TUTTI I COLORI DEL BUIO
di Claudio Zellermayer

 


I colori della superficie di Venere possono essere visti solo sul posto.
Immagini del 1 marzo1982 inviate dalla sonda russa Venera 13.

 

Quando noi ci apprestiamo ad osservare il cielo stellato la sensazione più immediata è quella di essere in presenza di uno schermo nero sul cui sfondo le stelle appaiono come dei puntini luminosi bianchi.

I nostri occhi, ad una prima e generalizzata osservazione vedono solo questo.

Le cose però non stanno così.

I nostri occhi sono limitati e salvo rarissime occasioni, non vedono i colori del buio. Ad occhio nudo noi siamo in grado di vedere solamente le stelle più vicine a noi, la Luna ed i pianeti, questi ultimi indistinguibili dalle stelle per un occhio non allenato. Oltre a ciò il cielo è popolato da moltissimi altri oggetti, ognuno con la sua importanza, che possono essere visti solo con strumenti ottici, cioè strumenti che raccolgono più luce e che quindi mostrano più particolari.

Il grado di visione, naturalmente, dipende essenzialmente dallo strumento usato.

Un binocolo, ad esempio, permetterà di vedere i particolari del suolo lunare, qualche ammasso di stelle, Giove e le sue quattro lune più grandi ed altri oggetti ancora. Già l’uso di un binocolo permette di distinguere qualcosa che l’occhio nudo non può quasi vedere: i colori.
Se si osserva Marte ad occhio nudo lo si può paragonare ad una qualsiasi stella, magari non eccessivamente brillante.
Se però l’osservazione di Marte viene fatta con un binocolo anche poco potente ecco che la luce di Marte appare di un colore rosa tendente al rosso.
Anche le stelle, se osservate col binocolo, appariranno sempre della stessa dimensione, ma si cominceranno a notare i colori: bianco, azzurro, giallastro, rosso.

Il vero trionfo del colore del buio lo si ottiene tramite le fotografie astronomiche.

Gli oggetti celesti che non possiamo vedere ad occhio nudo come le Nebulose, le Galassie, gli Ammassi Stellari ed altro ancora, nel momento in cui vengono fotografati appaiono con tutto il loro splendore e tutti i loro colori. Qualsiasi testo di astronomia mostra la spettacolarità di queste foto.

Perché i nostri occhi non vedono questi colori mentre le lastre fotografiche sì?

È tutta una questione di quantità di luce.
I nostri occhi non accumulano la luce che vediamo: noi possiamo osservare una stella per un’ora di seguito e questa ci apparirà sempre allo stesso modo. Non è così per le pellicole fotografiche. Più sono esposte alla luce e più ne catturano rivelando, a seconda della loro sensibilità, i vari colori. Ovviamente entro certi limiti: se l’esposizione alla luce è troppa, la pellicola si satura e non salta fuori niente.

Quando ci si appresta ad osservare il cielo stellato è necessario prendere delle precauzioni per migliorare le nostre osservazioni.
Oltre al fatto banale di avere il cielo sgombro da nuvole è fondamentale osservare in un posto il più buio possibile e senza la presenza della Luna.
Luci artificiali e luce lunare creano un chiarore così intenso da cancellare la maggior parte delle stelle visibili ad occhio nudo oltre ad un oggetto che si dovrebbe vedere sempre, con le condizioni sopra citate: la Via Lattea. La Via Lattea è formata dalle stelle, essenzialmente, e da una serie di altri oggetti dall’aspetto nebulare, non visibili ad occhio nudo, di cui fra poco si parlerà.

Nel momento in cui un osservatore è in grado di distinguere la Via Lattea se si provasse a puntare un binocolo nella zona in cui appunto è visibile la Via Lattea, ecco che si potrebbe notare un aumento della densità delle stelle. Come si diceva prima, un binocolo non è in grado di mostrare le dimensioni fisiche delle stelle, però ne fa vedere molte di più. Nella Via Lattea le stelle sono fittissime ed inoltre lo sfondo del cielo non appare più nero ma di un colore blu intenso.
Tale colore è dovuto al chiarore di tutte quelle stelle non distinguibili col binocolo. La Via Lattea è un agglomerato di stelle a forma di disco, quella che noi chiamiamo la Galassia, contenente circa cento miliardi di stelle. Tutte le stelle visibili ad occhio nudo, compreso il Sole, sono contenute all’interno della Via Lattea.

Una buona osservazione del cielo non può prescindere dall’orientamento, la ricerca dei punti cardinali tramite le stelle.

Abbiamo la fortuna di avere una stella che permette di individuare facilmente il Nord, la Stella Polare, stella che sfortunatamente è indistinguibile dalle altre se osservata isolatamente.
Per individuarla ci si aiuta con la costellazione del Grande Carro, un raggruppamento di stelle di facile individuazione nel cielo e che alle nostre latitudini è sempre visibile: ad ogni ora della notte e tutte le notti dell’anno.

