Le Pleiadi
di Marco Marchetti

Lastra marmorea del ciclo “le Costellazioni dello Zodiaco”
Costellazione del Toro con Aldebaran e le Pleiadi
Lastra marmorea del ciclo “le Costellazioni dello Zodiaco”
realizzate dagli alunni della quinta classe (anni 1999-2000, 2000-2001)
della scuola elementare “Gianni Rodari” di Villanova di Bagnacavallo
all’interno di un pecorso interdisciplinare.
Il Comune sistemerà le lastre nella piazza del paese.

 

INTRODUZIONE

Le Pleiadi sono un gruppetto di stelle nella costellazione del Toro che tutti quanti abbiamo sicuramente notato ogni volta che abbiamo alzato lo sguardo in cielo durante il periodo invernale. Il gruppo, conosciuto fin dall'antichità e presente nella cultura di molti popoli, rappresenta un classico esempio di ammasso stellare aperto o galattico.

 

STELLE DOPPIE E MULTIPLE

Un’alta percentuale delle stelle presenti nella nostra galassia si presenta sotto forma di stelle doppie; infatti stelle che ad occhio nudo sono visibili come singoli punti appaiono scindersi in due componenti separate se osservate con un telescopio.

A volte l'accoppiamento è puramente prospettico: in altre parole le due stelle sono distantissime fra loro e appaiono vicine per puro caso. Nella stragrande maggioranza dei casi, invece, l'accoppiamento è fisico cioè le due stelle sono legate dalla mutua attrazione gravitazionale e ruotano attorno al baricentro comune.

Splendidi esempi di stelle doppie (le cui componenti sono separabili anche con piccoli telescopi) sono Mizar, la stella centrale del timone del Grande Carro, Albireo, nella costellazione del Cigno, e Almak nella costellazione di Andromeda.

Esistono anche casi molto più rari di stelle triple, quadruple e perfino sestuple; un esempio molto interessante di stella sestupla è rappresentato da Castore, la stella più luminosa della costellazione dei Gemelli, che splende luminosissima nelle fredde serate invernali. Castore è una stella tripla in cui ognuna delle tre componenti è a sua volta doppia. Lo spettacolo visibile da un pianeta orbitante attorno ad un sistema del genere sarebbe davvero magnifico; con tutta probabilità gli ipotetici abitanti di un pianeta del genere non conoscerebbero la notte poiché con sei stelle a disposizione almeno una sarebbe comunque presente in cielo.

 

AMMASSI DI STELLE

Oltre che presentarsi in forma singola o multipla le stelle hanno la tendenza a raggrupparsi in ammassi. Abbiamo due tipi di ammassi stellari: gli ammassi aperti (o galattici) e gli ammassi globulari.

Gli ammassi aperti si trovano all'interno della nostra galassia e sono formati da alcune centinaia o migliaia di stelle (a seconda dei casi) disposte in maniera irregolare e abbastanza sparpagliate. Molti di essi sono visibili con binocoli e piccoli telescopi; meritano di essere citati il doppio ammasso di Perseo e il Presepe visibili anche ad occhio nudo rispettivamente al confine fra la costellazione di Cassiopeia e di Perseo e nella costellazione del Cancro.

Per contro gli ammassi globulari si trovano all'esterno della nostra galassia e formano una specie di alone che circonda ed avvolge la galassia stessa. Gli ammassi globulari sono più ricchi dei loro cugini galattici; infatti sono composti da centinaia di migliaia o milioni di stelle disposte secondo una simmetria sferica. Anche alcuni ammassi globulari sono facilmente rintracciabili con binocoli e piccoli telescopi: un caso per tutti è l'ammasso globulare noto con la sigla M 13 visibile anche ad occhio nudo durante le fresche serate primaverili nella costellazione di Ercole.

 

LE PLEIADI

Ammasso delle Pleiadi (M 45)
Pleiadi (M 45).
Due pose, una di 30 minuti e una di 15 (per la nebulosità
attorno alle stelle) con Kodak Pro 400. Ph. Robert Bickel's.

