Le costellazioni dello zodiaco:
CANCER
di Annalisa Ronchi

 

Eripha verrucosa ....
Eripha verrucosa (al centro).
Ai lati, in senso orario: Octopus vulgaris,
Scarabeus sacer, Testudo hermnni,
Equus asinus asinus somalensis.

 

Trovansi nel segno del Cancro due piccole stelle,
chiamate Aselli (gli asini) separate da un piccolo spazio
nel quale scorgesi una nebulosa chiamata Praesepia

Plinio il Vecchio

Situata tra le stelle del Leone, fra le quali troneggia Regolo, e quelle dei Gemelli, Castore e Polluce, c'è una regione del cielo oscura e priva di stelle brillanti. In questo vuoto si trova una delle più importanti costellazioni dello zodiaco, il Cancro, nome latino per granchio o gambero.

costellazione del Cancro, Repubblica di San Marino, 1969

Leo, la costellazione del Leone, è una delle poche che assomigliano alla figura che si suppone rappresentino - in questo caso un leone accovacciato. La stella più brillante è Regolo, una stella bianco-azzurra distante 85 anni luce.

Nei Gemelli Castore, distante 45 anni luce, è in realtà un stella multipla, formata da tre coppie di stelle, e Polluce la stella più brillante, è una gigante arancio distante 85 anni luce.

È utile ricordare che l'unità di misura astronomica “anno luce” è la distanza percorsa da un raggio di luce in un anno. La luce si muove con un velocità di 299.792,458 chilometri al secondo, per cui un anno luce equivale a 9,461 milioni di milioni di chilometri.

Si tratta di una importantissima costellazione che ha dato il nome al tropico del Cancro che è la latitudine terrestre (lat. nord 23° 27') in cui il Sole è in posizione verticale a mezzogiorno il 21 giugno, il solstizio d'estate. Ai tempi degli antichi greci a quella data il Sole si trovava fra le stelle del Cancro, ma l'oscillazione della Terra sul suo asse, la “precessione degli equinozi”, ha spostato tale posizione in un punto sul confine tra i Gemelli e il Toro, ma il nome antico è rimasto.

La costellazione del Cancro è osservabile nel periodo fra dicembre e giugno ma sarà opportuno scegliere notti molto scure e lontano da centri abitati, a causa della sua scarsa luminosità.

Per riuscire a trovarla occorre tracciare una immaginaria linea che unisca Castore e Polluce e prolungarla dal lato di quest'ultimo. Riportando per due volte la distanza tra le due stelle su questa retta, giungiamo alla stella z (zeta) Tegmen, il Guscio.

La scelta del granchio o del gambero per rappresentare l'ingresso del Sole in questa zona del cielo non poteva essere più appropriata, in quanto questi animali hanno uno stile motorio molto particolare: camminano obliquamente proprio come sembra fare la nostra stella quando entra nel Cancro e raggiunge la sua massima declinazione nord. Qui sembra rimanere stazionario per qualche giorno prima di discendere obliquamente verso sud.

In seguito, come vedremo, questo insieme di stelle è stato definito in molti altri modi, ma si constaterà che si tratta sempre di animali dalle movenze particolari.

In natura esistono 4.500 specie di granchi.

Secondo la tassonomia sono classificati come Artropodi, della classe dei Crostacei, dell'ordine dei Decapodi, sottordine Brachiuri.

I Brachiuri hanno avuto una radiazione evolutiva esplosiva a partire dalla loro comparsa, all'inizio del periodo Giurassico (195-135 milioni di anni fa).

Sono animali molto evoluti, ai quali si attribuisce un certo grado di intelligenza: se ne sono studiati i riflessi del sistema nervoso e si è dedotto che possono essere addomesticati come i polpi. È interessante a questo proposito sapere che molte specie, di notte, possono comunicare tra loro battendo ritmicamente una chela sul terreno: ad ogni ritmo, è stato verificato, corrisponde un ben determinato messaggio! Altre specie, come i Caprellidi, hanno la possibilità di emettere suoni dal ben preciso significato.

