I PIANETI INTERNI
di Oriano Spazzoli

Come e dove si osservano

Fin dall’antichità gli astronomi hanno osservato che Mercurio e Venere, tra i pianeti, o stelle erranti nel firmamento, hanno un comportamento particolare: essi infatti sono visibili soltanto a oriente poco prima del sorgere del Sole o a occidente dopo il tramonto.

Venere che, come mostrano i dati della tabella centrale, è il pianeta che viene a trovarsi alla minore distanza dalla Terra (che è di circa quaranta milioni di chilometri), è il terzo astro luminoso del nostro cielo dopo il Sole e la Luna, raggiungendo una magnitudine apparente massima di -4, ed è stato considerato l’araldo del giorno da tanti popoli antichi, in quanto, quando il suo sorgere precede il sorgere del Sole (di un paio d’ore al massimo), si vede assai bene nel cielo prima dell’alba come una stella assai luminosa; per questo motivo è stata venerata in passato come Stella del mattino.

D’altra parte, poiché talvolta appare altrettanto dopo il tramonto seguendo il moto diurno del Sole, fu anche denominato Stella della sera, e per questo a lungo nell’antichità non lo si considerò un unico astro che si presentava nel cielo in due modi distinti, ma si credette che la Stella del mattino e la Stella della sera fossero due astri distinti.

I cosmologi greci, che ritenevano la Terra ferma al centro dell’Universo, faticavano a capire perché Mercurio e Venere pur muovendosi rispetto alle costellazioni come tutti gli altri pianeti, restassero sempre così vicini al Sole, oscillando intorno ad esso per apparirgli ora a oriente ora ad occidente. Qualcuno, come ad esempio il pitagorico Eraclide Pontico, ipotizzò che invece di girare intorno alla Terra, essi compissero il loro moto di rivoluzione intorno al Sole, il quale a sua volta però doveva necessariamente muoversi di moto circolare intorno alla Terra.

Questa idea fu ripresa e modificata ulteriormente duemila anni dopo, nel XVI secolo, dal grande astronomo danese Tycho Brahe, il quale formulò l’ipotesi che a ruotare intorno al Sole (sempre in moto intorno alla Terra), non fossero soltanto Mercurio e Venere, ma tutti i pianeti (naturalmente fino a Saturno; gli altri infatti non erano ancora stati scoperti, perché non visibili ad occhio nudo, e si poterono osservare soltanto dopo l’introduzione del telescopio riflettore).

Oggi sappiamo che in realtà anche la Terra è in rotazione intorno al Sole e che Mercurio e Venere, come mostrano i dati della tabella, si muovono intorno al Sole ad una distanza media da esso inferiore a quella Terra (ecco perchè li denominiamo “pianeti interni”); per questo motivo essi possono occupare rispetto alla Terra e al Sole le posizioni notevoli descritte dal seguente schema:

In esso vengono rappresentate l’orbita terrestre e l’orbita di Mercurio; in particolare lungo l’orbita di Mercurio vengono indicate alcune posizioni particolari del pianeta rispetto alla Terra e al Sole.
Con la posizione 1 si indica come si vede bene la posizione nella quale Mercurio transita davanti al disco solare (naturalmente Mercurio in questo caso viene completamente offuscato dalla luce del Sole date le sue piccole dimensioni e data la sua grande distanza dalla Terra: tale posizione viene denominata “congiunzione inferiore”.
Con la posizione 3 viene indicata la posizione definita “congiunzione superiore”, che si verifica quando il Sole è dalla parte opposta della Terra rispetto al Sole.
Le posizioni 2 e 4 vengono denominate “elongazioni massime”; esse rappresentano gli spostamenti massimi apparenti (o angolari) a est e a ovest del Sole (si avrà elongazione massima orientale se il pianeta segue il Sole; in tal caso esso sarà visibile a occidente dopo il tramonto. Si avrà invece elongazione massima occidentale se il sorgere del pianeta precede il sorgere del Sole, e in tal caso esso sarà visibile prima dell’alba).

Posizioni notevoli analoghe sono proprie di Venere. Naturalmente essendo Mercurio molto più vicino al Sole la sua distanza angolare massima dal Sole o “elongazione massima” sarà più piccola di quella di Venere: per Mercurio essa è di circa 27°, mentre per Venere è di circa 45°. Questo fa sì che Mercurio sia visibile soltanto in prossimità delle sue elongazioni massime, perché in caso contrario esso avrebbe una distanza angolare dal Sole troppo piccola e risulterebbe offuscato dalla sua luce.