Un esempio molto famoso e spettacolare di ammasso galattico è costituito dalle Pleiadi, un gruppetto di sette stelle nettamente visibile ad occhio nudo nella costellazione del Toro durante le lunghe notti invernali. La forma ricorda vagamente quella di una Orsa Maggiore in miniatura al punto che il gruppo viene spesso erroneamente scambiato per la costellazione dell'Orsa Minore (che ovviamente si trova in tutt'altra direzione).

In una notte serena ad occhio nudo si riescono a distinguere facilmente sette stelle che diventano nove o dieci se siamo dotati di un'ottima vista.

L'osservazione con l'ausilio di strumenti è ancora più entusiasmante: già un piccolo binocolo ci mostra decine di stelle mentre telescopi di medie dimensioni ce ne mostrano centinaia. Il diametro dell'ammasso si aggira intorno ai 30 anni luce e dista dalla Terra circa 385 anni luce.

A questo punto ci fermiamo un attimo per una piccola considerazione: una distanza di 385 anni luce significa che la luce, per percorrere la distanza che ci separa dalle Pleiadi, ha impiegato 385 anni quindi noi non vediamo le Pleiadi come sono oggi ma come erano 385 anni fa. Quando la luce ha iniziato il suo lungo viaggio correva all'incirca l'anno 1615: l'America era stata scoperta da poco di cento anni, Galileo aveva appena effettuato le prime storiche osservazioni telescopiche del cielo e Newton doveva ancora nascere.

Il gruppo delle Pleiadi è uno degli ammassi stellari più studiati e fotografati; le prime fotografie risalgono alla seconda metà del secolo scorso. Confrontando queste vecchie fotografie con quelle odierne si è scoperto che le stelle del gruppo non occupano le stesse posizioni che occupavano in passato; in altre parole si sono spostate e non sono le sole.

Infatti tutte le stelle, Sole compreso, si muovono nello spazio con velocità più o meno elevate; è solo l'enorme distanza che ci separa da esse che ce le fa apparire fisse nel cielo. È sufficiente confrontare due osservazioni separate da un intervallo di tempo sufficientemente lungo per far sì che lo spostamento emerga. In particolare il Sole possiede un moto proprio che lo porta a spostarsi, con tutto il suo corteo di pianeti, verso un punto situato fra la costellazione della Lira e quella di Ercole alla velocità di 20 km/s.

Ritornando alle Pleiadi si è scoperto che tutte le stelle del gruppo si spostano nella stessa direzione con la stessa velocità. Inoltre alcune stelle che in primo momento si pensava facessero parte dell'ammasso possiedono velocità e spostamenti in direzioni diverse e quindi la loro presenza in quella zona è solo prospettica; al contrario altre stelle che si pensava fossero estranee all'ammasso possiedono le stesse velocità e spostamenti e quindi fanno parte dell'ammasso stesso.

 

STORIA E MITOLOGIA

Le Pleiadi, conosciute anche con il nome di 'Sette Sorelle' oppure di 'Gallinelle' sono note fin dall'antichità; infatti le cita Omero nell'Odissea e ne parla la Bibbia nel libro di Giobbe. I loro nomi, introdotti dal poeta greco Arato vissuto nel terzo secolo a.C., sono Alcione (la più luminosa), Maia, Merope, Elettra, Taigete, Asterope, Celeno e corrispondono alle sette mitiche figlie di Atlante. Nel XVI secolo sono stati aggiunti i nomi dello stesso Atlante e di sua moglie Pleione.

Secondo un mito raccontato da Igino (I secolo d.C.) un giorno Pleione e le figlie, mentre stavano attraversando la Beozia, furono aggredite dal gigante Orione che voleva possederle oppure, secondo un’altra versione del mito, sedurre la madre. Le ragazze riuscirono a sfuggire all’agguato ma da quel giorno cominciò un lungo inseguimento da parte dell’infuriato Orione fino a quando Zeus, impietosito, le trasformò in stelle. Stessa sorte toccò poi al gigante il quale continuò l’inseguimento in cielo.

Secondo un’altra leggenda, tramandataci da Apollodoro (II secolo a.C.), tutte le Pleiadi si unirono in matrimonio ad altrettante divinità generando altri dei ed eroi tranne Merope che invece sposò un mortale, Sisifo, generando Glauco. La trasformazione in stelle fu un premio per la loro saggezza.

