Riscoperta la figura del cappuccino Rheita,
geniale astronomo e inventore

Piccolo Galileo esiliato a Ravenna

di Franco Gàbici

 

Quando all'inizio degli anni settanta sorse a Ravenna la associazione degli astrofili, si pensò in un primo momento di chiamarla semplicemente Associazione Ravennate Astrofili (A.R.A.) perché non risultava fosse sistito un personaggio legato in qualche modo a Ravenna che si fosse fatto onore nel campo dell'astronomia. Il personaggio, invece esisteva e a proporlo all'attenzione degli interessati fu padre Giovanni Lambertini, un geniale francescano, appassionato di astronomia che fu tra i fondatori dell'associazione.

Si trattava di un cappuccino boemo vissuto nel Seicento, Antonius Maria Schyrleus de Rheita, astronomo e inventore che visse gli ultimi anni della sua vita proprio nel convento dei cappuccini di Ravenna (ora Scuola Media in via Nino Bixio). Immeditamente la proposta fu portata in consiglio da Don Dino Guerrino Molesi, biografo dell'associazione, e una volta raccolte tutte le informazioni che fu possibile raccogliere, la associazione da A.R.A. si trasformò in A.R.A.R., vale a dire Associazione Ravennate Astrofili Rheita (anzi Rheyta; scelta poichè di tutte le varie grafie utilizzate per indicarne la provenienza è l'unica non in discussione!).

Questo Rheita, considerato un oggetto misterioso (le notizie sul suo conto, infatti, erano scarne e frammentarie), è tornato alla ribalta proprio in questi ultimi tempi grazie al rinnovato interesse per l'astronomia dovuto alla inaugurazione del Planetario di Ravenna ma soprattutto per merito di un libro in lingua tedesca dedicato al cappuccino e che ricompone la figura e l'opera di questo personaggio che non figura quasi mai, ingiustamente come vedremo nelle storie ufficiali dell'astronomia (Thewes von Alfons, Oculus Enoch... Ein Beitrag zur Entdeckungsgeschichte des Fernrohrs, Verlag Isensee, Oldenburg 1983, pp.52).

Nato, probabilmente, in Cecoslovacchia fra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento, Rheita entrò giovanissimo nel convento di Passau, in Baviera, e successivamente diventò consigliere e confessore del principe elettore di Treviri, l'arcivescovo Von Sotern, il quale lo iniziò alla vita diplomatico-politica senza tuttavia, distogliere il cappuccino dai suoi interessi scientifici che resteranno la dominante della sua vita.

Nel 1642 lo troviamo a Colonia per compiere osservazioni astronomiche e misurazioni ottiche, nel 1643 uscirà la sua prima opera dal titolo “Novem stellae circa Jovem visae, circa Saturnum sex, circa Martem nonnullae” e due anni più tardi pubblicherà la sua opera fondamentale, “Oculus Enoch et Eliae sive Radius sidereomysticus” (Ex officina typographica Hieronymi Verdussii,) nella quale è pure riportata una mappa della superficie lunare, la prima mappa del nostro satellite che la scienza ufficiale però non riconoscerà preferendo adottare la mappa dei gesuiti Riccioli e Grimaldi del 1650 - 1651.

frontespizio
Disegni tratti da "Oculus Enoch et Eliae sive Radius sidereomysticus..." (da http://gallica.bnf.fr/ )

In questa opera Rheita presenta anche il “telescopio binoculare”, progenitore del nostro binocolo, lodandone la perfezione e sostenendo di aver visto ben cinquanta stelle nel suo campo visivo. Tra l'altro in questa sua opera vengono introdotti per la prima volta i termini “oculare” e “obiettivo” che entreranno successivamente a far parte del lessico scientifico dell'ottica.

Prima di concludere la parte ottico - strumentale Rheita annuncia anche una sua scoperta, il “telescopio terrestre” e lo fa seguendo una moda del tempo, vale a dire dando l'annuncio in forma di anagramma. Il telescopio, infatti è formato da quattro lenti convesse e la locuzione convex quattuor, ad esempio, viene trascritta cqounavteuxoar.

Il telescopio terrestre di Rheita, a differenza dei telescopi astronomici, fornisce immagini degli oggetti diritte e ciò grazie ad un sistema di lenti ideato dal cappuccino. Di questo strumento che porta proprio il nome di Rheita, ci fu anche una versione commerciale e il cappuccino ne elogiò la qualità e il suo impiego in guerra. Coi suoi strumenti, ovviamente, il cappuccino Rheita osservava anche il cielo anche se quello non era di certo il periodo più adatto per le osservazioni (si pensi a Galileo) anzi bisognava usare strumenti con un certo criterio per non andare ad urtare l'establishment del tempo. Se ebbe una vita scientifica intensa, altrettanto può dirsi per la sua vita di diplomatico della Chiesa, tant'è che venne paragonato al cappuccino che fu consigliere del cardinale Richelieu.

La sua intensa attività diplomatica (ma fu anche insegnante e missionario) e questo suo frequentare i caldi ambienti della politica dovettero attirargli non poche antipatie. Diverse volte lo triviamo anche di fronte a tribunali per rispondere ad accuse di cui non si sa nulla finché a un bel momento vien fuori una relazione con una suora cacciata da un convento. Di fronte ad una accusa del genere Rheita fece di tutto per provare la sua innocenza e tentò di dimostrare che mentre questa suora si trovava in un luogo lui si trovava da tutt'altra parte sicché le possibilità di eventuali incontri erano pressocché da escludersi, ma tutto ciò non gli valse a nulla e il Rheita finì in esilio a Ravenna dove trascorse gli ultimi ani della sua vita continuando a studiare e a costruire telescopi.

Morì il 14 novembre del 1659 (1) o nel 1660 (2). Del cappuccino Rheita non è rimasta traccia.

Per quasi trecento anni, nel convento di Ravenna, come in tutti i conventi della provincia di Bologna, il suo nome venne ricordato ogni sera insieme ai confratelli defunti affinché se ne avesse memoria il giorno dopo. Nessuno, comunque sembrò dare importanza a questo monaco, ritenuto forse uno dei tanti. eppure il suo nome, da trecento anni, è scritto per ben due volte fra le valli e i crateri della Luna.

 

(“Resto del Carlino”, giovedì 7 agosto 1986)


 

nota 1 - “14 XI 1659 Ravennae: P. Antonius Maria (Schirlea) a Rheita, concionator, Austriae provinciae alumnus, auctor libri cui titulus Oculos Enoch et Eliae” da Necrologio della Provincia [cappuccina] di Bologna.

 

nota 2 - “morto a Ravenna nel 1660” dal Volume d'astronomia della società Astronomica Cecoslovacca, Praga, 1952.

 


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