fluttuano all’interno della galassia, ma non occorre molto per trasformarle in splendenti sfere di fuoco, le stelle. Tutto ciò che occorre alle nebulose è che qualche atomo che le compone sia in qualche modo disturbato, che la sua quiete olimpica venga turbata.

Inizialmente alcuni atomi si avvicinano ad altri atomi. La vicinanza tra questi atomi aumenta l’attrazione gravitazionale tra di loro, e altri atomi vengono attratti, così che la massa totale aumenta, facendo aumentare la capacità di attrarre altri atomi.

Abbastanza rapidamente si forma una gigantesca sfera di idrogeno nello spazio. Siccome gli atomi sono molto vicini, le frequenti collisioni generano calore e la sfera inizia a brillare debolmente: è nata una protostella.

Il fatto che una protostella diventi una stella regolare o no, dipende dall’ammontare di massa che la contraddistingue. A dire la verità, molto della vita delle stelle ha a che fare con la loro massa. Senza una quantità di massa sufficiente, il collasso della protostella non genererà abbastanza calore da innescare le reazioni nucleari che caratterizzano una stella vera e propria. La massa di una stella determinerà anche quanto a lungo vivrà e in che modo morirà. Una protostella che non è dotata almeno del 40% della massa del nostro Sole non evolverà mai in una stella, ma diventerà una nana bruna.

Per ragioni non ancora del tutto chiarite, non tutta la massa che forma una nebulosa concorre alla formazione di una stella. La materia non utilizzata può dare forma ad altri corpi. Nel nostro Sistema Solare il Sole raccoglie il 98% dell’intera massa del Sistema, il restante 2% è andato a formare gli altri corpi: pianeti, lune, comete, asteroidi.

I pianeti, poi, costituiscono la parte maggiore di quel 2% totale. Normalmente vengono distinti 2 tipi distinti di pianeti, i pianeti terrestri e i pianeti gioviani. I pianeti terrestri (Mercurio, Venere, Terra e Marte) sono relativamente piccoli, rocciosi e composti da elementi pesanti. Al contrario i pianeti gioviani (Giove, Saturno, Urano e Nettuno) sono considerevolmente più grandi dei precedenti, quasi completamente gassosi e composti da elementi molto leggeri. Come si può notare, Plutone, benché considerato un pianeta, non è classificato in nessuno dei due tipi. Gli astronomi ancora non sono tutti concordi nel considerarlo un pianeta, come ora anche il nuovo arrivato Sedna. Si parla di asteroidi molto grandi, o di lune di Nettuno sfuggite alla sua attrazione gravitazionale.

La distinzione così netta in due tipi di pianeti, ha molto a che fare con la vicinanza del Sole. L’energia rilasciata dalla nostra stella durante la sua formazione ha riscaldato considerevolmente l’area circostante, molto più delle zone più lontane, dove quindi gli elementi più leggeri, idrogeno ed elio in testa, devono esistere in forma gassosa. I gas sono molto più attivi dei liquidi e dei solidi e, a causa di questo, è molto difficile che vengano trattenuti dal campo gravitazionale di un pianeta. Solo gli elementi pesanti che si trovano allo stato solido possono essere catturati dai pianeti in formazione.

I pianeti più vicini al Sole non hanno quindi avuto accesso all’idrogeno libero durante la loro formazione, mentre dove si sono formati i pianeti esterni, era abbastanza distante da far si che l’idrogeno esistesse in forma solida e quindi catturabile dal campo gravitazionale. Senza la possibilità di accedere all’idrogeno, l’elemento più abbondante nel nostro Sistema Solare, i pianeti terrestri non sono potuti diventare grandi quanti i pianeti gioviani.

Le stelle con almeno 0,4 masse solari entreranno nella sequenza principale. Ciò che caratterizza una stella della sequenza principale sono le reazioni nucleari che avvengono nel suo centro, il nocciolo. Una volta che la temperatura raggiunge i 15 milioni di gradi Kelvin, la fusione nucleare può cominciare. La fusione nucleare nelle stelle della sequenza principale consiste nella fusione di atomi di idrogeno i atomi di elio. L’ammontare dell’energia rilasciate durante la reazione è mostrata dall’equazione di Einstein E=mc2 . La forza di queste reazioni nucleari è abbastanza forte da opporsi alla forza di gravità e la stella si può dire in equilibrio stabile.

