NEWTON E LA GRAVITAZIONE
di Claudio Zellermayer


Serie di ritratti di Isaac Newton
(incisione del maggio 1778)

La teoria della gravitazione universale nasce ufficialmente nel 1687, anno in cui viene dato alle stampe l’opera principale di Isaac Newton (1642 - 1727), i “Principi Matematici della Filosofia Naturale”.

Questo libro è il risultato di una disputa iniziata alcuni anni prima nell’ambito della Royal Society, una associazione culturale fondata da scienziati, tra l’astronomo Edmund Halley ed il fisico Robert Hooke. Il tema della disputa, proposta da un altro eminente personaggio, l’architetto Christopher Wren, stava nello scoprire e dimostrare la relazione tra la forza attrattiva del Sole verso un pianeta e la distanza pianeta-Sole. C’era la convinzione che la relazione fosse di proporzionalità inversa al quadrato della distanza. In altre parole, al raddoppiare della distanza la forza diminuisce di quattro volte; al triplicare la distanza la forza diminuisce di nove volte e via dicendo. In formule:

F a 1/r2

dove F è la forza attrattiva ed “r” la distanza tra il pianeta ed il Sole.

Tuttavia, nonostante questa convinzione, né Halley né Hooke erano capaci di dimostrare che questo fosse il risultato giusto. Halley allora ricorse all’aiuto di Newton che a quell’epoca ricopriva la cattedra di professore lucasiano di matematica all’università di Cambridge. Il colloquio con Newton risultò molto proficuo per Halley perché Newton confermò che la legge matematica aveva quell’espressione perché Newton stesso alcuni anni prima l’aveva dimostrato per proprio conto.

Stimolato dal quesito posto da Halley, Newton decise di rendere pubblici i suoi studi sia sulla gravitazione che sulla meccanica in generale. Tre anni dopo il colloquio tra Newton ed Halley veniva pubblicato, appunto i “Principia”. Tale testo può essere considerato a tutti gli effetti il primo vero e proprio trattato di fisica della storia, dove tra l’altro vengono enunciate le tre leggi della dinamica e la legge della gravitazione universale.

 

Le tre leggi della dinamica

Nell’ambito dei suoi studi Newton ovviamente non partì da zero. Il primo che si era interessato di gravitazione fu naturalmente Galileo Galilei (1564 - 1642) con i suoi studi sulla caduta dei gravi. Gli studi di Galileo lo portarono a scoprire un fatto sorprendente che contraddiceva la fisica aristotelica: tutti i corpi cadono sulla Terra con la stessa accelerazione e di conseguenza, partendo da medesime altezze essi arrivano al suolo con la stessa velocità e quindi in tempi uguali.

Ovviamente se proviamo a fare l’esperimento con la piuma ed il sasso, è quest’ultimo ad arrivare per primo.

Questo capita perché oltre alla forza di gravità sono presenti altri fattori quali l’attrito. Se l’esperimento viene compiuto in condizioni ideali, allora entrambi i corpi giungono a terra allo stesso tempo. La fisica aristotelica affermava che il corpo di massa maggiore aveva una velocità di caduta superiore a quello di massa minore. Galileo smentì facilmente tale ipotesi. Galileo intuì anche il principio di inerzia, enunciato da Newton nei Principia.


I tre Assiomi o leggi del moto

Dallo studio dei testi di Galileo e di Cartesio Newton enunciò le tre leggi della meccanica, con cui si aprono i Principia.

1ª legge o principio d’inerzia

Ogni corpo permane nel suo stato di qu iete o di moto rettilineo uniforme a meno che non sia costretto a mutare tale stato da forze impresse

2ª legge

F = m • a

dove “F” è la forza impressa ad un corpo, “m” la sua massa ed “a” l’accelerazione impartita al corpo.

3ª legge o principio di azione e reazione

Ad ogni azione ne corrisponde una uguale e contraria.

