DA QUI ALL'INFINITO: fotografie dall’universo
di Annalisa Ronchi

 


La superficie infinita. Nastro di Mobius: la più semplice fra le superfici a una sola faccia vista da Escher.

Il nostro tempo è il primo nel quale la Terra può essere osservata come oggetto astronomico: arrivando sulla Luna, l’uomo ha potuto vederla da una prospettiva prima inimmaginabile. Siamo anche la prima generazione di esseri umani a poter vedere i pianeti non solo come puntini luminosi nel cielo notturno, ma anche nella loro completezza tridimensionale. Da allora il fascino esercitato dall’Universo, dai pianeti e dalle stelle è profondamente mutato, da oggetti protettori o suscitatori di timori a corpi reali, fisici, magari butterati di crateri.

Praticamente tutti i corpi celesti che possiamo vedere durante la notte appartengono ad un grande insieme di stelle, di nubi di gas e polveri, di pianeti più o meno grandi, chiamato Via Lattea, la nostra Galassia. Essa contiene almeno cento miliardi di stelle e come la Via Lattea esistono miliardi di galassie nell’Universo.

La nostra Galassia (con la G maiuscola per distinguerla da qualsiasi altra galassia) è una galassia a spirale, con bracci che si svolgono verso l’esterno di un rigonfiamento centrale di stelle. Il suo diametro è di circa 100.000 anni luce e la nostra stella, il Sole, si trova in uno dei bracci di spirale, a circa 30.000 anni luce dal centro della Galassia. La maggior parte delle stelle della Galassia si trova nel disco dello spessore di circa 2.000 anni luce. Visto dalla nostra posizione questo disco appare come una banda debolmente luminosa che attraversa il cielo nelle notti limpide e buie.

È utile ricordare che l’unità di misura astronomica “anno luce” è la distanza percorsa da un raggio di luce in un anno. La luce si muove con un velocità di 299.792,458 chilometri al secondo, per cui un anno luce equivale a 9,461 milioni di milioni di chilometri.

L’universo è punteggiato di innumerevoli altre galassie, che, per la maggior parte, sono raggruppate in gruppi più o meno grandi. La nostra non sfugge alla regola, ed è la seconda in ordine di grandezza di un ammasso di galassie denominato Gruppo Locale, formato da circa 30 di questi corpi. La galassia che ci supera in grandezza è M 31 (NGC 224), la galassia di Andromeda (visibile anche ad occhio nudo come una sorta di chicco di riso nella costellazione di Andromeda), distante da noi 2,2 milioni di anni luce, e che si ritiene contenga un numero di stelle doppio di quello della nostra e che abbia un diametro circa il 25% più grande.

In Triangolo ecco M 33 (NGC 598), una galassia a spirale distante 3,6 milioni di anni luce, appartenente al nostro gruppo locale. Non è molto luminosa e per scorgere i bracci della spirale è necessario un telescopio abbastanza grande.

M 81 (NGC 3031), in Orsa Maggiore, è una delle galassie più brillanti dell’intero cielo, è una perfetta galassia spirale e si trova vicinissima a M 82 (NGC 3034), un’altra galassia alla quale è collegata.

NGC 253 in Sculptor è una galassia degna di nota. È una galassia a spirale visibile quasi di profilo che non ha un rigonfiamento centrale e i suoi bracci sono una ribollente massa di stelle e polvere.

M 51 (NGC 5194) è probabilmente la più famosa galassia del cielo. Si trova in Canes venatici ed è chiamata Whirlpool, Vortice, ed è costituita da una galassia spirale con una galassia satellite, più piccola, all’estremità di uno dei suoi bracci.

M 104 (NGC 4594), più conosciuta come Galassia Sombrero, si trova al confine tra le costellazioni della Vergine e del Corvo.

M 101 (NGC 5457), sopra la parte terminale del timone del Grande Carro in Ursa Major, è una galassia spirale molto estesa vista frontalmente con numerosi bracci principali.

M 83 (NGC 5236) è una galassia spirale vista di faccia, presente in Idra.

M 74 (NGC 628) è una galassia spirale in Pesci con bracci piuttosto aperti distante 22,5 milioni di anni luce.

M 77 (NGC 1068) è una piccola galassia spirale che si trova vicino a d (delta) Ceti, quindi in Balena. È classificata come galassia di Seyfert, un tipo di galassie spirali con un nucleo brillante, ed è una radiosorgente.

