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1551: Le origini dell'umanità

La paleoantropologia si muove in quello che i corrispondenti di guerra chiamano “territorio comanche”, un luogo dove l’inconsapevolezza delle regole di comportamento crea insidie umane. dove l’ignoranza climatico-ambientale è foriera di catastrofi e, soprattutto, dove i nativi fanno cose incomprensibili: potrebbero acquattarsi in una forra per un agguato mortale o per allestire una cerimonia in nostro onore.
L. P. Hartley la metteva così: «Il passato è una terra straniera: fanno le cose in modo diverso, laggiù». Ecco perché la paleoantropologia non è una scienza hard (o classica, o popperiana): nessun esperimento potrà replicare l’ominazione (anche se stiamo aspettando con una certa ansia gli affinamenti della genetica di clonazione del DNA fossile), né è possibile falsificare empiricamente le teorie elaborate a partire da fossili, strumenti e tracce di abitato, le uniche “prove” (hard evidence) che abbiamo dell’anatomia e dei comportamento dei nostri antenati.

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1552: Ai confini delle conoscenze umane, L'Universo

Immaginate di poter effettuare un viaggio nel tempo verso l’Inghilterra dei Medioevo. Vi sfido a convincere qualsiasi britannico dell’epoca che, un giorno, sarà possibile costruire un Boeing 747 “Jumbo”. Dubito che ce la fareste. Anche sfruttando al meglio l’energia prodotta da tutti i mulini inglesi dell’epoca non si sarebbe ottenuta l’energia necessaria a fare decollare un piccolo Cessna. Al massimo potreste convincere qualcuno della possibilità di volare attaccando alle braccia qualcosa di simile alle ali di un uccello. Conclusione: la fantasia è sempre superata dalla realtà.
[...]
Siamo pronti a fare nuove “profezie”. Ad esempio che entro venticinque anni individueremo extraterrestri intelligenti. Lo dico perché è molto probabile che esistano. E so che faremo di tutto per trovarli. Il cosmo attrae irresistibilmente la nostra curiosità perché è la nuova frontiera: un immenso spazio da esplorare, per allargare le nostre conoscenze, capire chi siamo e fare amicizia con eventuali compagni di viaggio.
- Sandro Boeri -

 

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1553: Sistema solare
Una guida completa per viaggiare alla scoperta dei pianeti e dei loro satelliti

Abbiamo perlustrato con i telescopi gli angoli più remoti dell’universo, eppure il sistema solare, il “giardinetto” dietro casa nostra, è quello che ci offre le sorprese più inattese e affascinanti. Le ultime esplorazioni delle sonde hanno messo in Luce fenomeni e aratteristiche stupefacenti di pianeti e satelliti.
Le valli alluvionali di Marte, i vulcani di Io, gli oceani di Europa, gli anelli di Urano sono soltanto alcune delle nuove scoperte che hanno rivoluzionato le nostre conoscenze sul sistema solare.
La rivista Newton vi invita allora in questo viaggio, tra immagini mozzafiato e informazioni aggiornatissime [al 2000], dall’infuocato centro dei Sole alla gelida penombra di Plutone.




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1554: Il Museo di astronomia [di Bologna]

Il Museo di Astronomia della Specola di Bologna ha una storia molto recente, essendo nato nel 1979 con il restauro di un primo gruppo di strumenti effettuato in occasione della mostra «I materiali dell’Istituto delle Scienze». A questi primi restauri se ne sono aggiunti altri, negli anni successivi, riguardanti sia gli strumenti che i locali.
Il museo è così oggi ospitato nelle stanze che, nell’antica Specola, erano dedicate all’attività di osservazione: la sala meridiana e la sala della torretta, oltre alla recente sala dei globi.
In questi ambienti sono stati ricollocati, rispettando il più possibile la logica della disposizione originaria, gli strumenti di cui si sono serviti gli astronomi bolognesi, tra i primissimi anni del ‘700 e la metà dell’800, dapprima nella Specola marsiliana e quindi nella Specola dell’Istituto delle Scienze.
I locali fanno attualmente parte del Dipartimento di Astronomia dell’Università e dell’Osservatorio Astronomico. Provenendo i materiali esposti, pressoché tutti, dal patrimonio strumentale dell’antica Specola, la collezione viene ad avere un carattere organico ed una eccezionale completezza: infatti, degli oltre 30 strumenti maggiori, esclusi gli orologi, di cui si servirono gli astronomi nell’arco di tempo di oltre un secolo, più di un terzo sono stati rintracciati e quasi tutti, con maggiori o minori integrazioni e restauri, sono stati ripristinati nell’aspetto e nella funzionalità originaria.