Capo e torace sono ricoperti da un'unica piastra chitinosa, il carapace, mentre l'addome, molto piccolo, è incurvato ventralmente.

La riduzione dell'addome ha spostato il centro di gravità esattamente sulle zampe, rendendo la locomozione molto efficiente e potenzialmente rapida.

Anteriormente si notano le antenne, le antennule e gli occhi peduncolati e tutti possono essere retratti in cavità particolari chiamate orbite. Dal carapace sporgono ventralmente cinque paia di arti (da qui il nome decapodi cioè dieci arti), nei quali il primo è armato di robuste pinze, le chele, che servono per difesa e per catturare gli alimenti. Spesso le chele sono di uguale grandezza, ma in alcuni casi, una delle due assume dimensioni enormi.

Le altre quattro paia di arti hanno esclusiva funzione locomotoria.

La maggior parte dei granchi vive in acque marine, ma hanno popolato anche i fiumi e i granchi tropicali delle famiglie Potamidae e Grapsidae sono esclusivamente di acqua dolce. Il granchio cieco Bythograea thermydron è un predatore nelle particolari comunità che vivono in corrispondenza di sorgenti idrotermali di mare profondo, anche a 2.500 metri al di sotto della superficie del mare.

I granchi sono, tra gli animali marini, i più terrestri: possono vivere anche lungo le coste e se queste sono rocciose si nascondono negli anfratti, se sono sabbiose scavano grosse buche e lì si rintanano (iniziano ad infossarsi posteriormente e possono restare sotto terra anche per parecchio tempo, come i Coristidi che possiedono le seconde antenne molto lunghe a formare un tubo per il passaggio di una corrente di ventilazione fino alle branchie). Durante la notte vanno in cerca di cibo, siano essi piccoli animali acquatici (di preferenza) o alghe. Spesso i granchi usano camuffarsi per sfuggire ai predatori, rivestendo il loro dorso con alghe, conchiglie, spugne o con i piccoli polipi degli Idrozoi, in modo particolare i Maidi (come la grancevola). Possono anche vivere nel mantello dei molluschi bivalvi, nutrendosi del cibo raccolto dalle branchie del loro ospite o all'interno delle colonie dei coralli, dove spesso restano imprigionati dalla crescita dei coralli stessi.

Al genere Macrocheira appartiene il più grande crostaceo del mondo, vivente in Giappone e chiamato Macrocheira kaempferi (in giapponese Takaashigani, “il granchio dalle lunghe gambe”). Il corpo non supera i 45 centimetri di lunghezza e i 30 di larghezza, ma se stendiamo le zampe lateralmente raggiungiamo gli 8 metri!

Ma torniamo al granchio del cielo.

Il Cancro, nel senso di granchio, è legato in Asia ai miti della siccità e della Luna.

In Cina è associato a Niu-ch'ou, che fu bruciata dal Sole.

Presso i Thai i granchi assistono il guardiano della “Fine delle Acque” all'ingresso della Caverna Cosmica.

Per i Cambogiani il granchio è un simbolo benefico e sognare un granchio preannuncia che tutti i propri desideri saranno esauditi.

Secondo un mito degli Andamanesi, il primo uomo, dopo essere affogato in una insenatura, si trasformò in animale acquatico e fece capovolgere la barca di sua moglie che era andata a cercarlo. Anche lei annegò e scese a raggiungerlo sotto forma di granchio.

La nascita della costellazione del Cancro è molto antica e risale ai Sumeri. Introdotto nella metà del primo millennio avanti Cristo, era conosciuto come KUSHU (un animale marino, forse proprio un granchio; in passato era chiamato NANGAR) ed era costituito solo dall'ammasso aperto del Presepe.

Le cinque stelle più luminose del Cancro hanno la forma di una Y rovesciata.

Acubens (la “tenaglia” o la “chela”) è a (alfa) Cancris, una stella bianca distante 100 anni luce.

La stella più brillante della costellazione è Altarf, “la fine” (del piede meridionale), b (beta) Cancris, una gigante arancione distante 170 anni luce.