All’interno della nostra Galassia si possono trovare oggetti favolosi, definiti ammassi stellari e nebulose.

Gli ammassi stellari sono aggregati di decine o centinaia di stelle vicine tra loro, legate debolmente le une alle altre dalla reciproca attrazione gravitazionale. Esempio classico, e visibilissimo ad occhio nudo, è M 45, meglio noto come Pleiades (le Pleiadi), è l’ammasso stellare più brillante e famoso di tutto il cielo, citato in ogni tempo, da Omero a D’Annunzio. Il nome è di origine greca e deriva da “plein”, cioè navigare, oppure da “pleios” cioè molti. Ad occhio nudo si possono vedere circa sette stelle, le quali sono Alcyone, h (eta), la più brillante, quindi troviamo Celaeno, Electra, Taygeta, Maia, Asterope, Merope, Atlas, Pleione, una stella con inviluppo esteso che emette anelli di gas a intervalli regolari, la cui luminosità fluttua imprevedibilmente. In realtà, dell’ammasso distante da noi 415 anni luce, fanno parte circa 250 stelle, comprese molte giganti blu, immerse in una debole luminosità, residuo della nube da cui si sono formate “soltanto” 50 milioni di anni fa.

Le nebulose, che hanno la peculiarità di contrarsi, crescere di temperatura e dar vita a protostelle, le quali evolvono poi in stelle, possono essere considerate come culle di stelle.

Le stelle quindi nascono all’interno di questi ammassi¸ di gas e polveri, e vivono finché hanno a disposizione del combustibile che alimenta le reazioni nucleari che avvengono al loro interno.

Al termine del loro ciclo vitale alcune stelle si spengono lentamente e tranquillamente, mentre altre, le cosiddette “supernove”, raggiungono il massimo splendore con un’esplosione che scaglia nello spazio quasi tutta la materia di cui sono formate. Mentre gli strati atmosferici esterni si espandono, il nucleo della stella, caldissimo e densissimo, li eccita e li ionizza, mostrandoci splendide immagini.

Queste “nebulose planetarie”, dette così perché la loro forma (quasi sempre sferica) simula la forma di un pianeta, hanno una rappresentante famosa, M 1 (NGC 1952), la Nebulosa Granchio, della quale si conosce esattamente l’età. Gli astronomi di corte cinesi riportarono nelle loro cronache una “stella ospite” nei pressi di z (zeta) Tauri il 4 luglio 1054. La stella brillò così luminosa da poter essere osservata in pieno giorno per ben 23 giorni.

I delicati cirri della Nebulosa Velo nel Cigno, che si stanno lentamente allontanando da migliaia di anni, sono i tenui resti di una stella esplosa. NGC 6992 è la parte più brillante, NGC 6960 è l’arco più debole.

M 57 (NGC 6720), la Nebulosa ad Anello, è una famosa nebulosa planetaria distante 4.100 anni luce presente in Lyra.

Esplorando con un binocolo al confine tra Sagitta e Vulpecola, si incontra M 27, la Nebulosa Dumbbell, una delle più spettacolari vedute del cielo.

M 97 (NGC 3587), distante 2.600 anni luce, è chiamata comunemente Nebulosa Civetta.

IC 418 simile al disegno fatto con uno spirografo. In questa immagine a falsi colori, il rosso indica le emissioni di azoto ionizzato (il gas più freddo della nebulosa), il giallo mostra le emissioni di idrogeno ed il blu le tracce di ossigeno ionizzato (il gas più caldo, prossimo alla stella centrale).

NGC 7023 in Cefeo è un buon esempio di nebulosa “bozzolo” polverosa: in essa una o più stelle appena formatesi illuminano un involucro di polvere e gas.

M 20 (NGC 6514), la Nebulosa Trifida, è una nube luminosa di gas che mostra al centro una stella doppia chiamata HN 40, probabilmente nata da essa.

M 8 (NGC 6523), la Nebulosa Laguna, insieme alla precedente si trova nel Sagittario. La Nebulosa Laguna, distante da noi circa 5.000 anni luce, circonda l’ammasso stellare NGC 6530.