La vita di una stella dipende dalla sua massa. Una stella resta in vita fino a quando le forze delle reazioni nucleari nel suo nocciolo contrastano la forza di gravità che cerca di schiacciarla. Quando finirà il “carburante”, la stella subirà un collasso gravitazionale. Verrebbe da pensare che una stella di grande massa possa vivere più a lungo di una più piccola, ma se grande massa significa molto combustibile a disposizione, significa anche che brucia più in fretta.

Per contrastare la maggiore forza di gravità. Le stelle di piccola massa, come il Sole, possono vivere per circa 10 miliardi di anni, le stelle di grande massa possono vivere per un lasso di tempo anche inferiore ai 3 milioni di anni.

Una stella passa il 90% della sua vita nella Sequenza Principale, dopo questo tempo si esaurisce l’idrogeno dal nocciolo e la gravità ha il sopravvento causando il collasso della stella. Il collasso del nocciolo innalza la temperatura. In accordo con la terza legge della dinamica di Newton, per ogni azione c’è una reazione uguale e opposta. Quando il nucleo collassa e comincia a scaldarsi, gli strati esterni della stella si espandono e si raffreddano. La stella assume un caratteristico colore rosso: è diventata una gigante rossa. Una volta che la temperatura interna ha raggiunto i 100 milioni di gradi Kelvin, è possibile la fusione dell’elio in carbonio, e questa reazione è abbastanza forte per contrastare la forza di gravità.

In stelle dalla piccola massa, meno dello 0,8 della massa solare, la fusione dell’elio in carbonio causa pulsazioni. Queste pulsazioni sono abbastanza potenti da distaccare gli strati esterni dal nucleo, formando quella che è definita nebulosa planetaria. Tutto ciò che resta della stella ora è il nocciolo di elio, la stella è diventata una nana bianca. Data la natura estremamente densa degli atomi che la compongono, una nana bianca è estremamente calda. Molto piccola (non più di 1.000 chilometri di diametro) una nana bianca non è molto luminosa ed è per questo che tale categoria di stelle è stata scoperta solo di recente. Quando una nana bianca esaurisce l’elio da bruciare, muore tranquillamente e diventa una nana bruna, un corpo nello spazio composto per la maggior parte da carbonio, un pezzo di carbone che vaga nell’universo.

Le nebulose planetarie si possono quindi definire stelle ad atmosfera estesa. L'aggettivo planetaria, coniato da W. Herschel in un articolo del 1785, non deve trarre in inganno: esso è legato alle prime osservazioni fatte con piccoli strumenti, nelle quali il sistema presentava un aspetto planetario. Herschel, osservando NGC 7009 la Nebulosa “Saturno” nella costellazione dell'Acquario, pensava che tali oggetti costituivano una delle fasi iniziali della formazione stellare, intermedia tra la creazione di una nebulosità diffusa e la successiva condensazione in stelle. Ma al centro della nebulosa - si tratta di gas in espansione con bassa velocità: da 15 a 50 Km/sec. - vi è una stella e non un pianeta. Quando è osservabile con un telescopio, la parte nebulare di queste stelle ha l'aspetto di un anello anche se in realtà, si tratta di una sfera. Note le dimensioni(da 1/2 a 1 anno luce) e la velocità di espansione dei gas, si può fare il cammino a ritroso, nell'ipotesi che la velocità di espansione non sia cambiata nel tempo, e trovare così l'età della nebulosa, ovvero il tempo a cominciare dal quale il gas dovrebbe essere stato espulso dalla stella: 20 mila anni è un'età tipica; la maggior parte delle planetarie conosciute ha avuto origine negli ultimi 50 mila anni. Infatti dopo 100 mila anni, il gas espulso è così espanso ed è diventato così rarefatto da non essere più percettibile.

