Un ricordo di Padre Lambertini (Fausto Focaccia)
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Ogni volta che ripenso a Padre Giovanni Lambertini, una grande malinconia mi pervade: la sua morte è stata una perdita terribile per me e per tutti quelli che hanno avuto l'onore e la fortuna di conoscerlo.
Ritengo che pochi si rendano conto del fatto che, unitamente alla sua figura, va sparendo anche un' epoca: l'epoca dei gentiluomini della cultura. Giovanni apparteneva a quella categoria di persone che si era in gran parte fatta da sé e di questo egli era giustamente orgoglioso. É certamente possibile acquisire un' istruzione grazie allo studio, ma Lambertini non era solamente istruito: il Padre Celeste gli aveva fatto dono di un'intelligenza vivissima che, unitamente alla enorme cultura, creava una formidabile miscela di sapienza che Giovanni ha sempre messo al servizio della divulgazione e dell'insegnamento. Ritengo che il suo scopo principale fosse quello di condividere con il prossimo la gioia di contemplare l'Universo e l'Opera del Creatore in ogni suo aspetto: riuscire a spiegare in parole comprensibili all'uomo della strada le leggi che governano la Natura o il moto degli astri era per lui fonte di somma felicità. Per riuscire a fare questo Giovanni non esitava a sfruttare ciascuna delle sue doti ed in particolare la grande manualità di cui era dotato riuscendo, con la medesima facilita, a scrivere, dipingere ed a costruire una grande quantità di oggetti e strumenti scientifici. Giovanni fu certamente una delle colonne della mia adolescenza.

 

NEL LABORATORIO DI GIOVANNI

Padre Lambertini aveva il suo laboratorio a Ravenna, al primo piano di un fatiscente edificio, adiacente alla Chiesa di San Francesco, che si affacciava su Via Guaccimanni. Quante volte siamo andati da lui, la sera, in bicicletta per osservare il cielo con i suoi telescopi o per vedere in funzione i suoi strumenti. Il solo andare in quei paraggi, di notte, alla nostra età, era un'avventura!
Come erano diverse le sere a Ravenna più di trenta anni fa! L’oscurità ed il silenzio la facevano da padroni e, dopo le dieci di sera, le strade erano praticamente deserte. Arrivavamo in bicicletta e, come prima cosa, guardavamo le finestre del laboratorio: se la luce era accesa significava che Giovanni c'era. A quel punto chiamavamo a gran voce e lui immancabilmente si affacciava ad una delle finestre chiedendo: " Sì ... chi mi cerca ? ".

Padre Lambertini

 

UNA SERATA INDIMENTICABILE

Sono sicuro che Padre Lambertini aveva una sorta di accordo con il Sommo Creatore: infatti, ogni volta che lo andavamo a trovare per guardare attraverso il suoi telescopi, gli bastava aprire le finestre del suo laboratorio e c'era sempre qualche cosa di interessante a cui dare un'occhiata! Ricordo molto bene la prima volta che vedemmo Marte e la sua calotta polare.

Giovanni aveva costruito un rifrattore lungo circa tre metri utilizzando come obiettivo una lente recuperata dal periscopio di un sottomarino. Il gigantesco tubo era montato su di uno strano cavalletto a tre gambe, interamente dipinto di bianco, e l'aspetto dello strumento ricordava un telescopio dell'ottocento.

Il tubo del rifrattore usciva dalla finestra e noi, accovacciati a terra, mettevamo l'occhio all'oculare che sfiorava il pavimento. Il telescopio non era esattamente "stabile", ma il disco rosso del pianeta che si muoveva continuamente nel campo dell'ocularee ed era quanto di più affascinante avessimo visto fino a quel momento! Una notte Giovanni ci portò ad osservare il cielo con un suo riflettore Newtoniano dal tetto di una delle navate della chiesa di San Francesco. Che serata meravigliosa! La solennità del luogo ed il silenzio che regnava contribuivano a rendere ancora più emozionante la nottata. Il debole chiarore di una falce di luna illuminava le nostre figure e si rifletteva sul bianco tubo del telescopio. Il profondo silenzio era rotto a tratti solo dalle nostre voci e dal cigolio che faceva il telescopio quando lo muovevamo. Padre Lambertini non aveva bisogno dell'atlante stellare per orientarsi nel firmamento: aveva in testa la posizione di moltissimi oggetti celesti! Ci mostrava la posizione di alcuni di essi alzando lo sguardo al cielo e portando, come soleva fare in quei momenti, la mano destra vicino alla sua guancia con le dita protese nella direzione che voleva indicare. Quella sera osservammo anche Saturno: era stupendo! Rimasi alcuni minuti con l'occhio incollato allo strumento, incapace di distogliere lo sguardo da quella spettacolare vista. Ricordo che, ad un certo punto, per un solo attimo, ebbi la sensazione di percepire l'enorme distanza alla quale si trovava l'oggetto che stavo osservando: fu un momento indescrivibile ....continua a leggere il testo completo !!!