La costellazione di Orione è uno scrigno colmo di oggetti interessanti, tra questi la famosissima M 42 (NGC 1976), la grande Nebulosa di Orione che con NGC 1973 costituisce la parte centrale della spada del gigante, la quale si snoda verticalmente a partire dalla cintura. Si tratta di una gigantesca nebulosa ad emissione, costituito di gas e polveri visibile ad occhio nudo, malgrado sia distante da noi 1.300 anni luce, per la sua estensione ed è illuminata dal sistema di stelle denominato “il Trapezio” e la sua luce è dovuta principalmente proprio alla fluorescenza prodotta dalla radiazione ultravioletta emessa da queste stelle. Le sue dimensioni reali appaiono essere di circa 15 anni luce di diametro, quindi più di ventimila volte le dimensioni del Sistema Solare.

Vicino è presente NGC 2024, la Nebulosa Fiamma, un’area splendente di gas che circonda la stella z (zeta) Orionis.

Vicino la nebulosa oscura più famosa, situata a sud di z (zeta) Orionis, la famosa Nebulosa Testa di Cavallo (Barnard 33), una protuberanza di materia scura dalla caratteristica forma di “cavallo degli scacchi” davanti alla fioca luminosità della nebulosa IC 434.

NGC 2070, la Nebulosa Tarantola, è una nube di idrogeno dal diametro di circa 1.000 anni luce nella Grande Nube di Magellano. Il nome popolare di Tarantola deriva dalla sua forma simile a quella di un ragno. Al centro della nebulosa c’è un ammasso di decine di stelle supergiganti, la cui luce fa risplendere la nebulosa stessa. Si sospetta che una di queste stelle abbia una massa di circa 1.000 volte quella del Sole. La nebulosa Tarantola è la più grande e brillante nebulosa della Via Lattea.

NGC 2392 è una nebulosa planetaria chiamata Eschimese per la propria forma.

NGC 7000, la Nebulosa Nordamerica, è famosa per la forma, molto simile al continente nordamericano e il Golfo del Messico è formato da una nube di polvere scura. Al largo appare la Nebulosa Pellicano (IC 5067 / 5070).

NGC 2237, la Nebulosa Rosetta, è un guscio di gas che circonda l’ammasso stellare NGC 2244. Le due stelle più luminose scaldano e ionizzano il gas della nebulosa provocando la caratteristica emissione di luce rossa dell’idrogeno ionizzato. Le stelle dell’ammasso vengono considerate molto giovani, forse di età inferiore a 500.000 anni. Nebulosa e ammasso stellare distano circa 4.500 anni luce.

NGC 2264, in Unicorno, è una combinazione di un ammasso stellare e di una nebulosa. L’ammasso contiene circa 20 stelle e la nebulosa è chiamata nebulosa a cono per la sua forma.

M 57 nella Lyra è una famosa nebulosa planetaria detta nebulosa ad anello.

M 8, in Sagittario, è la Nebulosa Laguna, una famosa nebulosa gassosa visibile ad occhio nudo che circonda l’ammasso stellare NGC 6530, un insieme di circa 25 stelle che si sono formate di recente dal gas circostante.

M 17, sempre in Sagittario, è la Nebulosa Omega o Ferro di Cavallo.

NGC 2261 in Unicorno, è la nebulosa variabile di Hubble, una piccola e debole nebulosa che contiene la stella variabile R Mon, le cui fluttuazioni irregolari possono essere dovute alla sue recente nascita dalla nebulosa.

M 4 in Scorpione, è un grande ammasso globulare visibile con un binocolo ed è uno dei più vicini a noi.

M 16 in Serpente, la Nebulosa Aquila, è una spettacolare combinazione di un ammasso stellare e di una nube di gas, con infiltrazioni di polvere e gas freddi e scuri.

NGC 3372 in Carina, è una nebulosa diffusa, visibile come una macchia brillante della Via Lattea, che circonda la variabile irregolare e (eta) Carinae. Osservandola con un binocolo, si possono vedere ammassi stellari splendenti e vortici di gas luminosi alternati a zone scure. La più famosa è la macchia scura, chiamata Buco della serratura per la sua forma caratteristica, che si staglia sullo sfondo della parte centrale, brillante, della nebulosa.

M 22, in Sagittario, è un ricco ammasso globulare di forma ellittica, le cui stelle più brillanti sono rossastre.

