Bologna 1975: La mostra dell'astronautica sovietica (Paolo Morini)

Dopo trent’anni, e senza aver conservato altro materiale se non le foto scattate per l’occasione, è difficile ricordare le circostanze a seguito delle quali una mostra di questo tipo era approdata in Italia. Forse la Guerra Fredda che iniziava a intiepidirsi, forse il desiderio da parte degli organizzatori di mostrare il volto di una tecnologia “buona”, forse un modo di dimostrare all’Occidente che la tecnologia “comunista” non era inferiore a quella “capitalista”. Dei tanti modelli esposti, quasi tutti a grandezza naturale, quello che più mi impressionò fu quello del “Lunakod”, la prima rover lunare senza equipaggio. Simile a una grande pentolone su otto ruote, completo di coperchio (rivestito all’interno di celle solari fotovoltaiche), era decisamente impressionante. Fu l’unico mezzo spaziale sovietico che, simbolicamente, cercò di arginare la conquista della Luna da parte degli “yankees”. Erano anni in cui la conquista dello spazio aveva trovato spazio anche nelle “chiacchiere da Bar Sport”, ed era inevitabile che sorgessero confronti alla “Don Camillo e Peppone”. Chi era orientato politicamente a sinistra tendeva a enfatizzare i successi sovietici (detentori di una lunga serie di primati nella conquista dello spazio) e a minimizzare lo sbarco dell’uomo sulla Luna: "Le solite americanate, bastava mandare su una specie di robot senza rischiare la vita di nessuno".
Chi era più filo-occidentale, “governativo”, sosteneva che i russi non avevano fatto granchè, se non mandare nello spazio una quantità di medaglie con la faccia di Lenin. E quando il gioco si era fatto duro (la conquista della Luna) avevano gettato la spugna, discorsi di un mondo che non c’è più, basato su grandi contrapposizioni, di bianco e nero, di certezza di sapere chi erano i buoni e chi i cattivi, e dove si trovavano entrambi. Personalmente il mio cuore batteva forte per tutte le grandi conquiste spaziali, ma devo ammettere che il Lunakod aveva qualcosa di speciale …