Al contrario Venere è ben visibile in quanto riesce a raggiungere prima dell’alba o dopo il tramonto un’altezza sull’orizzonte sufficiente a renderlo ben visibile senza essere immerso nella luce del Sole diffusa dalla nostra atmosfera.

 

Caratteristiche fisiche di Mercurio.

MERCURIO

Distanza dal Sole

massima = 69.7 milioni di Km
minima = 45,9 milioni di Km

Periodo di rivoluzione

88gg.

Periodo di rotazione

59gg.

Diametro equatoriale

4880 Km

Massa

0,055 masse terrestri

Densità (in g/cm)

5,4

Atmosfera

nessuna

Temperatura superficiale

350° (giorno)
170° (notte)

Gravità superficiale

0,37 g

Inclinazione dell’asse
rispetto al piano orbitale

  • Ø 28°

  • inclinazione dell’orbita
    rispetto all’eclittica

    Dai dati della tabella centrale si vede subito come il periodo di rotazione e quello di rivoluzione siano confrontabili: il loro rapporto è infatti 2/3. Ciò è causa di due fenomeni alquanto strani:

    1. il fatto che il giorno solare di Mercurio è molto lungo (si valuta che sia poco meno di due rivoluzioni di Mercurio, cioè di 176 giorni),
    2. il fatto che, a causa della forte eccentricità dell’orbita del pianeta (come mostrato dalla notevole differenza percentuale tra la minima e la massima distanza dal Sole), alcune parti della regione equatoriale siano maggiormente irraggiate dal Sole di altre, e che quindi il suo riscaldamento non sia uniforme.

    Come ha mostrato la sonda Mariner 10, la superficie di Mercurio appare fortemente craterizzata, proprio come quella della Luna. I crateri sono chiaramente gli effetti di impatti meteorici: certamente il più violento di tali impatti fu quello che determinò la depressione della cosiddetta Caloris planitia (pianura del calore), una regione piatta circondata da sequenze approssimativamente circolari di creste, tracce delle onde di compressione prodotte sulla superficie (quando l’interno del pianeta era ancora fluido per la maggior parte, a causa del riscaldamento prodotto dall’energia liberata nella fase di aggregazione) da un corpo delle dimensioni di 160 chilometri.
    Una ulteriore prova della violenza dell’impatto che ha determinato la Caloris planitia è l’aspetto accidentato della parte opposta ad essa della superficie del pianeta, causato dalla trasmissione al corpo del pianeta dell’enorme impulso ricevuto dall’urto. Analoghe creste di compressione si trovano intorno ad altri antichi crateri.

    Tra i dati fisici di Mercurio spicca la sua elevata densità: essa è dovuta alla elevata percentuale di ferro di cui è costituito l’interno del pianeta, al di sotto di uno strato superficiale costituito prevalentemente di silicati (i quali sono rimasti in superficie perché più leggeri). Naturalmente il ferro, più pesante, deve essersi accumulato nel nucleo centrale; un nucleo centrale ricco di ferro e fluido, in rotazione su se stesso deve produrre un campo magnetico. Ebbene il Mariner 10, misurando un campo magnetico di 3,3 mGauss (circa 1/100 di quello della Terra) ha confermato tale ipotesi; dettagliate verifiche di calcolo hanno infatti provato come la magnetizzazione delle rocce sarebbe stata insufficiente a spiegare una tale intensità del campo magnetico.

    Dunque al suo interno Mercurio deve avere ancora un nucleo caldo, fluido e buon conduttore, che per effetto della rotazione e dei moti convettivi al suo interno, produce un campo magnetico analogo per modalità di produzione a quello terrestre e a quelli degli altri pianeti rocciosi del nostro sistema solare.

    La domanda che sorge spontanea a questo punto è: quale energia tiene ancora allo stato fluido il nucleo di Mercurio, a quattro miliardi e mezzo di anni dalla sua aggregazione?

    È l’energia prodotta dai decadimenti degli elementi radioattivi presenti nel pianeta.