NGC 5139, definito anche w (omega) Centauri, è l’ammasso globulare più grande o brillante del cielo, tanto che nelle vecchie carte celesti era etichettato come stella. Sebbene venga riportato già da Tolomeo nell’Almagesto, la sua va natura fu scoperta nel 1677 da Halley, dall’isola di Sant’Elena.

 

Dopo aver spinto lo sguardo nelle profondità dello spazio, si possono descrivere gli oggetti che più sono vicini alla Terra, quelli che insieme al Sole si può dire formino una famiglia trattenuta dalla forza gravitazionale della stella: nove pianeti e molti oggetti più piccoli (satelliti, asteroidi, ecc.).

Il Sole è una stella come tante altre, una massa di gas resi incandescenti dalle reazioni nucleari che avvengono al suo interno.

Il Sole (come è accaduto ed accade tuttora) al pari tutte le altre stelle, è nato da una nebulosa, una enorme nube di gas e polveri non distribuite uniformemente nello spazio. In una zona più densa, la materia inizia a contrarsi e a ruotare. A causa di ciò si forma un disco di materia, con una protostella dal centro, che per via della attrazione gravitazionale intrinseca, diviene sempre più calda e sempre più densa finché le condizioni di temperatura e di pressione innescano le reazioni nucleari. Nella parte esterna del disco, la materia tende ad aggregarsi tramite urti anaelastici costruttivi, che via via portano alla formazione dei vari pianeti.

Il Sole ha raggiunto la forma di protostella 5 miliardi di anni fa, e nei 500 milioni successivi si è formato il Sistema Solare.

Non essendo solido, ma una sfera fluida formata da idrogeno ed elio, la velocità di rotazione del Sole intorno al proprio asse è diseguale alle varie latitudini, così che normalmente si considera la velocità all’equatore, la quale si approssima ai 25 giorni. Il diametro è di circa 1,4 milioni di chilometri, la massa è 330.000 volte quella della Terra con una densità che è 1/4 di quella terrestre ed una forza di gravità 28 volte superiore a quella sulla Terra. Il colore delle stelle ci dà indicazioni riguardo alla temperatura della parte più esterna, cioè quella che vediamo, della stella stessa. Si va dalle stelle bianco-azzurre, con temperature tra i 30.000 ed i 60.000 gradi, alle stelle rossastre con temperature inferiori ai 3.000. Il nostro Sole è una stella bianco-gialla con una temperatura esterna di circa 6.000 gradi ed una temperatura interna valutata intorno ai 15.000.000 gradi.

Talvolta gli intensi campi magnetici del Sole liberano improvvisi lampi di energia, durante i quali delle particelle atomiche vengono eruttate nello spazio. Queste particelle raggiungono la Terra dopo un giorno, ionizzando gli strati superiori della nostra atmosfera, e producendo le aurore boreali. Queste sono uno spettacolo stupendo: il cielo sembra risplendere di luce colorata, che può assumere la forma di archi o drappeggi, splendenti e cangianti per ore.

Mercurio è il pianeta più vicino al Sole ed è anche il più piccolo tra quelli visibili ad occhio nudo, siccome il suo diametro è circa un terzo di quello terrestre (2.439 chilometri contro i 6.378 chilometri della Terra). L’osservazione di Mercurio non è facile perché si può compiere soltanto alla sera o poco prima del sorgere del Sole e soltanto nei brevi periodi in cui il pianeta viene a trovarsi alla massima distanza dal Sole. L’orbita è molto eccentrica, cosicché il perielio (punto di minima distanza di un pianeta dalla sua stella) viene a trovarsi a 46 milioni di chilometri e l’afelio (punto di massima distanza di un pianeta dalla sua stella) a circa 70 milioni di chilometri, e viene percorsa in 88 giorni. Il periodo di rivoluzione è ben conosciuto da molti secoli, al contrario il periodo di rotazione è stato determinato solo da poco, essendo giunta la prova definitiva solo nel 1974-75, quando una sonda americana, Mariner 10, è passata per tre volte vicino al pianeta, fotografandone la superficie. Quindi oggi sappiamo che il periodo di rotazione di Mercurio è pari a 58,7 giorni terrestri. La mancanza di una atmosfera capace di attutire il calore proveniente dal Sole, rende molto brusco l’enorme salto di temperatura tra le parti luminose e le parti in ombra: mediamente si passa da +350 a -170 gradi centigradi, ma all’equatore la temperatura può superare i 400°C.