Asellus borealis, g (gamma), l'asinello settentrionale, è una stella bianca distante 230 anni luce, mentre d (delta) è Asellus australis, l'asinello australe, una gigante gialla distante 220 anni luce.

Al centro, tra le stelle g (gamma) e d (delta) si trova la macchia luminosa costituita da M 44 (NGC 2632), un ammasso stellare distante circa 520 anni luce e formato da più di 300 stelle. Conosciuto fin dall'antichità come Alveare, Presepe o Greppia, venne inserito da Messier come il 44° oggetto del suo catalogo. Gli astrofisici stimano che il Presepe abbia un'età di 650 milioni di anni.

Il Cancro possiede anche un altro ammasso, M 67 (NGC 2682) la cui magnitudine totale lo pone appena al di là della sensibilità dell'occhio nudo. Per osservarlo occorre quindi almeno un binocolo. È allungato in direzione est-ovest ed è presente una evidente zona scura centrale verso il bordo orientale. M 67, formato da circa 60 stelle e distante almeno 2.700 anni luce, è uno dei più vecchi ammassi aperti che si conoscano, con un'età che supera i 10 miliardi di anni. La maggior parte delle stelle che lo compongono si trovano nella fase finale della loro esistenza.

Con un buon telescopio è possibile vedere anche una galassia, NGC 2775, con un'alta luminosità superficiale.

Pochi mesi fa un gruppo internazionale di astronomi guidato da Gian Luca Israel dell'osservatorio astronomico di Roma, puntando in direzione del Cancro, ha rilevato una radiazione X con un periodo di soli cinque minuti. È quasi certo che si tratti di un sistema binario di due nane bianche in rotazione l'una intorno all'altra e separate da circa 80.000 chilometri, un quinto della distanza media Terra-Luna. Il sistema è stato battezzato RXJ 0806.3+1527 ed è costituito da due oggetti di massa molto differente.

Secondo una antica tradizione i due asinelli, g (gamma) e d (delta) Cancris, fanno parte di un episodio della vita di Dioniso, il quale era stato colpito dalla pazzia per volere di Hera, la gelosa moglie di Zeus, nemica di Dioniso in quanto questi era nato da una relazione fra Zeus e Semele (la Luna). Accompagnato da Sileno, l'antica divinità del vino del Mediterraneo, Dioniso, seguito da satiri e baccanti, errava alla ricerca dell'oracolo di Zeus Dodoneo, l'unico che avrebbe potuto fargli riottenere la ragione perduta.

Quando arrivarono ad una vasta palude, nessuno si offrì di aiutarlo, solo due asini si mostrarono pronti e lo trasportarono sull'altra riva senza fargli toccare l'acqua. Raggiunto il tempio e liberato dalla sua pazzia, Dioniso premiò i due asini ponendoli fra le costellazioni.

L'antichità di Sileno è notevole, esso risale infatti al periodo anteriore all'introduzione della vite nella zona mediterranea, quando il vino era fatto con le bacche di mirto cotte nel lebete treppiede (un recipiente usato per cuocere i cibi e per conservare i liquidi). Il suo culto fu integrato al culto di Dioniso, che si manifestava nelle tre età: bambino, maturo e vecchio. Nella prima era fatto a pezzi dai Titani, uccisione che simboleggiava la potatura della vite, la maturità rappresentava l'uva matura al tempo della vendemmia, mentre la sua ultima manifestazione raffigurava il vino e lo stato di ebbrezza.