Nella zona del cielo in cui si vede il Grande Carro, con un notevole telescopio è possibile vedere due galassie: M 81 ed M 82.
Le galassie, come accennato per la Via Lattea, sono degli immensi agglomerati di stelle.
All’inizio di questo secolo gli astronomi erano ancora all’oscuro dell’esistenza delle galassie, o meglio non sapevano cosa fossero di preciso e dove si trovassero nel cielo.
Quando l’astronomia, con la costruzione di strumenti ottici sempre più potenti, ha dato via alla corsa allo scandaglio del cielo, è stato possibile notare che oltre alle stelle, i pianeti, Sole e Luna in cielo erano presenti degli oggetti che ai primi telescopi apparivano come piccole nubi. Charles Messier, nel ‘700 scrisse un catalogo con le coordinate celesti di un centinaio di questi oggetti, da qui la lettera “M” in M 81, per esempio.
In seguito all’uso di strumenti più sofisticati è stato possibile notare che alcuni di questi oggetti nebulari contenevano al loro interno delle stelle, altri erano formati quasi solo da stelle ed altri rimanevano sempre con l’aspetto nebulare. Solo verso gli anni venti di questo secolo gli astronomi sono stati in grado di misurare in modo più preciso le distanze di questi oggetti ed allora è apparso chiaro che alcuni di questi, le galassie appunto, veniamo ad essere collocate molto al di fuori della Via Lattea.
I successivi studi delle galassie mostrarono appunto che questi oggetti hanno forme diverse, che possono essere catalogate in quattro tipi in base al loro aspetto morfologico: galassie a spirale, come la Via Lattea ed Andromeda, cioè galassie che hanno proprio la forma di una spirale (tipo i zampironi per zanzare!), galassie ellittiche, dalla forma sferoidale o di un uovo, galassie lenticolari che sono una via di mezzo tra la categoria delle spirali e delle ellittiche ed infine galassie irregolari, nome che suggerisce che la loro forma sia non ben definita.

Tornando alla nostra osservazione, M 81 è una galassia spirale vista di taglio, mentre M 82 è una galassia il cui nucleo è sede di colossali fenomeni di emissione di energia. Tali galassie vengono chiamate, “galassie attive”.

Spostandosi con lo sguardo verso sud, dopo avere ovviamente individuato i quattro punti cardinali, può vedersi una delle costellazioni più evidenti del cielo estivo: lo Scorpione.

Questa costellazione si viene a trovare verso sud, appunto, quasi sdraiata sull’orizzonte.
La sua forma è quella di un gancio o di un amo da pesca e nella sua zona è possibile notare anche la parte più estesa della Via Lattea. La stella più luminosa della costellazione dello Scorpione è Antares, una stella dal colore arancione. Tra breve parleremo anche del colore delle stelle e del suo significato fisico.

Alla sinistra della costellazione dello Scorpione, sempre nella fascia dello zodiaco, abbiamo il Sagittario, o almeno una parte di esso.
La costellazione del Sagittario corrisponde in cielo alla proiezione del centro della Via Lattea. In questa zona di cielo, osservando con un telescopio professionale è possibile vedere tutto un campionario di oggetti contenuti nelle galassie. In primo luogo le nebulose.
Le due nebulose più spettacolari sono
M 8 “la nebulosa Trifida” ed M 20 “la nebulosa Laguna”. Questi oggetti appaiono in foto in maniera spettacolare per i loro colori. Questi colori sono il risultato dell’illuminazione da parte di stelle brillantissime dei gas di cui sono fatte le nebulose. Le nebulose sono sostanzialmente delle immani nubi dalla forma irregolare di gas, in maggior parte idrogeno, e sono la culla delle stelle. Tutte le stelle si sono formate all’interno delle nebulose diffuse.
Anche il nostro Sole è nato in una nebulosa.
Il gas contenuto in una nebulosa tramite la forza gravitazionale è sempre in movimento e nelle zone della nebulosa dove la densità del gas raggiunge certi livelli lì si formano degli addensamenti, come dei grumi, che vengono via via ampliati dalla forza di gravità. In tali zone nascono le stelle, a migliaia per volta. Il gas della nebulosa viene via via incorporato nelle singole stelle. Le stelle che nascono per prime, con la loro potente luce illuminano il gas della nebulosa e lo rendono visibile così come le foto lo mostrano.
Nella nebulosa Trifida risultano ben visibili delle zone più scure, come delle nubi nere.
Queste nubi sono fatte di polvere ed oscurano la luce delle stelle retrostanti. Sullo sfondo luminoso delle nebulose, la polvere contenuta in questi oggetti appare come delle nubi oscure.
Le fotografie delle nebulose si ottengono solo con pose lunghe anche di ore.
A occhio nudo noi possiamo vedere una nebulosa sola, nel cielo invernale: la
nebulosa di Orione o M 42.