Il suolo appare cosparso di crateri, che nella maggior parte dei casi devono essere di origine meteorica.

Venere è più splendente di ogni altro pianeta e di ogni stella ed è visibile per poche ore prima del sorgere del Sole o dopo il tramonto. Questo ha portato l’uomo ad indicarlo con due nomi: Espero, stella della sera, e Lucifero, stella del mattino, anche se già molti popoli dell’antichità avevano stabilito che si trattava dello stesso corpo celeste. La sua luminosità è dovuta al fatto che l’atmosfera riflette circa il 70% della luce solare che riceve. L’atmosfera che circonda Venere, dopo numerose ricerche compiute da Terra, è stata studiata da sonde spaziali. Il biossido di carbonio rappresenta il 96,4% del totale, integrato da azoto (3,4%) e da zolfo.

La sonde che sono scese sulla superficie di Venere, attraversando le dense nubi citeree, formate da acido solforico, hanno rivelato che al diminuire dell’altezza, il calore e la pressione aumentano rapidamente, fino alla temperatura di 450°C, misurata a quota zero.

Un livello così alto di temperatura è imputabile sia alla pressione di 90 atmosfere, esercitata dall’enorme massa di nubi di biossido di carbonio che, insieme a quelle di acido solforico, ricoprono il pianeta, sia all’effetto serra.

Un vento impetuoso trascina gli strati più esterni dell’atmosfera, tanto che a livello dell’equatore spirano a 360 chilometri orari compiendo un giro completo del pianeta in quattro giorni. Il raggio di Venere si approssima molto a quello della Terra (6.052 chilometri contro i 6.378 chilometri).

La rotazione di Venere è piuttosto insolita in quanto è molto lenta (243 giorni terrestri per un giorno venusiano, valore prossimo al periodo di rivoluzione che è di 224,7 giorni) quindi un giorno è più lungo di un anno!

Inoltre il moto è retrogrado, contrario quindi al senso di moto della Terra e della maggior parte dei pianeti. Il periodo di rotazione e la sua orbita sono sincronizzati tanto che presenta sempre la stessa faccia verso la Terra quando i due pianeti sono al loro massimo avvicinamento.

Essendo un pianeta interno (cioè un pianeta la cui orbita è compresa tra l’orbita della Terra ed il Sole), mostra fasi simili a quelle della Luna se osservato con un telescopio, fasi dovute alle diverse condizioni di illuminazione di Venere da parte del Sole che cambiano considerevolmente proprio perché Venere ruota intorno al Sole in un’orbita interna a quella della Terra.

 

La Luna è l’astro più vicino a noi e, sicuramente, il più osservabile ad occhio nudo. Ha un raggio di 1.738 chilometri, un quarto circa di quello terrestre, con una massa solo 81 volte inferiore a quella del nostro pianeta ed una densità che è circa la metà di quella terrestre. Non essendo dotata di atmosfera, la Luna presenta ampie differenze di temperatura, dai 130 °C nella parte illuminata ai -150 °C in quella oscura. La gravità è circa sei volte minore di quella terrestre.

Quando il Sole tramonta, la Luna richiama l’attenzione con il suo candore e le sue macchie. La Luna riflette verso di noi la luce del Sole, ma la riflette in misura diversa a seconda che la regione colpita sia montagnosa o piatta. Si potrebbe pensare che le zone piatte riflettano più intensamente, quasi fossero degli specchi, ma non è così: le zone piatte appaiono simili a macchie, sono i “mari” di Galileo, e sono costituiti da rocce laviche scure, che assorbono la maggior parte della luce solare, riflettendone soltanto una minima porzione (il 7%). Le regioni montagnose, invece, hanno una composizione petrografica diversa, più chiara, due o tre volte più riflettente.

Uno dei fenomeni più evidenti che riguarda la Luna sono le fasi lunari, le quali sono dovute alle varie posizioni che il nostro satellite assume, nel corso della sua rivoluzione, rispetto alla Terra e rispetto al Sole. L’orbita lunare e l’orbita terrestre giacciono su due piani leggermente inclinati che si intersecano in due punti (i nodi) congiunti dalla cosiddetta “linea dei nodi”. Solo lungo questa linea si può avere il perfetto allineamento tra Sole, Terra e Luna e la casualità che i dischi del Sole e della Luna appaiano della stessa grandezza apparente (è un gioco di prospettiva) dà le eclissi di Luna o quelle di Sole. Nella eclissi di Sole, distinguiamo le eclissi totali (se la luna è in perielio) ed eclissi anulari (se la luna è in afelio).