Un'altra storia lega Dioniso agli asinelli. Terminata vittoriosamente la guerra decennale fra gli dei dell'Olimpo e i Titani, gli dei dovettero affrontare nuovi e agguerritissimi avversari, i Giganti, figli selvaggi della dea-Terra Gea. Istigati dalla madre, che voleva vendicare la sconfitta e la reclusione da parte di Zeus nel Tartaro degli altri suoi figli (i Titani appunto), i Giganti passarono all'attacco, lanciando contro gli avversari armi ed enormi massi, fino a metterli in fuga. Ma gli dei si riorganizzarono e le sorti del conflitto (conosciuto come Gigantomachia) incominciarono a volgere a loro favore. Allo scontro decisivo Dioniso, Efesto e alcuni loro compagni giunsero sul luogo della battaglia cavalcando degli asini. I Giganti, che mai ne avevano ascoltato il raglio, fuggirono precipitosamente, credendo che qualche terribile mostro stesse per piombare loro addosso. Questo episodio favorì la vittoria della futura dinastia regnante divina, che eliminò tutti i Giganti grazie alle saette di Zeus e alle frecce micidiali di Eracle.

Più antica e più famosa di queste leggende è quella che parla di Ercole e della sua lotta contro l'Idra di Lerna. Il granchio rappresentava infatti il crostaceo che, uscito dalla palude, tentò di ghermire il piede dell'eroe greco nel tentativo di ostacolarlo durante la seconda fatica. L'unico risultato di tale assalto fu però quello di essere schiacciato e ridotto in poltiglia dall'imbattibile Ercole. Il “mandante” dell'aggressione va ricercato ancora una volta in Hera, poiché anche Ercole era un figlio illegittimo di Zeus.

Idra è la più grande costellazione del cielo, anche se contraddistinta da una debole luminosità. A parte la sua stella più brillante, Alphard, “la solitaria”, una gigante arancio distante 130 anni luce, l'unico suo tratto facilmente riconoscibile è la testa formata da un gruppo di sei stelle. L'Idra si snoda dalla testa, a sud della costellazione del Cancro, alla punta della coda che si trova nei pressi della Bilancia.

In Mesopotamia nelle stelle del Cancro si vedeva una tartaruga (rappresentata ad esempio sulle pietre confinali al British Museum), a Creta rappresentavano un polpo mentre in Egitto apparivano come il dio Khepri, il sacro scarabeo che i sacerdoti di Eliopoli avevano trasformato in divinità solare e più precisamente nell'aspetto mattiniero del Sole:

«Io sono Khepri al mattino, Ra a mezzogiorno e Atum alla sera»

Trinità che ricorda quella di Dioniso.

Khepri è rappresentato in Terra dallo Scarabeo stercorario.

Lo scarabeo stercorario (Scarabeus sacer) si distingue per l'esemplare sollecitudine che dimostra verso la prole. Si nutre di escrementi e le zampe larghe fatte per scavare permettono non solo di elaborare completamente questo materiale, ma anche di preparare il terreno sotto il letame, per costruire le gallerie che lo costudiranno. Se il cibo è destinato alla prole, lavorano lo sterco e ne fanno delle pallottole grosse come noci. Quindi le ingrandiscono finché le pallottola ha preso le dimensioni di un pugno, rotolandola per farla compattare. In seguito viene sotterrata e la femmina depone al suo interno le uova così che alla nascita le larve abbiano a disposizione una grande riserva di cibo.

Lo scarabeo simboleggiava il rinnovamento e la resurrezione e la sfera di sterco era il Sole che rinnovava il suo potere dopo il solstizio.

Khepri era chiamato “scarabeo del cuore” perché, scolpito in pietra, veniva posto sulla mummia in corrispondenza del cuore con incise le formule XXX e LXXV del Libro dei Morti.

Secondo la mitologia egizia, Khepri (chiamato anche Kheper, Kheprer o Khepera) nacque autocreandosi dalla propria stessa sostanza. Si accoppiò poi con la propria ombra e diede alla luce Shu, l'aria, e Tefnut, l'umidità. Dall'unione di Shu e Tefnut nacquero Geb, la Terra, e Nut, il cielo. Essi, a loro volta generarono le grandi divinità Osiride, Iside, Seth e Nefti. Questo gruppo di nove dei era adorato in un sistema cosmologico noto con il nome di Enneade, o la “Compagnia dei Nove Dei”.

Poiché si credeva che lo scarabeo fosse l'incarnazione di Khepri, si indossavano gli amuleti a forma di scarabeo per assicurarsi la sua protezione. Anche molti soldati romani portavano in battaglia anelli con immagini di scarabei.