Il testo di Newton continua con tutta una serie di dimostrazioni di teoremi di geometria e di definizioni che lo stesso Newton utilizza per dimostrare la dipendenza della forza attrattiva dal quadrato della distanza tra i due corpi. Newton aveva dimostrato tale dipendenza in modo analitico ma era stato “costretto” ad inventarsi una sua matematica per tale dimostrazione. La matematica che inventa Newton ora noi la chiamiamo “calcolo differenziale” e si studia in genere nell’ultimo anno di scuola superiore. Tuttavia nei Principia Newton non può pretendere di dimostrare tale legge con la sua nuova matematica così che la dimostrazione è geometrica. Inoltre la sua dimostrazione implica anche che le tre leggi di Keplero siano corrette dal punto di vista della teoria della gravitazione universale. Si ricorda qui che l’astronomo tedesco Keplero studiando il problema relativo alla forma dell’orbita del pianeta Marte enuncia nella sua opera del 1619 Astronomia Nova inizialmente due delle sue tre leggi a cui seguirà qualche anno più tardi anche la terza:

1ª legge

I pianeti si muovono lungo orbite ellittiche in cui il Sole occupa uno dei due fuochi.

2ª legge

La velocità del pianeta lungo la propria orbita non è costante: è maggiore quando il pianeta si trova perielio e minore quando si trova all’afelio.

3ª legge per tutti i pianeti

A3
———— = K
T
2

Occorre specificare (2ª legge) che il perielio è la distanza minima tra il pianeta ed il Sole mentre l’afelio è la distanza massima, inoltre (3ª legge) A è il semiasse maggiore dell’orbita (in una ellisse si hanno due assi di simmetria), T è il periodo di rivoluzione del pianeta attorno al Sole mentre K è una costante.

L’aspetto singolare di queste tre leggi è che Keplero aveva verificato la loro validità solo per Marte e la Terra, generalizzando poi il risultato anche agli altri pianeti, senza nessuna prova osservativa. Inoltre le tre leggi sono il risultato esclusivo delle osservazioni di Keplero e del suo maestro Tycho Brahe; sono cioè delle leggi empiriche che non hanno nessun fondamento fisico. Nella teoria newtoniana della gravitazione le tre leggi di Keplero sono la naturale conseguenza della dipendenza della forza dalla quadrato della distanza. In altre parole: se la forza attrattiva dipende dall’inverso del quadrato della distanza allora la traiettoria del corpo non può che essere una ellisse e viceversa. Grazie a Newton le leggi di Keplero acquistano anche un fondamento fisico. Newton va oltre e dimostra che la forza di gravità oltre che dalla distanza tra i corpi dipende in modo diretto anche dalle masse dei corpi stessi. Si arriva così alla notissima legge delle gravitazione universale, reperibile in qualsiasi testo di fisica:

M • m
F = G ———————
r
2

dove F è la forza gravitazionale attrattiva tra due corpi, M ed m le masse dei corpi ed r la distanza tra loro. Nella formula compare anche G che è la costante di gravitazione universale, un numero piccolissimo:

N • m2
G = 6,67 • 10
-11 ———————————
Kg
2

Nei Principia Newton utilizzando il lavoro di Galileo sulle traiettorie dei proiettili ipotizza un esperimento ideale con cui mostra che la legge di caduta dei corpi spiega anche il moto dei pianeti attorno al Sole. Tale esperimento va sotto il nome di “cannone da alta montagna”.

Newton immagina di porre su una alta montagna un cannone che spara proiettili via via più veloci, cioè con velocità iniziali sempre maggiori. Dagli esperimenti di Galileo si era visto che tutto ciò aveva come conseguenza di aumentare la “gittata” ideale del cannone: il proiettile toccherà terra sempre più lontano dal cannone. Nell’esperimento mentale di Newton si può pensare che ad un certo punto la velocità con cui viene sparato il proiettile sia tale che questo non tocchi più terra e si ponga in orbita alla stessa quota della montagna compiendo un percorso circolare. In pratica il proiettile pur obbedendo alla legge di caduta dei gravi e quindi cadendo continuamente sulla Terra non la raggiungerà mai, a meno che non cambino le condizioni di partenza. Questo appena descritto è il metodo con cui vengono messi in orbita i satelliti artificiali. Uno shuttle fa la parte della montagna, portando in quota il satellite che viene poi “sparato” ed inizia il suo percorso. Anche la Luna si comporta allo stesso modo: sta cadendo continuamente sulla Terra. Se si annullasse la forza di gravità, la Luna seguirebbe una traiettoria tangenziale alla sua orbita perdendosi nello spazio, se invece si annullasse la sua rivoluzione lei cadrebbe lungo la verticale, verso la Terra. Da questo esperimento ideale Newton giunse alla conclusione che il corpo lasciato cadere, il proiettile, e la Luna si comportano tutti allo stesso modo: cadono sulla Terra per effetto della gravità quindi una stessa causa (la gravità) spiega un fenomeno terrestre ed uno celeste. La fisica della Terra può essere usata per spiegare i moti dei corpi celesti, unificando in tal modo le due classi di fenomeni. In senso rigoroso questa non è una unificazione di forze della natura ma solo una unificazione di classi di fenomeni.