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1555: Voyage to the planets
estratto dal numero di agosto 1970

Per trasportarci con l'immaginazione fino ai confini più remoti del nostro sistema solare, il NATIONAL GEOGRAPHIC ha collaborato con il suo pluripremiato divulgatore scientifico Kenneth F. Weaver e con il noto pittore ceco di soggetti astronomici, Ludek Pesek.
La loro opera riflette le conoscenze acquisite dalle sonde spaziali americane e sovietiche. Incorpora le più recenti riflessioni delle principali autorità statunitensi su ciascuno dei pianeti, e per il loro contributo all'interesse e all'accuratezza di questa presentazione siamo profondamente grati.




1556: Uova di giganti

«Nel novembre del 1987 Luis M. Chiappe e Lowell Dingus guidarono una spedizione di paleontologi tra le desolate lande della Patagonia, in Argentina. I due scienziati sapevano che quella terra aveva restituito importanti reperti fossili di creature ormai scomparse. Ma non erano certo preparati alla sensazionale scoperta che fecero: un gigantesco terreno di cova, una vastissima area disseminata di decine di migliaia di uova deposte da dinosauri vissuti oltre 70 milioni di anni fa.
Era la prima volta in tutta la storia della paleontologia che degli scienziati potevano osservare un embrione di dinosauro fossile.
Però quel nido poneva anche numerosi quesiti: a quale specie appartenevano le uova? Come hanno fatto a conservarsi? E soprattutto, perché non si sono mai schiuse? Quale immane catastrofe si è abbattuta su di loro?
Uova di giganti è il racconto dell’entusiasmante avventura che ha condotto due grandi ricercatori a una sorprendente scoperta. La storia, avvincente come un giallo, della spedizione che ha dato una svolta agli studi di paleontologia.» Piero Angela

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1557: Come costruire una macchina del tempo

È possibile viaggiare nel tempo?
Secondo Paul Davies, fisico di fama mondiale, la risposta è assolutamente affermativa.
Ma se possiamo viaggiare nel tempo, allora possiamo anche conoscere il futuro e cambiarlo? O modificare il passato, creando i più bizzarri paradossi nel nostro presente?
Questo libro ci insegna come farlo. Grazie alla sua straordinaria chiarezza, e non senza una punta di ironia, Davies mostra come utilizzare la forza di gravità per visitare il futuro, come deformare lo spazio per raggiungere il passato e, con un colpo di scena, ci indica persino come costruire una macchina del tempo partendo da quello che gli scienziati chiamano «un cunicolo di tarlo percorribile».
Come costruire una macchina del tempo è un esempio di divulgazione scientifica creativa e teoricamente solida, un libro piacevole e illuminante.