La più famosa è sicuramente M 1 (NGC 1952), la nebulosa Granchio, della quale si conosce esattamente l’età. Gli astronomi di corte cinesi riportarono nelle loro cronache di “una stella ospite” nei pressi di z (zeta) Tauri, il 4 luglio 1054. La stella brillò così luminosa da poter essere osservata in pieno giorno per ben 23 giorni.

Nella costellazione del Cigno è possibile ammirare i delicati cirri del Velo del Cigno, che si stanno lentamente allontanando da migliaia di anni dal luogo dell’esplosione che li ha creati. NGC 6992 è la parte più brillante, NGC 6960 è l’arco più debole.

Molto famosa è M 57 (NGC 6720) la nebulosa Anello in Lyra. Dista 4.100 anni luce.

Al confine tra Sagitta e Vulpecola si incontra M 27, la nebulosa Dumbbell, una delle più spettacolari vedute del cielo.

M 97 (NGC 3587) distante 2.600 anni luce, è una oscura nebulosa planetaria chiamata nebulosa Civetta per via dell’inconfondibile forma.

IC 418 è simile al disegno fatto con uno spirografo. In questa immagine a falsi colori, il rosso indica le emissioni di azoto ionizzato, il gas più freddo della nebulosa, il giallo mostra le emissioni di idrogeno, in blu le tracce di ossigeno ionizzato, il gas più caldo, prossimo alla stella centrale.

NGC 2392, nei Gemelli, è chiamata Eschimese per via della forma.

Le stelle si presentano spesso a gruppi detti ammassi stellari. Vi sono ammassi aperti e ammassi globulari. Gli ammassi globulari non si trovano dentro il disco ma intorno al disco, in una regione grosso modo sferica, avente il raggio equatoriale maggiore di quello del disco galattico, chiamata alone o corona.

Questi aggregati di decine o centinaia di stella, debolmente legate le une alle altre dalla reciproca attrazione gravitazionale hanno un esempio classico e visibilissimo ad occhio nudo, anche dalla città: M 45, meglio noto come Pleiadi, è l’ammasso stellare più citato in tutti i tempi, da Omero a D’Annunzio.

Il nome è di origine greca e deriva da “plein”, cioè navigare, oppure da “pleios” cioè molti. Ad occhio nudo si possono vedere sette stelle ma in realtà dell’ammasso, che dista da noi 415 anni luce, fanno parte circa 250 stelle, comprese molte giganti blu.

M 4 in Scorpione dista 7.500 anni luce ed è uno dei più vicini.

M 22, in Sagittario, distante circa 10.000 anni luce, è un ricco ammasso globulare di forma ellittica, uno dei più belli dell’intera volta celeste, secondo solo ad w (omega) Centauri e a 47 Tucanae.

Le stelle stesse possono avere colori spettacolari: blu, verde, rosso,ecc. Occorre ricordare che il colore di una stella è un indice diretto della sua.
Le stelle più blu, come
z (zeta) Puppis, Spica della Vergine, Regolo del Leone e Rigel di Orione, sono le stelle più calde con temperature esterne (!) che raggiungono i 40.000 °C.
Poi vengono le stelle bianco-azzurre come Vega della Lira, Sirio del Cane Maggiore, Deneb del Cigno con temperature intorno ai 10.000 °C.
Quindi le stelle bianche come Canopo (Carena), Procione (Cane Minore), Stella Polare (Orsa Minore) giungono ai 7.000 °C.
È la volta del nostro Sole, con il gruppo delle stelle gialle, in cui troviamo anche Alfa Centauri, Tau Ceti, Capella. La loro temperatura esterna è di circa 6.000 °C.
Scendiamo alle temperature di 5.000-3.500 °C con le stelle arancio come Arturo e Aldebaran quindi alle rosse intorno ai 3.000 °C con Antares e Betelgeuse. Per finire
b (beta) Librae, chiamata Zubeneschamali, “chela settentrionale”, è famosa per essere una delle poche stelle brillanti di colore nettamente verde. È distante 120 anni luce.

 

Se può essere pensato,
può essere.
R. Dryden

 

Monografia n.97-2004/2


Torna alla Home Page di Testi & Trattati