Un'altra versione del mito egizio riconduceva la costellazione del Cancro al dio sciacallo Anubi, il quale assisteva lo scriba divino Thot, “pesando” il cuore dei defunti con una bilancia avente come contrappeso la “piuma della verità” della dea Maat.

Questo rapporto con l'aldilà introduce un'altra importantissima metamorfosi di questo segno dello zodiaco: gli Orfici e i platonici lo avevano denominato il “Cancello dell'Uomo” o “Ponte dell'Uomo”, spiegando che da questo gruppo di astri passavano le anime che andavano a prendere alloggio nei corpi umani sulla Terra. Anche in Mesopotamia si identificava con la porta di accesso verso l'incarnazione.

Secondo Omero, Arato e Plinio, l'ammasso del Presepio era di grande importanza in quanto la sua visibilità era apportatrice di tempo sereno. Plinio diceva: «se Presepe non è visibile in un cielo sereno è presagio di un violento temporale».

L'astronomia cinese aveva localizzato fra le stelle del Cancro la stazione lunare Kwei, lo Spettro, e più anticamente Kut, la Nuvola, ovviamente ambedue i nomi si riferivano alla nebulosità di M 44.

Per gli arabi era la bocca o il muso del Leone.

In India, presso gli Hindu, si racconta delle 27 figlie del Gran Progenitore Cosmico Daksha Prajapati, le quali, dopo il loro matrimonio con Soma, la Luna, diventarono depositarie delle influenze astrologiche. Le Nakshatra, così vengono chiamate collettivamente, sono le 27 divisioni dello zodiaco, di 13°20' ognuna e riflettono il passo giornaliero medio della Luna e costituiscono un sistema astrologico completo. Ognuna di loro ha le proprie caratteristiche: un pianeta reggente, una forma simbolica, una deità vedica che la presiede, un genere, una casta, un temperamento, un impulso primario, ecc.

Ogni costellazione occidentale è formata da 2,5 nakshatra e riunisce le caratteristiche delle nakshatra che la formano.

Il Cancro indicava la sesta stazione lunare Pushya, il Fiore, raffigurata da una luna crescente sulla punta di una freccia, residenza di Brihaspati, il maestro degli dei. Questo fiore ha una strana similarità con l'astronomia del Perù, dove il Cancro era conosciuto come “Cantut Pata”, la Terrazza del Cantut, il sacro fiore degli Inca di colore rosso intenso. Nei mesi di luglio e di agosto, i campi intorno a Cuzco diventano letteralmente rossi di questo fiore.

Due curiosità:

  1. nello zodiaco cristiano di Julius Schiller, che aveva sostituito i dodici apostoli ai segni pagani, il Cancro era rappresentato da San Giovanni Evangelista;
  2. Beroso, il sacerdote caldeo del IV secolo a.C. naturalizzato greco, asseriva che la Terra sarebbe stata sommersa dal diluvio quando tutti i pianeti sarebbero stati in congiunzione nel Cancro. L'occasione si è presentata nel giugno del 1895 e ... siamo ancora qui!

Le costellazioni sono il frutto dei pensieri che hanno attraversato i meandri dell'immaginazione umana, vagliati al setaccio delle tradizioni dei vari popoli. È per questo che uno stesso asterisma rappresenta cose diverse nelle diverse parti del mondo. Ma anche se fisicamente le costellazioni non esistono, sono infatti il frutto di semplici giochi di prospettiva, esse rappresentano il modo che l'uomo ha da subito usato per vincere la paura della notte e, in seguito, per la necessità di stabilire i vari periodi dell'anno o le varie direzioni.

E anche se oggi abbiamo calendari, orologi, bussole e tutto ciò di cui abbiamo bisogno, impariamo ad abbandonarci ancora al fascino delle magiche notti stellate.

 

Per capirci di più.
La nuvola nasconde le stelle
e canta vittoria;
ma poi svanisce:
le stelle durano.

Tagore, Scintille

 

Monografia n.80-2002/7


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