1558: Il nostro ambiente cosmico

Domande che un tempo appartenevano alla speculazione filosofica — Che cosa c’era prima dell’inizio? Che cosa ha dato origine all’energia e alla materia? L’universo è infinito? — sono diventate, soprattutto negli ultimi trent’anni, oggetto di intensa ricerca, anche sperimentale.
E, fra i molti risultati paradossali, c’è la consapevolezza che a simili domande potrebbero avere già risposto “extraterrestri inclini alla riflessione”. Qualora esistessero, infatti, gli extraterrestri avrebbero in comune con noi 1’ambiente cosmico: «anch’essi sarebbero fatti di atomi, e li governerebbero le stesse forze».
È quel che sostiene non già un estroso visionario, ma un astronomo eminente e di indiscusso prestigio come Martin Rees. Il fatto è che le più recenti scoperte della scienza hanno rafforzato in noi il senso di appartenenza a ciò che non è terrestre: ora sappiamo che l’ossigeno e il carbonio dei nostri corpi sono stati creati entro stelle lontane, vissute e morte miliardi di anni fa. Scopriamo così, inaspettatamente, che la struttura dell’universo e le condizioni necessarie per l’esistenza, al suo interno, degli organismi viventi non sono indipendenti. Potremmo vedere in questo un disegno superiore o una semplice coincidenza. Oppure potremmo, come suggerisce Rees, considerare il nostro universo solo come uno fra tanti universi, perlopiù privi di vita, che in qualche caso presentavano un ambiente — valori delle costanti di natura, forma delle leggi fisiche — favorevole all’emergere della complessità e della coscienza: «Forse il cosmo ha qualcosa in comune con un negozio di abiti pronti dove, se la scelta è ampia, non è strano trovarne uno della nostra misura. Se il nostro universo è scelto in un multiverso, non c’è da stupirsi che le sue proprietà sembrino attentamente calibrate, ovvero conformi a un progetto».
L’idea di una molteplicità dei mondi e di una vita cosmica — il sogno di Giordano Bruno — è ormai prevista da varie teorie. E quel che più conta, afferma Rees, potrebbe avere conseguenze verificabili, almeno in linea di principio.
Oggi la fisica fondamentale sembra aver ritrovato il gusto della sfida e moltiplicato gli sforzi creativi in direzione di teorie sempre più fantastiche —

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anche se ancorate a strutture matematiche rigorose e spesso di stupefacente bellezza —, in grado di sciogliere gli ultimi nodi della conoscenza.
Fra tutte primeggia la teoria delle stringhe, ma l’avventura — avverte l’Autore — è appena cominciata.




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1559: Marte
tra storia e leggenda
Prefazione di Marherita Hack

Tra la fine di agosto e gli inizi di settembre del 2003, mezzo mondo ha alzato gli occhi al cielo, per cogliervi uno straordinario rubino celeste: il pianeta Marte, in un avvicinamento record alla Terra che bastava a farne l’astro più fulgido di quel cielo d’estate. Tanto è bastato per rispolverare la leggenda di Marte, il romanzo della sua storia come l’hanno immaginata scrittori e cineasti, le straordinarie fantasie legate ai mito dei Marziani, immaginari costruttori di sterminati canali di irrigazione e dunque esponenti di una civiltà altamente progredita.
Luigi Prestinenza, muovendosi sempre sul doppio crinale della divulgazione scientifica e della narrazione letteraria, ripercorre la storia del pianeta: dalle più antiche osservazioni a occhio nudo, alle teorie sui canali di Giovanni Schiaparelli o a quelle sulla presenza di vegetazione su Marte di Robert Aitken.
Nella parte finale viene passata in rassegna la gremita galleria di romanzi e film che sono stati ispirati dal pianeta rosso dalla Guerra dei Mondi di Herbert Grorge Wells a Mission to Mars di Brian De Palma.




1560: Eratostene di Cirene

Viene fornita una breve, ma sufficientemente completa, biografia del polivalente studioso ellenico Eratostene. Noto soprattutto per una delle più celebri misurazioni dell’antichità della circonferenza della Terra, vengono altresì descritti i suoi principali contributi nei vari campi dell’umano sapere attraverso sia le sue poche opere direttamente giunteci sia in quelle di altri autori.

[…] Eratostene nacque a Cirene (oggi Shahhat), antica città nella regione nordafricana della Cirenaica situata nell’attuale Libia che il poeta lirico greco Pindaro (518-438 a.C.) così descrisse: «alma Cirene dal trono d’oro, dai bei cocchi, posta sulla mammella della ferace Libía, dolce giardino d’Afrodite», nel 276 a.C. circa. Eratostene fu un importante matematico, geografo, astronomo, poeta, grammatico e scienziato greco. […]

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