Marte ha un diametro che è circa la metà di quello terrestre (3.398 chilometri contro i 6.378 chilometri). Il pianeta percorre la sua orbita, molto eccentrica, in circa 687 giorni, e ruota su se stesso in 24 ore e 37 minuti. Poiché la rivoluzione di Marte si compie in quasi due anni, anche la durata delle stagioni risulta doppia rispetto alla durata sulla Terra, ma per il resto, le stagioni sono abbastanza analoghe alle nostre (anche se la rarefatta atmosfera non è in grado di addolcire i salti di temperatura) in quanto l’asse di rotazione del pianeta è inclinato sul piano dell’orbita di un angolo quasi uguale a quello misurabile per la Terra. L’atmosfera marziana è molto tenue e si estende per 200 ~ 250 chilometri sopra la superficie ed è costituita prevalentemente di anidride carbonica (95%) e solo in piccolissime percentuali di azoto, argo, ossigeno e vapore acqueo. La temperatura diurna è di una decina di gradi sopra lo zero ma nell’emisfero non illuminato scende fino verso i –70 °C. Le strutture più imponenti della superficie sono le calotte polari, la cui estensione cambia con il ciclo stagionale, e il Monte Olympus, un vulcano alto una trentina di chilometri con il cratere di 25 chilometri e un diametro di oltre 5.000 chilometri alla base. Sono inoltre presenti sistemi di vallate naturali che sembrerebbero tracciate dall’erosione di corsi d’acqua. Nel 1877 Hall scoprì i due satelliti naturali Deimos e Phobos e da allora ci si chiede come mai alcuni testi antichi attribuissero proprio due satelliti a Marte e come mai i due satelliti siano presenti sulle pagine dei Viaggi di Gulliver, scritto nel 1727 da Swift.

Giove è il pianeta gigante del nostro Sistema Solare (il suo raggio equivale a quasi 11 volte il raggio terrestre: 71.492 chilometri contro i 6.378 chilometri della Terra) e il quinto in ordine di distanza dal Sole. Percorre la sua orbita in 11,9 anni ad una distanza media di 778 milioni di chilometri. Ruota su se stesso in meno di 10 ore: da qui lo spiccato schiacciamento polare che fa sì che il diametro equatoriale sia di 142.800 chilometri e quello polare di 135.500 chilometri. Agli antichi l’osservazione di Giove non offriva lo spunto per studi molto importanti: il pianeta appare giallastro e splende di luce vivida nella notte. Galileo, con il suo cannocchiale, vide quattro lune ruotare intorno ad esso, lune che dedicò ai Medici, signori di Firenze: i satelliti Galileiani o Medicei, che sono Io, Europa, Ganimede e Callisto, tutti scoperti nel 1610. In tutto Giove è accompagnato da 16 satelliti di dimensioni e caratteristiche assai diverse. L’analisi delle immagini inviate a Terra dalle sonde Voyager 1 e 2 e dalla sonda Galileo, ha rivelato la presenza di vulcani attivi su Io, una superficie ghiacciata su Europa, una superficie molto varia nel colore e nella forma con corrugamenti su Ganimede e una superficie molto craterizzata su Callisto, sul quale la struttura più vistosa è un bacino d’impatto di 600 chilometri di diametro. Nell’atmosfera, la parte visibile del pianeta, prevalgono gli elementi volatili leggeri, come l’idrogeno, il più abbondante, seguito dall’elio. Inoltre vi si trovano ammoniaca, metano, vapor d’acqua, nonché altri composti del carbonio, dello zolfo e del fosforo.

Il disco visibile di Giove è attraversato da zone chiare parallele all’equatore, causate probabilmente da gas ascendente, alternate a fasce più scure, dove il gas discende, mosse da venti veloci più di 450 chilometri all’ora che creano vortici turbolenti. Si ritiene che la famosa Grande Macchia Rossa (e grande lo è davvero, visto che misura 14.000 chilometri di larghezza e 40.000 chilometri di lunghezza, abbastanza da inghiottire tre Terre) sia un ciclone e che il suo colore variabile dal rosso la rosa al grigio sia dovuto alla presenza di fosforo rosso o di zolfo.