    Infine registriamo tra i dati più significativi la mancanza quasi totale di atmosfera (è presente soltanto uno strato assai tenue di elio, con una pressione al suolo dell’ordine di grandezza di 1015 atmosfere, un milionesimo di miliardesimo della pressione atmosferica). Essa si deve a 3 fattori congiunti:

    1. la bassa gravità superficiale a causa della piccola massa di Mercurio,
    2. la elevata temperatura superficiale, dovuta al forte irraggiamento solare (per la alta temperatura il gas è dotato di energia cinetica tale da farlo facilmente sfuggire alla modesta gravità dal pianeta),
    3. il forte vento solare che ha caratterizzato la parte iniziale della vita della nostra stella (quando il Sole era soggetto a fenomeni di variabilità esplosiva tipici delle stelle variabili cosiddette del tipo T Tauri) e che ha spinto i gas leggeri verso l’esterno del nostro sistema planetario. Mercurio poi, essendo il pianeta più vicino al Sole è maggiormente esposto agli affetti del vento solare anche attualmente.

     

    Caratteristiche fisiche di Venere.

    VENERE

    Distanza dal Sole

    massima = 109 milioni di Km
    minima = 107,6 milioni di Km

    Periodo di rivoluzione

    224,7 gg.

    Periodo di rotazione
    delle nubi più alte

    4 gg.

    Periodo di rotazione
    del corpo solido

    -243 gg. (rotazione retrograda)

    Diametro equatoriale

    12104 Km

    Massa

    0,815 masse terrestri

    Densità

    5,2 g/cm

    Atmosfera

    CO

    Temperatura media
    della superficie visibile

    -33° (nubi)

    480° (suolo)

    Gravità superficiale

    0,88 g

    Inclinazione dell’asse rispetto
    al piano orbitale

    Inclinazione del piano orbitale
    rispetto al piano dell’eclittica

    3,4°

    Scorrendo i dati si nota subito che una caratteristica peculiare di Venere è di avere una rotazione retrograda rispetto alla rivoluzione. Il fatto poi che il periodo di rotazione sia quasi uguale al periodo di rivoluzione (243 giorni contro 224) fa sì che il giorno solare di Venere abbia una durata di circa 11 rivoluzioni complete e che quindi per un periodo di tempo molto lungo Venere rivolga la stessa faccia al Sole. Questa situazione favorisce effetti di marea sia sul corpo solido (che risulta allungato lungo la congiungente Venere - Sole) che sulla densa atmosfera del pianeta. Su quest’ultima agisce anche la gravità della Terra deformandola.

    Venere, insieme a Marte, è uno dei due pianeti del sistema solare sui quali si è potuto ricavare dati direttamente mediante sonde lanciate da Terra ed atterrate sulla superficie del pianeta: in particolare i dati relativi le condizioni fisiche sulla superficie di Venere sono stati inviati a Terra dalle sonde Venera 9 e 10, che la raggiunsero nel 1975, ma che tuttavia una volta toccato il suolo del pianeta riuscì a restare in funzione soltanto pochi secondi a causa delle condizioni estreme della sua bassa atmosfera. Infatti la sonda registrò al suolo una temperatura di circa 400° centigradi (750 Kelvin) ed una pressione di 90 atmosfere, pari a quella massima che può essere tollerata da un sommozzatore. Oltre a ciò la sonda riuscì ad inviare a Terra un paio di immagini del suolo di Venere mostrando come esso sia roccioso e scuro, di natura vulcanica e metamorfica (basalto e granito) e sottoposto a erosione da parte del denso gas atmosferico.

    Ma che cosa ha determinato una simile atmosfera per un pianeta così vicino alla Terra e così simile ad essa per dimensioni?

    Perché l’anidride carbonica (che costituisce soltanto una bassa percentuale dell’atmosfera terrestre) è così abbondante su Venere?

    Naturalmente anche per Venere, come per la Terra, il gas atmosferico non è residuo del gas primordiale, ma è stato prodotto da attività vulcanica (intensa in passato e forse non ancora sopita) o liberato direttamente dalle rocce; tali fattori hanno contribuito ad arricchire l’atmosfera di Venere anche di anidride solforosa e vapore acqueo. A differenza di quanto è accaduto sulla Terra, però il vapore acqueo non si è liquefatto divenendo acqua e favorendo lo sviluppo di forme di vita che hanno trasformato biochimicamente l’anidride carbonica in ossigeno e composti organici, ma a causa del maggior irraggiamento solare rispetto a quello subito dalla Terra, è rimasto allo stato di vapore. Oltre a ciò le molecole sono state in buona parte sono state scisse dalla radiazione solare in ossigeno e idrogeno; quest’ultimo poi, essendo più leggero, è stato in gran parte spinto via dal vento solare e ciò spiega perché la quantità di idrogeno presente nell’atmosfera di Venere sia assai bassa (nota 1).