Da tutto il lavoro di Newton la gravità risulta essere una “azione a distanza” cioè i corpi si attraggono pur senza venire in contatto fisico. Tutto ciò veniva preso come un dato di fatto senza che venisse spiegato. Verso la fine dell’800 la teoria dell’elettromagnetismo di Maxwell introdurrà il concetto di “campo di forza” che verrà esteso anche alla gravità. Così come i fenomeni elettromagnetici vengono spiegati tramite l’effetto di un “campo di forza” elettromagnetica anche la gravità viene vista come un campo di forza che agisce a distanza. Occorrerà attendere il lavoro di Einstein del 1915 sulla Relatività Generale per avere una nuova teoria della gravitazione che completerà quella di Newton sostituendo al concetto di campo di forza il concetto di “curvatura” dello spaziotempo. Ma questo argomento esula dal tema trattato.

 

Sviluppi ulteriori della gravitazione

Newton ancora nei Principia va oltre alla legge di gravitazione così come è stata espressa poche righe sopra. Egli capisce che tale legge si può estendere ad un numero qualsiasi di corpi che si attraggono, complicando molto il problema del ricavare la traiettoria del corpo in questione. Newton inizia ad analizzare il problema dei “tre corpi” nella fattispecie Terra-Sole-Luna.

Scopre così che descrivere l’orbita della Luna attorno alla Terra, tenendo conto dell’influenza gravitazionale del Sole è un problema che va oltre alla matematica che lui stesso aveva inventato. Solo verso la fine del ‘700 i grandi matematici francesi, primo fra tutti Lagrange svilupperanno quella che ora viene chiamata “meccanica celeste” cioè lo studio delle perturbazioni che i vari pianeti del sistema solare generano a vicenda modificando e complicando notevolmente i calcoli delle orbite al punto che le soluzioni possono essere solo approssimate e mai esatte.

Tuttavia proprio in virtù delle perturbazioni gravitazionali dei pianeti, nel 1846 viene scoperta una di queste perturbazioni nell’orbita del pianeta Urano. La perturbazione corrisponde ad un corpo e ne viene calcolata la sua orbita, si puntano i telescopi e viene scoperto il pianeta Nettuno. Tale scoperta rappresenta il trionfo completo della teoria della gravitazione di Newton. A buon diritto si verifica come le leggi della fisica valgono sia sulla Terra che nel cielo.

 

Problemi e critiche alla gravitazione

La teoria di Newton estesa ai problemi di più corpi riesce a rendere conto di tutte le varie anomalie del moto dei pianeti tranne una: la precessione del perielio di Mercurio. In altre parole l’orbita di Mercurio non si chiude esattamente al punto di partenza ma ad ogni rivoluzione si sposta leggermente verso la direzione da cui arriva, cioè “precede” il punto di chiusura dell’orbita. Anche la Luna subisce questo effetto solo che per la Luna tale precessione è giustificata dalle perturbazioni del Sole ed altre note, mentre nessun effetto perturbativo su Mercurio giustifica il valore trovato: 43" ogni secolo. Un angolo piuttosto piccolo, ma pur sempre un neo nella teoria di Newton. Anche per spiegare questo effetto occorrerà attendere la teoria della Relatività Generale di Einstein.

All’epoca della pubblicazione dei Principia i detrattori di Newton lo accusavano di avere introdotto, con la gravità, delle forze occulte perché lui non spiega cosa sia la gravità. Newton si limita solo a fornire una espressione matematica che funziona e che fino all’inizio del nostro secolo avrà una totale validità.

Occorre però sottolineare che nessun altro sarà capace di spiegare in termini qualitativi cosa sia la gravità. Solo Einstein ne sarà capace e per molti decenni tale spiegazione sarà un qualcosa di troppo complicato per i fisici suoi contemporanei.

 

Letture consigliate:

Il moto dei pianeti intorno al Sole: una lezione inedita di Richard Feynmann – Goodstein – Ed. Zanichelli

 

Monografia n.48-2000/7


Torna alla Home Page di Testi & Trattati