Saturno con un diametro quasi dieci volte maggiore del diametro terrestre e una massa quasi cento volte più grande di quella della Terra, è un pianeta gigantesco. Occorrono poco meno di 30 anni (29,46 anni) perché Saturno compia un’orbita completa intorno al Sole, muovendosi a una distanza che è quasi dieci volte quella terrestre, cosicché la radiazione solare lo raggiunge solo in quantità ridottissima e la sua temperatura superficiale è di circa 160 gradi centigradi sotto zero. La rotazione è molto veloce, il periodo è di circa 10,5 ore, causa un forte schiacciamento ai poli e il raggio polare è più piccolo di 550 chilometri di quello equatoriale. L’atmosfera si presenta segnata da bande chiare e scure che si sviluppano parallelamente all’equatore ed è costituita prevalentemente da idrogeno e da metano, con deboli tracce di ammoniaca. Osservato al telescopio mostra la sua caratteristica più cospicua: un anello che si estende fino a 150 mila chilometri dal centro del pianeta. Questa struttura fu scoperta inizialmente da Galileo nel 1610 ma fu riconosciuta come tale solo nel 1655 da Huygens. Dopo oltre due secoli di ipotesi, oggi si sa che intorno a Saturno ruotano in gran numero oggetti solidi di ogni dimensione ricoperti di uno strato di ghiaccio. Il pianeta possiede 17 satelliti, il maggiore dei quali, Titano (scoperto da Huygens nel 1665), riveste particolare interesse perché possiede una densa atmosfera.

Urano è il primo pianeta ad essere stato scoperto in tempi storici, e precisamente da Herschel nel 1781. La grande distanza dalla Terra ha fatto sì che il suo disco non rivelasse alcun particolare nelle osservazioni telescopiche, fino all’esplorazione ravvicinata della sonda Voyager 2 avvenuta il 24 gennaio 1986. La caratteristica più spiccata del pianeta è quella di avere l’asse di rotazione quasi adagiato sul piano dell’eclittica, così che Urano rivolge alternativamente i poli nord e sud al Sole nel corso del periodo di rivoluzione che dura 84 anni. Il pianeta è avvolto da un denso strato di nebbie di metano, che insieme a idrogeno ed elio costituiscono i componenti principali dell’atmosfera. Il raggio di Urano è quattro volte quello della Terra (12.779,5 chilometri contro i 6.378 chilometri della Terra) e il periodo di rotazione è di circa 16 ore. Nel 1977, nel corso di una occultazione stellare, si è scoperto un sistema di nove anelli molto sottili e ben distanziati l’uno dall’altro. Accanto ai cinque satelliti principali, ne sono stati scoperti altri di piccole dimensioni.

Nettuno può essere considerato un gemello di Urano, è infatti un po’ più piccolo (12.382 di raggio) ma con un telescopio mostra lo stesso disco verdazzurro privo di dettagli. L’esistenza di Nettuno fu prevista prima della sua scoperta. Gli astronomi si accorsero che Urano non seguiva esattamente l’orbita prevista, e una possibile causa di tale irregolarità era che fosse attratto dalla gravità di un pianeta non ancora scoperto. In Inghilterra, il matematico Adams calcolò, nel 1845, la posizione del nuovo pianeta, e l’anno successivo il francese Leverrier giunse ad una conclusione simile. Nettuno fu trovato nella posizione prevista il 23 settembre 1846. Il pianeta percorre la sua orbita in poco meno di 165 anni (164,79 anni), quindi da quando è stato scoperto non ha ancora completato un giro intorno al Sole. Tutto quanto sappiamo delle sue caratteristiche è frutto della straordinaria impresa della sonda Voyager 2, che nel 1989 ha concluso il suo viaggio fra i pianeti visitando proprio Nettuno. L’atmosfera, ricca di metano e idrogeno a temperatura bassissima (circa 220 gradi sotto zero) ha mostrato un’inattesa dinamicità, con la presenza di bande analoghe a quello di Giove, con vortici e nubi bianco-rosate che si stagliano sul suolo planetario azzurro-verdastro. La sua grande peculiarità è una curiosa coppia di satelliti. Tritone, il più grande, gira su un’orbita retrograda e la forza di attrazione di Nettuno fa sì che l’orbita si restringa gradualmente e costantemente, così che il satellite si avvicinerà a spirale sempre più finché finirà per disintegrarsi tra 10-100 milioni di anni. L’altro satellite, Nereide, è molto più piccolo ma ha un’orbita eccezionalmente ellittica, che lo fa oscillare tra 1,4 e 9,7 milioni di chilometri da Nettuno.