Per quanto riguarda il nome c’è chi lo fa derivare da ‘pléin’, navigare, poiché le Pleiadi indicavano dopo l’inverno l’inizio della stagione idonea alla navigazione; chi invece lo fa derivare da ‘pléion’, più, poiché sono numerose e chi ancora da ‘péleiades’, stormo di colombe, poiché prima di diventare stelle Zeus le avrebbe trasformate in questi uccelli per potere sfuggire più facilmente all’inseguimento di Orione.

Le Pleiadi diventarono astronomicamente importanti intorno al 2.500 a.C. poiché il loro sorgere eliaco avveniva in corrispondenza dell’equinozio di primavera che, presso gli antichi popoli della Mesopotamia, rappresentava l’inizio dell’anno.

Nel I millennio a.C. l’apparire delle Pleiadi nei cieli primaverili del mattino indicava agli antichi naviganti l’inizio della stagione idonea alla navigazione mentre la loro scomparsa nei cieli serali autunnali segnalava che era giunto il momento di lasciare le navi nei porti.

Oggi le Pleiadi cominciano ad apparire nei cieli del mattino in agosto, sono ben visibili in prima serata in inverno e annegano nelle rossi luci del tramonto in maggio. Per capire questa differenza di comportamento bisogna che andiamo brevemente a fare la conoscenza con un curioso fenomeno astronomico: la precessione degli equinozi.

 

LA PRECESSIONE DEGLI EQUINOZI

Oltre ai ben noti movimenti di rotazione attorno al proprio asse e di rivoluzione intorno al Sole, la Terra possiede un ulteriore movimento chiamato precessione. L’attrazione combinata della Luna e del Sole sul rigonfiamento equatoriale terrestre fa sì che l’orientamento dell’asse attorno al quale ruota il pianeta non sia fisso nello spazio ma cambi molto lentamente nel tempo.

Un primo effetto della precessione è il lento migrare del Polo Nord Celeste in mezzo alle stelle. Tutti i libri di astronomia ci raccontano che il Polo Nord celeste è indicato dalla Stella Polare (la stella più luminosa della costellazione dell’Orsa Minore) poiché tale stella si trova nella direzione in cui punta l’asse terrestre ma, a causa della precessione, non è sempre stato così. In un’epoca che risale a 4800 anni fa il Polo Nord celeste era indicato da Thuban (la stella più luminosa della costellazione del Drago) mentre fra 7.000 e 13.000 anni le future stelle polari saranno rispettivamente Alderamin (nella costellazione di Cefeo) e Vega (nella costellazione della Lira).

Un secondo effetto è che la posizione occupata dal Sole durante l’equinozio di primavera, il cosiddetto ‘punto vernale’ o ‘punto gamma’, non è fissa ma anch’essa si sposta molto lentamente lungo l’eclittica nel verso opposto al moto annuo del Sole. Il movimento del punto gamma lungo l’eclittica è chiamato precessione degli equinozi.

A partire dal 2220 a.C. fino al 60 a.C. il punto gamma si trovava nella costellazione dell’Ariete; per questo motivo il punto gamma è anche conosciuto come ‘primo punto dell’Ariete’. Nel 60 a.C. il punto gamma è entrato nella costellazione dei Pesci e lì resterà fino al 2100 d.C. dopo di che entrerà nella costellazione dell’Acquario.

L’intervallo di tempo impiegato dal punto gamma per compiere un giro completo dell’eclittica, pari a circa 26000 anni, fu anticamente chiamato ‘grande anno delle Pleiadi’ poi ribattezzato in ‘anno platonico’ durante il Medioevo.

Durante il periodo che va dal 4.380 a.C. al 2.220 a.C. il punto gamma si trovava nella costellazione del Toro; quest’epoca era anticamente denominata ‘Era delle Pleiadi’.

 

ALCIONE

La stella più luminosa delle Pleiadi è Alcione; talvolta la si trova scritta nella sua forma grecizzante Alcyone.