Spostando lo sguardo dallo Scorpione verso l’alto ci si imbatte nella costellazione di Ercole.
Al suo interno possiamo trovarvi
M 13, un ammasso globulare.
Gli Ammassi Globulari sono degli agglomerati di stelle disposte in modo da formare un globo o una sfera leggermente schiacciata, da qui l’aggettivo globulare. Questi ammassi di stelle possono contenere fino a centomila stelle e sono tutti situati nella periferia della Via Lattea. Ruotano intorno ad essa e sono gli oggetti più lontani della nostra galassia. Anche le altre galassie sono circondate da ammassi globulari. Fotografie della galassia Andromeda mostrano centinaia di questi oggetti.
Le stelle contenute nell’interno di un ammasso globulare, dal punto di vista evolutivo, sono stelle vecchie, cioè stelle che si apprestano alla fine della loro lunghissima vita. Come detto prima, le stelle nascono all’interno delle nebulose diffuse grazie ad addensamenti casuali di gas. Quando una stella nasce si instaura un equilibrio tra due forze: la forza di gravità che cerca di comprimere la sfera di gas che è la stella in formazione e la forza di pressione del gas caldissimo che non vuole farsi comprimere. Nel nucleo della stella la temperatura raggiunge svariati milioni di gradi, temperatura necessaria affinché si attivino delle reazioni nucleari di fusione che producono l’energia della stella, energia che la tiene insieme e che piano piano esce dal nucleo e giunge a noi sotto forma di calore, come nel caso del Sole, o sotto forma di luce, per le altre stelle lontane. La massa iniziale della stella ne segna il suo cammino evolutivo.
Le stelle di grande massa emettono colossali quantità di energia e per questo si consumano in fretta: qualche centinaio di milione di anni.
Stelle come il Sole invece si consumano più lentamente e di conseguenza vivono più a lungo, sino a quindici miliardi di anni. Il Sole dopo cinque miliardi di anni si trova a metà della sua vita. Le stelle degli ammassi globulari invece sono arrivate quasi al capolinea della loro vita.
La massa delle stelle oltre che segnare il loro cammino determina il colore della luce delle stelle. Il nucleo della stella raggiunge temperature di milioni di gradi, ma nei suoi strati più esterni le temperature sono “solo” di migliaia di gradi. Queste temperature dell’atmosfera delle stelle ne determinano il colore.
L’atmosfera del Sole ha una temperatura di circa seimila gradi e questo implica che la sua luce sia giallastra.
Stelle che hanno una temperatura superficiale di diecimila gradi presentano un colore biancastro.
Più la temperatura è alta e più il colore tende al bianco-azzurro o addirittura blu, mentre per temperature “basse” il colore della stella tende al giallo, arancione, rossastro, rosso.
La stella Antares dello Scorpione, come detto, ha un colore arancione e tale colore spesso è indice dell’approssimarsi della fine della stella. Queste stelle vengono chiamate “giganti rosse” perché verso la fine della loro vita le stelle tendono a dilatarsi aumentando il loro raggio di centinaia di milioni di chilometri. Antares se messa al posto del Sole riempirebbe il sistema solare fino all’orbita di Giove!

Seguendo nel cielo la traccia della Via Lattea si possono notare tre stelle luminosissime disposte nei vertici di un gigantesco triangolo. È il cosiddetto triangolo estivo. Ognuna di queste stelle appartiene ad una costellazione diversa.
Quella più vicina all’orizzonte è Altair della costellazione dell’Aquila.
Altair è una stella bianca e si trova al centro di tre stelle disposte su una retta.
La seconda stella del triangolo è anche la più luminosa del cielo estivo: Vega, stella bianco-azzurra della costellazione della Lira, infine Deneb anch’essa di colore bianco nella costellazione del Cigno o Croce del Nord.
Nella costellazione della Lira vi è presente anche
M 57, la nebulosa anulare della Lira, una nebulosa che a differenza di quelle del Sagittario ha una forma ad anello o ciambella.
Questa differenza morfologica è legata anche ad un’altra differenza.
Mentre le nebulose diffuse come Orione o Laguna sono la culla delle stelle, le nebulose anulari o planetarie (a forma di disco) sono ciò che rimane di una stella.
Quando la vita di una stella si conclude la stella subisce una espansione. Questa espansione può essere lenta come capiterà al Sole o improvvisa sotto forma di una immane esplosione. In questo caso si parla di esplosione di Supernova. Nel caso di espansione lenta, si forma un oggetto anulare che altro non è che ciò che noi vediamo del fronte d’onda dell’espansione. La nebulosa anulare della Lira è un tipico esempio di ciò.
Con un telescopio amatoriale è possibile vedere la forma ad anello di questo oggetto, con un telescopio professionale è invece possibile fotografare la stellina che ha dato origine alla nebulosa.