    Per questi motivi dunque l’anidride carbonica è il gas più diffuso nell’atmosfera di Venere; vi è poi una percentuale non trascurabile di anidride solforosa, che combinandosi con il vapore acqueo presente a quote alte forma nubi di goccioline di acido solforico, le quali però non riescono a cadere a Terra in forma di piogge acide perché alle alte temperature che si verificano a quote basse si trasformano in vapore. Di contro, a quote basse si possono formare molecole più pesanti contenenti carbonio, ossigeno e zolfo.

    La grande quantità di anidride carbonica è poi indirettamente responsabile dell’elevata temperatura superficiale di Venere. Infatti l’anidride carbonica ha la proprietà di riflettere la radiazione infrarossa (i raggi calorifici); in particolare il suolo di un pianeta roccioso dotato di atmosfera, irraggiato dal Sole, ne assorbe una parte della radiazione riemettendola in forma di radiazione infrarossa, e a questo punto l’anidride carbonica presente nell’atmosfera del pianeta “intrappola” i raggi calorifici producendo un riscaldamento del pianeta che viene normalmente indicato col nome di “effetto serra” (in quanto ha una giustificazione fisica analoga al meccanismo di funzionamento di una serra). Tale effetto, lo ricordiamo, sulla Terra ci fornisce un importante e allarmante indice delle modificazioni ambientali cui è soggetto il nostro pianeta.

    Nel caso di Venere l’alta quantità di anidride carbonica, contribuendo in modo decisivo all’alta temperatura (come già detto), favorisce anche la liberazione del gas stesso da parte delle rocce, dando luogo perciò ad un meccanismo che si autoalimenta (l’anidride carbonica fa aumentare la temperatura per effetto serra, e l’aumento di temperatura determina la produzione di altra anidride carbonica che a sua volta contribuisce ancora di più all’effetto serra ecc....).

    Naturalmente poi l’elevata temperatura e il peso molecolare del gas dell’atmosfera di Venere sono fattori responsabili della pressione elevata al suolo.

    Per quanto riguarda la conformazione del suolo, dalle rilevazioni della sua planimetria effettuate con echi radar dalle sonde Pionieer Venus (1978) e più di recente dalla sonda Magellano, si sono osservate le seguenti caratteristiche morfologiche del suolo:

    1. la presenza di rilievi più alti dell’Everest sul raggio medio del pianeta,
    2. la presenza di grandi crateri,
    3. e la totale mancanza di piccoli crateri da impatto.

    L’assenza di questi ultimi è probabilmente dovuta all’azione protettiva dell’atmosfera che ha impedito che meteoriti arrivassero al suolo, o all’azione erosiva dell’atmosfera che li ha cancellati, ma potrebbero anche essere sfuggiti alle rilevazioni.

    La bassa velocità di rotazione del pianeta spiega infine la mancata rilevazione di un campo magnetico venusiano (come abbiamo già detto per Mercurio) la rotazione insieme alla presenza di un nucleo fluido e conduttore sono elementi fondamentali per la giustificazione fisica dei campi magnetici planetari).

    Se quando iniziò l’epopea delle spedizioni spaziali si nutriva qualche speranza di trovare qualche forma di vita sui pianeti del nostro sistema solare, oggi, risultati alla mano siamo decisamente pessimisti.

    Se per quanto riguarda Mercurio l’assenza di vita era un fatto ampiamente prevedibile, Venere al contrario, avvolto nel mistero delle sue nubi impenetrabili, aveva destato la curiosità degli astronomi.

    Già 25 anni fa però, il quadro fornito dalle sonde Venera, pur incompleto, non lasciò adito ad alcun dubbio: le condizioni di Venere sono assolutamente inadatte alla vita.

     

    Monografia n.46-2000/5


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    Nota a “I pianeti interni

    (1) - In proposito ricordiamo che la sonda Magellano, che è rimasta in orbita intorno a Venere, studiandone le caratteristiche dell’atmosfera e eseguendo rilevazioni planimetriche del suolo con un sistema di echi - radar, ha consentito di determinare come il rapporto tra l’abbondanza di idrogeno e quella di deuterio (l’idrogeno pesante, il cui nucleo atomico ha un neutrone in più rispetto all’idrogeno semplice), per Venere sia 100, ben inferiore a quella della Terra, che è 10.000.

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