Secondo Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) l’alcione era un uccelletto, poco più grande di un passero, dai colori vivaci che nidificava presso le coste marine. Sempre secondo Plinio l’alcione si faceva vedere molto raramente; gli unici periodi in cui era possibile osservarlo erano i solstizi, a metà inverno e in occasione del tramonto delle Pleiadi. Il grande storico e scienziato continua la sua descrizione affermando che gli alcioni costruiscono i loro nidi sette giorni prima del solstizio d’inverno e depongono le uova sette giorni dopo.

Un’altra leggenda narra che gli alcioni erano in grado di prevedere con molto anticipo le tempeste e che avevano la facoltà di placarle.

Partendo da queste antiche descrizioni alcuni naturalisti hanno identificato l’alcione con il martin pescatore anche se vi sono alcuni dubbi poiché il martin pescatore nidifica lungo i fiumi e i torrenti e non sulle coste.

Secondo un’antica leggenda Alcione era la figlia di Egiale (‘colei che tiene a bada l’uragano’) e di Eolo (il custode dei venti) e aveva sposato Ceice (‘gabbiano’), figlio della Stella del Mattino.

Erano talmente felici assieme che decisero di chiamarsi Zeus ed Era suscitando così l’ira delle due divinità le quali si vendicarono scagliando una folgore contro la nave di Ceice, partito per consultare un oracolo. Lo spirito di Ceice apparve allora ad Alcione la quale, sopraffatta dal dolore, si gettò in mare. Mossi da pietà alcuni dei li trasformarono in un alcione e in un gabbiano oppure, secondo un’altra versione del mito, in due alcioni.

Alcione divenne la figlia di Atlante e Pleione in epoca più tarda.

Tornando alle Pleiadi, Alcione è un interessantissimo oggetto astronomico; è infatti una bellissima stella tripla le cui componenti sono tutte ben visibili anche con piccoli telescopi.

 

ETÁ E FUTURO DELLE PLEIADI

Le stelle principali del gruppo delle Pleiadi sono stelle di colore azzurro molto grandi, calde e giovani; la loro età è stimata fra i 60 e gli 80 milioni di anni, un'inezia rispetto ai 5000 milioni di anni del nostro Sole.

Fa una certa impressione notare il fatto che le Pleiadi emisero la loro prima luce nello stesso periodo in cui sulla Terra si consumò il dramma dei dinosauri; ricordiamo infatti che la grande estinzione di massa dei dinosauri avvenne all'incirca 65 milioni di anni fa.

Purtroppo le Pleiadi non vivranno a lungo come il Sole; le Sette Sorelle pagheranno a caro prezzo il fatto di essere molto grandi e luminose. Infatti più una stella è grande e luminosa e più velocemente consuma il suo combustibile nucleare per contrastare la gravità che tende a comprimerla. Quindi mentre stelle medio-piccole come il Sole possono vivere tranquillamente fino a 10 miliardi di anni stelle massicce e luminose come le Pleiadi potranno vivere solamente per un centinaio di milioni di anni dopo di che esploderanno come supernovae e si trasformeranno in stelle di neutroni o buchi neri.

Una conseguenza molto importante, e anche molto triste, di questo fatto è che eventuali pianeti in orbita attorno a stelle di questo tipo non potranno mai ospitare forme viventi simili alla nostra poiché la vita di queste stelle è troppo breve. Infatti la vita sulla Terra ha richiesto tempi lunghissimi per potersi evolvere da semplicissime forme primordiali a forme più evolute e complesse.

Ricordiamo che il sistema solare nacque a partire dalla condensazione di una nube di gas all'incirca 4.600 milioni di anni fa e le primissime forme di vita apparvero circa 4.000 milioni di anni fa; per trovare le prime forme di vita abbastanza complesse bisogna arrivare all'inizio del del periodo geologico denominato Cambriano, circa 700 milioni di anni fa.

Ecco quindi che, a meno dell'esistenza di una qualche forma di vita particolarmente rapida nel proprio sviluppo, il meraviglioso spettacolo che le Sette Sorelle potrebbero offrire da una distanza molto ravvicinata non potrà mai essere osservato da occhi indigeni; forse in un lontano futuro questo spettacolo potrà essere ammirato da occhi terrestri a bordo di una astronave ma questa è fantascienza.

 

Monografia n.68-2001/11


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