Plutone è un estraneo tra i pianeti, e in realtà molti dubitano che meriti addirittura il titolo di pianeta. È di gran lunga il pianeta più piccolo, il suo raggio di 1160 chilometri è inferiore a quello della nostra Luna ed è notevolmente più piccolo del maggiore satellite di Nettuno, Tritone (1.353 chilometri). Qualcuno specula sulla possibilità che fosse originariamente un satellite di Nettuno, espulso in seguito ad una interazione proprio con Tritone. Scoperto nel 1930 da Tombaugh, la sua orbita è fortemente eccentrica, e va da 29,6 unità astronomiche (U.A. = unità di misura pari alla distanza media Terra-Sole, che vale 1,496 x 108 chilometri) al perielio alle 49,3 unità astronomiche all’afelio, e viene percorsa in 274,7 anni. Ha un solo satellite conosciuto, Caronte, scoperto nel 1978.

Le comete sono corpi inconsistenti, un miscuglio di gas gelati e di polveri, che girano attraverso il sistema solare su orbite allungate, tornando ad avvicinarsi al Sole a intervalli che vanno da pochi anni a molte migliaia di anni. Si ritiene che agli oscuri bordi esterni del sistema solare esista una nube di miliardi di comete, la nube di Oort. L’influsso gravitazionale di stelle di passaggio spinge le comete su nuove orbite, che le portano verso il Sole, dove diventano visibili a noi come splendenti apparizioni spettrali. Quando una cometa è lontana dal Sole, risplende solo riflettendo la luce solare, ma avvicinandosi alla nostra Stella, la cometa si riscalda, e il ghiaccio sublima. Sotto l’influsso della radiazione solare, i gas cominciano a diventare fluorescenti, similmente al gas in un tubo al neon. Recentemente, però, è stata resa nota una sorpresa. Nonostante le comete sono spesso oggetti estremamente brillanti, un gruppo di astronomi del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena ha scoperto che il nucleo della cometa Borrelly riflette tanta luce quanto il toner di una fotocopiatrice, ed è l’oggetto più scuro del Sistema Solare. Curiosamente è proprio perché il nucleo è scuro, e quindi assorbe tutta la radiazione che lo colpisce, che le comete sono così brillanti. La radiazione solare scalda infatti la superficie, che sublima liberando i gas e le polveri che formano la chioma e le code cometarie.

Nel 1986, la sonda Giotto scoprì che il nucleo della cometa di Halley riflette solo il 4% della luce che lo raggiunge. Ora la cometa Borrelly è stata studiata dalla sonda Deep Space 1, che l’ha raggiunta il 22 settembre scorso. Il suo nucleo è risultato ancora più scuro, con una riflettività compresa fra il 2,4 e il 3%. In confronto, l’asfalto riflette in media il 7% della luce incidente. Molto probabilmente a rendere così scuri i nuclei cometari sono i composti organici. Il Sole fa evaporare i composti più volatili, lasciando sulla superficie pesanti e lunghe catene organiche, che tendono ad essere scure.

Dopo aver osservato le meraviglie che ci attorniano, dobbiamo imparare a vedere ciò che si trova sotto i nostri piedi: il pianeta Terra, l’astronave con la quale ci muoviamo nello spazio siderale. Come molto spesso accade, ciò che è più vicino, è più sconosciuto perché lo diamo per scontato, invece lo stupore che si prova davanti alla visione di una sfavillante nebulosa può essere la stessa provata alla vista di una eruzione vulcanica o di un gruppo di monti o di un’aquila in volo. Impariamo a vedere e non soltanto a guardare di sfuggita ciò che ci circonda: la cosa che è più importante è sempre quella che abbiamo davanti ora.

 

Monografia n.76-2002/3


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