Nella zona della costellazione del Cigno si possono vedere, sempre tramite fotografie al telescopio, altre due nebulose caratteristiche.
Una è la nebulosa Velo, la traccia di ciò che rimane di una stella morta in modo esplosivo, l’altra è la nebulosa diffusa Nord America o
NGC 7000, chiamata così perché la sua forma ricorda la cartina geografica dell’America Settentrionale.

Nei nostri cieli però ad occhio nudo possiamo vedere i pianeti, cinque in tutto dei nove del Sistema Solare: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno.
Quello che non possiamo vedere ad occhio nudo dei pianeti sono le loro dimensioni. Solamente tramite un piccolo telescopio è possibile notare i contorni del disco di Giove e le bande orizzontali colorate delle varie zone della sua atmosfera.
Oltre al pianete è possibile vedere i quattro satelliti galileiani, le quattro lune più grandi di Giove, scoperte da Galileo Galilei nel 1610, che sono in ordine di distanza da Giove: Io, Europa, Ganimede e Callisto. Ognuna di queste lune ha circa le dimensioni della nostra Luna.

Saturno appare al telescopio proprio come ce lo si immagina: il disco del pianeta ed i suoi anelli. Verso gli anni ‘80 quando la sonda americana Voyager 2 ha visitato e fotografato in successione Giove, Saturno, Urano e Nettuno è stato possibile vedere che tutti questi pianeti, non solo Saturno, possedevano un sistema di anelli naturalmente molto meno appariscenti di quelli di Saturno.
Gli anelli di Saturno sono costituiti da frammenti di roccia, polvere, ghiaccio ed altri detriti presenti nel Sistema Solare durante la sua formazione ed in gran parte presenti tuttora. Il forte campo gravitazionale di Saturno ha permesso la cattura di tutto questo materiale che si è posto nella sola zona in cui poteva sistemarsi stabilmente: lungo l’equatore del pianeta.

L’aspetto di Marte al telescopio è quello di un piccolo disco di colore rossastro.
Tale colorazione è dovuta alla costituzione delle rocce del suolo marziano, rocce chimicamente composte di ossidi di ferro.

Venere è l’oggetto celeste più luminoso in assoluto dopo il Sole e la Luna.
Spesso viene denominato la “stella della sera” o la “stella del mattino”. Essendo più vicino al Sole della Terra, questo pianeta, così come Mercurio, si vede solo in certi momenti ed in determinate posizioni. Non Sarà mai possibile vedere Venere nel cuore della notte.
In genere lo si vede verso ovest dopo il tramonto come il primo oggetto puntiforme che appare in cielo (da qui la denominazione stella della sera) o qualche ora prima dell’alba verso est come l’ultimo oggetto a sparire dal cielo prima del sorgere del Sole.
Una osservazione di Venere al telescopio mostra che questo pianeta, data la sua posizione nel Sistema Solare rispetto alla Terra, mostra il fenomeno della fasi proprio come la Luna.

Mercurio data la sua notevole vicinanza al Sole può essere visto alle stesse condizioni di visibilità di Venere ma con due problemi ulteriori: è molto meno luminoso di Venere per cui lo si confonde con la luce del crepuscolo o dell’aurora ed è molto più vicino all’orizzonte rispetto a Venere per cui il problema precedente viene accentuato. Poche volte all’anno Mercurio può essere visto e solo con un occhio allenato che sa dove e quando guardare.

Verso l’alba di una notte estiva, sempre verso est, appare la costellazione autunnale del Toro nelle cui vicinanze anche ad occhio nudo può essere visto l’ammasso stellare delle Pleiadi o M 45. Questo tipo di ammasso di stelle a differenza di un ammasso globulare ha una forma molto irregolare, si trova all’interno della Via Lattea, è costituito da qualche decina di stelle.
Gli ammassi come le Pleiadi, detti “Ammassi Aperti” sono formati da stelle che si trovano all’inizio della loro vita, sono cioè stelle giovani.
Delle fotografie delle Pleiadi mostrano anche una traccia della nebulosa da cui si sono formate queste stelle.
Ad occhio nudo in condizioni ottimali si possono vedere sette stelle; l’uso di un binocolo permette di distinguerne circa una ventina.

Una serata osservativa, naturalmente, non permette di vedere così a fondo come la chiacchierata appena fatta può mostrare. Tuttavia molto spesso una serata di osservazione può essere la molla per soddisfare curiosità astronomiche e per conoscere qualcosa di più di ciò che l’Universo mostra, soprattutto vedere al di là dei nostri occhi, pratica questa sempre più necessaria nella nostra vita quotidiana.

 

Monografia n.28-1998/7


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